Via Padre Michele Abete 6
Tel 081.8972821
www.e-curti.it
aperto sempre, chiuso domenica sera e lunedì
Entro i 35 euro
di Tommaso Esposito
Questa volta non si sbaglia.
Passiamo per la piazza dal centro, costeggiamo la chiesa e poi su su tra i vicoletti del borgo alto.
Ops, non ho con me la reflex.
Fa niente ci arrangiamo con iCamera.
E’ sera.
Siamo giunti tardi, quasi in chiusura, ma c’è sempre da mangiare.
Facciamola breve come dice don Carmine, il padrone di casa marito di Angelina Ceriello che sta in cucina con la zia ottuagenaria.
Nipoti entrambe di quei curti, giacché bassi di statura, che aprirono bottega un secolo fa.
Un po’ di antipasto con olive verdi tonde di Spagna e nere di Gaeta, involtini di melanzane e provola affumicata.
E il pane.
“Mannaggia, si t’abbuff’e pane, po’ nun magne cchiù”
Don Carmine, burbero per posa, ma di gran cuore e ospitalità, sorveglia e consiglia.
Però la fame è fame.
E il pane cafone, questo pane cafone, ci sta bene con gli intingoli e dà più gusto alla freschissima, seppure riposata, provola d’Agerola.
Con il primo andiamo sul must della casa.
Don Carmine si ostina a chiamarlo ‘O sicchio, cioè il secchio ché contiene un po’ di tutto.
La qual cosa non ricompensa la bontà della pietanza.
Vermicelli con olive di Gaeta, noci, olive, nocciole, pomodorini del piennolo e cacio grattugiato.
Buonissimo.
Stocco e baccalà son finiti e così pure le alici che dalla cucina sarebbero giunte fritte o arrecanate.
Allora carni e frattaglie di capretto per secondo.
E ‘mbruglietielle al forno con le patate non vanno rifiutati, mai.
L’intestino del capretto si avvolge, si ‘mbroglia e s’arrevoglia d’intorno, a gomitolo, d’un gambo di sedano.
Al forno con le patate, un po’ di cipolla e pomodoro. Poi pepe e pecorino grattugiato.
Uno sballo.
Altresì è la pancia del capretto arrotolata su sé stessa al forno con cipollotti e pinoli.
Non c’è da narrare cosa alcuna.
Si assaggia, si gusta e basta.
C’è sempre quel pane cafone per raccogliere gli umori.
Ah il vino.
Ce ne sono di buoni in cantina. Bianchi e rossi tutti campani.
Vesuviani soprattutto come questo Lacrimanero delle Cantine Olivella.
Blend di piedirosso, olivella e aglianico intensamente rosso, non rude al palato.
Il tiramisù di Angelina, immaginate voi, con le pasterelle Maria.
Ancestrale.
Poi il pasticciotto, cioè la sfogliatella desnuda, per scherzare con Goya.
Tutto il dolce è soltanto la farcia del migliaccio e della sfogliatella. Senza la frolla o la sfoglia.
Infine i biscotti alle noci .
Il cioccolatino dal cuore di Nocillo.
Un gioiello.
E il nocillo, appunto, il magico elisir delle streghe che ammalia e affascina sul finale del pasto.
Proprio come da mammà, a casa nostra.
Dai un'occhiata anche a:
- Locanda Radici, Angelo e Giuseppe D’Amico. Gli ambasciatoridel Sannio | Viaggio di fine agosto a Melizzano
- Bluuguerritore a Baronissi: una cucina tradizionale d’autore tra le vigne
- Trattoria Di Pietro a Melito Irpino, grande e irrinunciabile locale di tradizione
- Magnolia, dove mangiare e bere bene a Chiaia
- Pozzuoli, Mar Limone – “Limonare sempre”
- Pashà a Conversano, il nuovo corso di Antonello Magistà
- A cena sotto un cielo di limoni, da Paolino a Capri
- Ad Agerola il fascino di Palazzo Acampora e la cucina fine dining de La Corte degli Dei