Scuola Intrecci e la nuova sala italiana: il progetto di Dominga, Enrica e Marta Cotarella

Pubblicato in: Eventi da raccontare
Sorelle Cotarella

di Catia Sulpizi

“Ah Catia dimenticavo, ti volevo dire per l’11 dicembre non prendere impegni che facciamo un pranzo per gli auguri di Natale”

Ed io:
“Domi, ma è una situazione formale?”

“Ma figurati, è un pranzo per salutarci prima delle vacanze e per raccontare agli amici qualche novità che gira intorno all’azienda”.

Ora giusto per dare due informazioni il pranzetto con gli amici ha visto:
L’ aperitivo firmato Pasquale Torrente e Anna Dente nella sede Falesco.
Il transfer a Castiglione in Teverina.
Il pranzo servito per 120 commensali dislocati su due tavoli imperiali a cui si è aggiunta la magistrale firma di Mauro Uliassi.
(menzione strettamente personale di stima per lo spaghettino di Torrente perché servirne 120 espressi in una cucina che non è la propria, mantenendoli perfettamente a cottura e a temperatura di servizio vuol dire essere dei veri maestri)

Mentre le “qualche novità” erano:
Il passaggio ufficiale dell’azienda da Renzo e Riccardo Cotarella alle loro rispettive figlie, Enrica e Marta (Renzo), Dominga (Riccardo).

Un nuovo marchio tra le etichette: Famiglia Cotarella (che ben si presenta con un elegante e persistente Montiano 2013 perfettamente abbinato alla succulente amatriciana di Anna Dente).

La presentazione del progetto Intreccci che prevede (ma non solo) una scuola di sala.
Cosi son fatti I Cotarella.
Gente che non si pavoneggia a venderti il bronzo per oro, che non si autocelebra con le chiacchiere, gente dal bicchiere sempre mezzo pieno, gente per cui l’eccellenza è l’ordinario e il duro lavoro il quotidiano.

Al termine del pranzo mi sentivo soddisfatta, felice e ottimista nemmeno l’azienda o i progetti fossero miei.
Perché I Cotarella sono contagiosi.
Ed è per questo che quando il progetto Intreccci mi fu presentato seppur ancora in fase ancora di elaborazione non ebbi dubbi sull’attuazione.

Perché una scuola di sala è necessaria.
Perché una scuola di sala realizzata da persone perbene ancor più.
Poi da amica mi sono girata verso Dominga e le ho detto:

“Domi, ma sei sicura? Ma chi te lo fa fare! Hai mille impegni già con l’azienda in più sei mamma, sei moglie, sei figlia!”.
“Si Catia lo so, ma non ci si può lamentare che le cose non vanno e non far nulla per farle andare bene!”

Quando e come Dominga ti si è accesa la lampadina?
Io vengo da un percorso un po’ anomalo, ho fatto il liceo linguistico e poi agraria, non per fare l’enologo o l’agronomo, ma perché sapevo che inevitabilmente per il cognome che porto, moltissime volte mi sarei trovata a parlare con persone di uva, di vite, di vino e non potevo accettare l’idea di non essere preparata.
Inoltre sono la seconda generazione di due persone che hanno segnato un percorso, e come ben sai una seconda generazione deve sempre dimostrare e non distruggere.
Ecco io avvertivo la presunzione non solo di non distruggere, ma di mantenere e di creare un qualcosa che avesse una mia identità.
Certo è che non riuscivo proprio a capire quale dovesse essere il mio ruolo nell’azienda, ci andavo mal volentieri, ero l’ultima ad arrivare e la prima ad andare via.
L’ illuminazione la devo ad un professionista come Enrico Chiavacci allora direttore commerciale Antinori Italia (oggi direttore marketing mondo), ai tempi Antinori e Falesco iniziarono una collaborazione, quindi i nostri scambi divennero più frequenti, lui mi ha fatto capire che dovevo incuriosirmi di questo mondo, che dovevo andare a fondo, dovevo trovare il piacere di sapere e non solo sapere e basta.
Il mio modo di approcciarmi cambiò radicalmente, gli ultimi dieci anni in azienda sono stati favolosi e di crescita, eppure ogni tanto la sera mi ritrovavo a dire a mio marito Pierpaolo (fedele equilibrio di vita della Dominga) che sentivo che qualcosa ancora mi stesse aspettando, che c’era altro che dovessi fare.
Poi di nuovo degli incontri sono stati la risposta a quel qualcosa.
Incontri speciali che non mi sento di rivelare.
Incontri che avvertivano le mie stesse esigenze.
Ecco la lampadina.

