di Antonio Di Spirito
Sangiovese Purosangue è ormai diventato un appuntamento fisso e molto atteso da tutti gli appassionati del vino ed in particolare dagli appassionati del Sangiovese.
Nacque a Roma 8 anni fa da un’idea di Davide Bonucci e dell’Enoclub di Siena e la prima edizione fu dedicata al Rosso di Montalcino; fu poi allargata a tutti i vini a base di sangiovese, e, progressivamente, anche ai vini al di fuori della Toscana, ma che hanno quel vitigno nel cuore.
Lo scopo è molto chiaro: valorizzazione del vitigno e dei vini da esso derivati, attraverso i confronti con tutte le altre zone vinicole italiane che lo utilizzano: soprattutto Romagna, Umbria e Lazio.
Abbandonata per causa di forza maggiore la splendida cornice della Enoteca Italiana presso il Bastione San Filippo della Fortezza Medicea, quest’anno, per la prima volta, si è tenuta nei locali interni al Palazzo Comunale di Siena in Piazza del Campo: Degustazioni Tecniche e Verticali nel Foyer Teatro dei Rinnovati, mentre i Banchi d’Assaggio sono stati allestiti nelle attigue stanze dei Magazzini del Sale con la presenza di circa 70 produttori e più di 300 etichette.
Molto folta la presenza della Stampa specializzata e degli Operatori del settore, come pure numerosa è stata l’affluenza di oltre 500 appassionati nei due giorni.
Molto interessanti anche Convegni e Conferenze tecnico-scientifico sul Sangiovese tenuti presso l’Università di Siena – Aula Magna Complesso San Niccolò, con il patrocinio dell’Accademia dei Georgofili; si è parlato di “Selezione clonale del Sangiovese”, di “Viticoltura di precisione per le produzione del Sangiovese di qualità”, di “Quercetina”, di “Stabilità microbiologica in assenza di solfiti”, di “Nuovi prodotti per la sanitizzazione della cantina” e tante altre cose.
La coltivazione del sangiovese è praticata tradizionalmente e con regolarità soprattutto in Toscana, dove assume il nome Brunello a Montalcino, Prugnolo Gentile a Montepulciano, Morellino nel Grossetano e Sangioveto nel Chianti. Il sangiovese, inoltre, ha trovato la sua seconda patria in Romagna e viene utilizzato più o meno diffusamente in tutta Italia, soprattutto in quella centrale: Liguria, Lombardia, Veneto, Lazio, Abruzzo, Campania, Molise, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. E’, inoltre, utilizzato in altri paesi – probabilmente introdotto da emigranti Italiani – come Corsica, California, Argentina ed Australia.
Ma le origini di questo vitigno dove affondano?
I primi scritti che parlano di un vitigno denominato con quel nome o qualcosa di simile risalgono al 1590 quando il Soderini lo descrive nel suo trattato “La coltivazione delle viti” dicendo che: “… il Sangiocheto, o Sangioveto, è un vitigno rimarchevole per la sua produttività regolare”.
Anche l’origine del nome è incerta e le ipotesi sono molteplici: chi vuole che derivi da San Giovanni, (da “San Giovannina”, uva primaticcia, dato il suo precoce germogliamento), altri, invece, pensano che derivi da “Sangue di Giove (Sanguis Jovis).
Molti studiosi affermano che quell’uva fosse già nota più di 2000 anni fa e che fosse utilizzata dagli Etruschi per la produzione di vino.
Negli ultimi venti anni, gli studi basati sulle analisi del DNA, corroborati da altri fattori oggettivi, ci raccontano la mappa dei vitigni e delle loro parentele. Non si riesce a stabilire il verso della relazione padre-figlio, ma le contestualizzazioni con usi e tradizioni dei popoli che ci hanno preceduti nei secoli, ci permettono, con buona attendibilità, di risalire all’origine ed alla provenienza di ogni vitigno.
Per quanto riguarda il sangiovese, secondo alcuni studi effettuati tra il 2002 ed il 2004, sono stati trovati legami genetici di primo grado con varietà minori coltivate in Campania ed in Calabria: Palummina Mirabella, diversa dalla Palummina (chiamata Piedirosso), e Calabrese Montenuovo, diverso dal Calabrese Nero (o dal Nero d’Avola in Sicilia).
Probabilmente gli etruschi lo portarono in toscana e per acclimatamenti e mutazioni genetiche successive, dettate dalla esposizione e dalla composizione dei terreni, si è giunti alla attuali caratteristiche.
