
di Laura Guerra
Gli amori fanno giri immensi e poi ritornano. Quello fra la storica cioccolateria Gay Odin e Napoli è uno di questi.
Con l’inconfondibile aroma del cioccolato Foresta che torna a casa, e si diffonde su via Chiaia dal civico 237. Qui ha riaperto, dopo un restauro preciso e filologico, la prima bottega in stile Art Nouveau avviata alla fine dell’Ottocento da Isidoro Odin, confettiere piemontese di origine svizzera e da sua moglie Onorina Gay, cresciuta in una famiglia di maitre chocolatier, che a Napoli vissero matrimonio e sodalizio imprenditoriale nel nome del cibo degli dei.

Sulla magnifica mostra esterna in legno la scritta 1894 ci ricorda che, in 131 anni, la vita di questa bottega e delle famiglie che l’hanno gestita ha attraversato la storia del Novecento ed è insignita del riconoscimento Bottega Storica della Città di Napoli.
Oggi la maison, che comprende l’antica Fabbrica nel palazzo Liberty in vico Vetriera, Monumento Nazionale dal 1993 e diversi punti vendita a Napoli, a Roma e Milano, è dagli anni ’60 gestita dalla famiglia Maglietta.
Ci piace raccontarla partendo dall’ultima generazione: Giuseppe Maglietta, 21 anni primo figlio di Davide, che studia Tecnologie alimentali e già collabora in azienda; poi ci sono i figli di Sveva Francescopaolo, studi in Economia aziendale alla Bocconi e business consultant a Milano e Daria, retail consultant in Bottega Veneta che consolidati i rispettivi bagagli professionali, progettano di rientrare a Napoli e di portare il loro contributo in Gay Odin.
Studiano ancora le figlie di Dimitri, Sofia e Aurora ed è presto, per loro, immaginare il futuro in linea con la storia familiare, ma certamente sanno che il cioccolato può, volendo, farne parte. Ricapitolando: i fratelli che oggi gestiscono l’attività sono Davide, Sveva e Dimitri, circondati, alla riapertura della bottega madre da tanti amici e molti passanti subito coinvolti nel clima di festa con dolci assaggi di Gianduiotti, Imperiali, Amori, Chicci di caffè, Africanelle ma anche scorzette d’arancia intinte nel cacao fondente e poi le celebri cialde : Wafer, Noci e Ghiande ripiene di morbide creme, anche in versione fredda servite dalla bella carapina d’epoca.
Quel sapore lo immagini già dall’incarto bianco e blu, il piacere di un dono fatto o ricevuto, il segno di una festa, il profumo di un momento da ricordare.
Questione di stile rivelato nei dettagli: le gentili e inappuntabili signore al banco che nel generale e gioioso trambusto di foto professionali e non, prima di alzare il telefono, chiedono il permesso di farsi anche loro un selfie.
E Massimo Schisa, marito di Sveva, visto il calore dei passanti su via Chiaia e lo spazio insufficiente dentro, suggerisce di fare un giro di “guantiere” fuori.
E’ la festa di golosità irresistibili di una bontà che ami perché la riconosci subito.
E l’atmosfera di un luogo caro ritrovato nel recupero del bancone e degli arredi d’epoca cascanti di figure floreali e richiami alla natura in stile Liberty, con intarsi che rievocano bacche – le cabosse – e fave di cacao, impreziositi da finiture di pregio e da eleganti disegni che riproducono le iniziali dei due giovani fondatori, Isidoro e Onorina che ancora ci raccontano la loro storia d’amore resa senza tempo dal cioccolato.
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