E poi?
Poi chiamai mio padre e dissi “voglio fare una scuola di sala!”.
E lui mi disse “Tu sei pazza perché ci dobbiamo complicare la vita!”.

Quali difficoltà vedeva tuo padre?
In primis non è il nostro lavoro, ci possiamo entrare di traverso perché siamo enologi e agrari, ma fare formazione non è la nostra prima attività.
In secondo luogo avrebbe tolto forze lavoro attive in azienda in un momento in cui l’azienda stessa stava vivendo dei cambiamenti.

Vi siete chiesti invece che impatto può avere questa scuola come marketing sull’azienda? Ovvero se da un lato può portare popolarità dall’altro potreste essere accusati di conflitto d’interesse, di aver voluto la scuola per dare più visibilità ai vostri vini?

Si certo ce lo siamo chiesti e non c’è una soluzione, soprattutto non vogliamo concentrare le nostre energie per convincere gli scettici dal giudizio facile.
L’azienda e la scuola sono due cose diverse, distinte, gestite separatamente, in cui l’unico punto di contatto è il mondo del vino, che verrà insegnato in modo trasversale, senza confini regionali e senza confini nazionali.
Durante il corso gli studenti potranno conoscere tutte le più disparate sfaccettature sul vino, sui luoghi, sulle persone e Falesco potrà essere o anche non essere una tappa del loro percorso di studi.

I docenti arriveranno da ogni zona e porteranno la loro personale esperienza, la vite ed il vino verranno analizzati e descritti in profondità, in maniera scientifica ma anche in maniera passionale.

Tra i docenti abbiamo il piacere di avere Matteo Zappile, F&B manager del ristorante il pagliaccio, con il quale, io e le miei sorelle abbiamo fin da subito condiviso e progettato la scuola, Gianni Sinesi, Alberto Tasinato.

Marta tu come sei venuta a sapere di questo progetto e come hai reagito?
Io stavo andando a Roma al ministero dell’agricoltura con mio zio, squilla il telefono era Dominga che mi fa: “ho l’idea, ho l’idea, e mi ha raccontato il progetto”.

E tu?
Ah io non ho detto niente, per me Dominga quando ha un’idea è un’idea vincente.
Siamo intrecciate lo sai!.

Di cosa ti occupi all’interno di Intrecci?
Insegnerò la parte relativa ai controlli di gestione, ma principalmente già da ora mi occupo della parte amministrativa, burocratica e accreditamento, finanziamenti.

Quanto costerà questa scuola?
Sto lavorando molto su questo, cercando di stringere dei legami ministeriali, regionali per offrire un piano di finanziamento accessibile a questi ragazzi, ci interessa una selezione non fatta sulla base delle possibilità economiche, ma sulla capacità dell’individuo. Ad esempio ti posso dire che per entrare è richiesta la conoscenza della lingua inglese e francese.

Una retta accessibile per una scuola non accessibile a tutti.
La scuola dura 1 anno, i ragazzi vivranno nella scuola, 6 mesi di aula e poi sei mesi di stage.

Un motivo per scegliere Intreccci?
Per la profondità e la qualità dell’offerta didattica e per la possibilità di essere sin da subito inseriti in un circuito lavorativo

Quale sarà il ruolo di Enrica?
Lei si occuperà della parte grafica e comunicazione social oltre a collaborare con Dominga nell’illustrazione del progetto.