E parliamo ora di qualche vino assaggiato.
Molti di questi vini sono stati presentati già ad inizio anno, nelle varie anteprima; li ritroviamo, quindi, con qualche mese in più di affinamento.
Il fatto più sorprendente è stato trovare per alcune aziende tutte le relative etichette raggruppate nella stessa fascia qualitativa.
Il Marroneto ha presentato tre grandi vini: il Madonna delle Grazie 2013 (il Brunello crù) distanzia di una sola lunghezza il Brunello di Montalcino 2013: un bouquet più variegato ed elegante ed un tannino più incisivo e potente ce lo fanno preferire. C’è, poi, lo scalpitante puledro Rosso di Montalcino Ignaccio 2016 che assomiglia fortemente ai due fuoriclasse: bouquet esuberante, grande acidità ed un sorso di pronta beva, ancorché di buona complessità.
Montevertine sale sul podio con il Pergole Torte 2015: è floreale e fruttato al naso, ma stupisce in bocca; il sorso è vellutato, consistente e fresco; l’elegante chiusura è dominata da una sottile speziatura e da note di liquirizia. Il Pian del Ciampolo 2016 ed il Montevertine 2015 sono di poco sotto il livello del precedente, ma testimoniano l’elevata qualità di tutti i vini prodotti da Martino Manetti.
Un altro mostro sacro in splendida forma: il Flaccianello della Pieve 2015 di Fontodi; inizialmente l’ampio bouquet propone profumi intensi e dolci, ma, alla lunga, restano quelli tipici del sangiovese del Chianti: alloro, viola, rosa e ciliegia. Il tannino è immenso e gentile, la fitta trama è succosa e sapida, l’interminabile sorso chiude speziato ed elegante. E della stessa azienda mi piace segnalare anche il Chianti Classico Filetta di Lamole 2015, che lo segue incollato ad una ruota!
Non è la prima volta che incontro il Chianti Classico 2016 di Quercia al Poggio da Barberino Val d’Elsa, ma questa volta mi ha stupito; scanzonato e intensamente floreale al naso, non manca frutta rossa e note di alloro; il gran tannino è levigato e l’acidità quasi burbera, ma è succoso e sapido ed una sottile speziatura chiude elegantemente il sorso. Singolare che nella versione 2015 abbiamo riscontrato un tannino più poderoso, ma l’anno in più si sente nei sapori più maturi ed avvolgenti.
Badia di Morrona sta nel comune di Terricciola; è uno dei pochi casi in cui ho preferito l’annata 2015 (Riserva) alla 2016. Il Chianti I Sodi del Paretaio Riserva 2015 offre un ventaglio olfattivo ampio ed intenso con ciliegia e more maturi, foglie di lauro e grafite; al palato è fresco e sapido; il tannino è importante, ma setoso ed in chiusura si apprezzano note speziate e di goudron.
Fattoria di Cinciano ha vigneti a Val d’Elsa; il Chianti Classico Riserva 2015 offre profumi di ciliegia, viola e note di cuoio e grafite; al palato è tannico, succoso e, fresco; la trama è fitta e la chiusura è speziata.
Podere Castellinuzza è una piccola azienda di Greve in Chianti-Lamole e da sempre propone degli ottimi vini; il Chianti Classico 2014 ha intensi profumi di giaggiolo, rosa e viola; al palato è molto fresco, succoso e saporito; il tannino è levigato, il sorso risulta sapido, vibrante e speziato.
Tassi da Montalcino mi ha impressionato con il Rosso di Montalcino 2015: viola e ciliegie al naso; al palato è scattante e fitto, sapido e succoso, il tannino è levigato, la chiusura del sorso è intensa e speziata. Sullo stesso livello il Brunello di Montalcino 2013.
Fino a pochi anni fa Castello Tricerchi produceva vini, ma non a questi livelli di alta qualità; da quando la famiglia Squarcia ha preso la guida dell’azienda, sono cambiate molte cose; Tommaso Squarcia era giovanissimo e poco esperto nel settore, eppure, in pochissimi anni, è cresciuto di molto, almeno al pari dei suoi vini. Il Brunello di Montalcino 2014 emana dal calice profumi di viola, rosa e piccole bacche di frutta rossa; l’acidità è molto decisa, ma è succoso e denso; il tannino è levigato ed in chiusura si apprezzano spezie fini e liquirizia.
Una sicurezza i vini di Fattoi; il Brunello di Montalcino 2013 offre profumi di viola e ciclamino; al palato è fitto e fruttato, grande freschezza e tannino, levigato; la chiusura è speziata e si apprezza una nota di liquirizia. Notevole anche il Rosso di Montalcino 2016: possiede una acidità vibrante, il sorso è scorrevole e saporito.
Fattoria dei Barbi con il suo Brunello di Montalcino 2013 offre un calice di tradizione: profumi di ciliegia, viola e ciclamino; il sorso è fruttato e fresco, il tannino è levigato; la chiusura è elegante con note di liquirizia e spezie fini.
Il Brunello di Montacino 2013 di Le Chiuse offre un bouquet con note di melograno, ciliegia e viola; il tannino è ancora un po’ ruvido, ma il sorso è succoso, fresco, sapido e speziato.
Tra le perle di Le Ragnaie, scelgo il Rosso di Montalcino 2015; è un vino completo, dinamico e consistente. Al naso si presenta con profumi di ciliegia e con note nocciolate e di cuoio; in bocca è denso, saporito e freschissimo, il tannino è levigato; lunghissima la chiusura con liquirizia e spezie fini.
Sanlorenzo si presenta all’appuntamento sempre con ottimi vini; questa volta ho preferito il Brunello di Montalcino 2013; intensi e vellutati i profumi di viola e ciclamino, accompagnati da ciliegie mature; il sorso è denso, fresco, saporito e succoso; il tannino è levigato; la chiusura è molto speziata.
Il Chianti Classico 2016 dell’azienda Pomona, da Castellina in Chianti, si fa ricordare per la sua espressività olfattiva e per la gran materia: floreale ed accattivante al naso, al palato è succoso, ha un tannino deciso e levigato e chiude con spezie dolci alla liquirizia.
Maurizio Alongi ha un’azienda in Gaiole in Chianti e produce il Chianti Classico Riserva Vigna Barbischio 2015: ciclamino, rosa, giaggiolo e grafite inebriano il naso; al palato è succoso e levigato, fresco e speziato; finale elegante con liquirizia.
Questa carrellata la chiudo con un classico: il Fabrizio Bianchi Sangioveto 2012 di Castello di Monsanto prodotto in quel di Val d’Elsa: stupendo al naso con toni vellutati di rosa, viola e lauro; al palato è saporito e fresco; il tannino è deciso, ma setoso; le spezie fini sovrintendono ad una chiusura lunga ed elegante.
Di notevole richiamo le verticali organizzate all’interno della manifestazione; ho partecipato solo alle prime due.
La prima verticale era dedicata al Brunello di Montalcino di Pietroso. Sei le annate proposte: 2005, 2007, 2008, 2009, 2011 e 2013. Bisogna riconoscere che Gianni Pignattai ha avuto ragione a non aver timori a presentare anche qualche annata problematica dal punto di vista climatico; costantemente alta la qualità, abbiamo trovato l’annata 2009 in forma smagliante sia al naso che al palato, ma la 2013 è stata sicuramente la più soddisfacente: intensi i profumi di viola, ciclamino e grafite; il tannino è molto marcato, ma l’acidità e la succosità rendono molto scorrevole il sorso; asciutta e speziata la chiusura.
La seconda verticale proponeva 10 annate di Sangiovese Poggio ai Chiari di Colle Santa Mustiola, magistralmente condotta da Andrea Gabbrielli con la presenza del produttore, Fabio Cenni. Questo vino viene immesso sul mercato con notevole invecchiamento; attualmente sta per rilasciare la 2008. Le annate proposte sono state le seguenti: 1997-2001-2003-2004-2005-2006-2007-2008-2009-2010. Per questi vini il tempo sembra letteralmente fermo: aldilà di piccole sfumature dettate dall’andamento climatico delle relative annate di produzione, tutti hanno conservato profumi floreali (notevole viola e ciclamino della 1997); il tannino è per tutti setoso ed intenso: sembra un “marchio della casa”.
Tra le 10 quella che mi ha impressionato più di tutte è la 2004: viole, ciclamino, giaggiolo e grafite al naso; il sorso è particolarmente snello e dinamico, pastoso, vellutato, succoso e saporito, fresco e sapido, lungo e speziato: elegante. Impressionante la nitidezza dei profumi e dei sapori.
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