Dominga se dici sala, dici Francia?
Per me no, oggi avverto in città come New York un servizio più vincente.
La Francia è un riferimento di alto servizio standardizzato, ovvero dove procedure perfette si ripetono all’infinito indipendentemente dal cliente o dal format, a N.Y. la personalizzazione di servizio è tutto.
Il servizio è attento, il personale è preparato, ma il valore aggiunto è l’esperienza cucita su misura.
C’è un’interazione differente.

Come vedi la situazione in Italia?
Proprio il paragone con l’estero mi evidenzia le nostre mancanze.
Tolte le eccellenze di sala, spesso trovo poca sensibilità, poca attenzione.
Ogni volta si dovrebbe vivere un’esperienza unica e piacevole, che si vada in una trattoria o in un tristellato, questo non vuol dire che devono avere servizi e figure uguali, ma che ci sia un’ottimizzazione dell’identità che rappresentano.

Cosa fa la differenza?
L’equilibrio.
L’equilibrio tra sala e cucina.
L’equilibrio di squadra.
L’equilibrio con se stessi.

Quanto si parlerà di vino dentro Intreccci?
Beh il settore vino avrà una fetta importante.
I ragazzi impapereranno a conoscere il vino, ma non solo, sapranno comunicarlo, sapranno venderlo.
E grazie alle conoscenze della mia famiglia ci stiamo attivando per dare a questi ragazzi delle grandi opportunità come viaggi e stage.

Dato il livello dei contenuti Intreccci può essere un’alternativa alla FISAR o all’AIS?
No può essere un complemento, ma non un sostituto.

Perché non può essere un sostituto se dal programma che mi hai illustrato gli strumenti che si possono acquisire sembrano paritari se non superiori?
Non è vostra ambizione?
Non è un nostro ruolo.
Il mio ruolo è dare profondità all’offerta didattica della scuola, io, noi, non ci possiamo permettere di fare una scuola che non sia una scuola di successo.

Collaboreremo con le varie scuole di sommelier, perché saranno loro ad insegnare il servizio del vino ai ragazzi, noi siamo enologi, questo non ci compete.

Da qui a tre anni mi piacerebbe piuttosto farlo diventare un master universitario, ma ci vuole una rivoluzione nel pensiero dei giovani perché andare a prendere un laureto in psicologia, in comunicazione e dirgli vieni a fare questo master per divenire un professionista dell’accoglienza è difficile perché bisogna sdoganare, ridisegnare e valorizzare la figura anche del semplice cameriere che per chiunque è l’immediato rimando.

Tra donne di shopping Catia la griffe non è sempre sinonimo di eleganza ecco io non voglio essere la griffe importante, voglio essere elegante.
Non a caso la figura a cui mi sono ispirata è quella del grande maggiordomo.

Dopo tanto lavoro un po’ di riconoscimento.
La sala non ha ancora nelle guide enogastronomiche voce in capitolo, ogni tanto qualche premio qua e la, ma è lontana da esserne parte nel giudizio come la cucina.
Intrecci scenderà in campo per questa battaglia?

Se mi conosci un po’ Catia questa domanda è superflua.
A parte lo scherzo, credo che i tempi siano veramente maturi, l’attenzione si sta pian piano focalizzando, noi vogliamo vincere il campionato e non la partita, per questo offriamo contenuti importanti e professionalità, i ragazzi saranno incuriositi e invogliati a scegliere l’accoglienza e a non vedere più nella cucina l’unica centralità di successo come ancora oggi ci capita di vedere quando andiamo a proporre il progetto nelle scuole alberghiere.
Il resto poi se il progetto è fatto bene verrà in automatico.

Quando partirà?
Io dico settembre 2017, ma molti mi dicono che è una data folle.

Una domanda di ordine pratico: i vari professionisti coinvolti sono tutti attivi, come si stanno organizzando per poter conciliare il lavoro con questo nuovo impegno?
Queste figure sono coinvolte nelle masterclass, le masterclass saranno 3 volte alla settimana a giro, ovvero vino, servizio, comunicazione ecc, di conseguenza per loro si tratta di un impegno che non va a nuocere il lavoro.

Quanto ci credi Domi?
Come una talebana.

Io adoro le Cotarella

 


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