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La grande partita che attende l’agroalimentare italiano è sicuramente quella delle conserve di pomodoro. Con i cinesi che bussano alle porte, diventa decisivo posizionarsi anche in questo settore non solo con una qualità garantita dalla legge, ma anche ben comunicata. Di questa necessità di cominciano a vedere i primi positivi segnali in una categoria in genere molto concreta e poco legata all’immagine qual è appunto quella dei conservieri. Pochi sanno che nel triangolo tra Nocera, Scafati e Sant’Antonio Abate, a cavllo tra le province di Salerno e di Napoli, si concentrano i due terzi dell’industria del pomodoro che in questa terra calda e vulcanica ha trovato la sua vocazione.
Negli anni ’80, con la crisi della fitopatia, una sorta di fillossera per semplificare, la maggior parte della produzione agricola si trasferì nella vicina Puglia, ma l’industria è rimasta nel territorio campano sicché in estate la Napoli-Bari ospita una infinita carovana di camion carichi di pomodori raccolti nella Capitanata. Naturalmente la tracciabilità è il primo passo verso la giusta comunicazione e la qualità. A seguire un packging degno di questo nome.
L’industria di cui parliamo fu fondata nel 1959 da Pasquale Saviano e adesso è gestita da Marcello, cioé la terza generazione. La filosofia è molto semplice: trasformare solo prodotto italiano, monitorare la filiera con metodi di lotta integrata ecocompatibile, osservare i disciplinari e seguire la stagionalità. Ci sono impegni verso gli enti certificatori, come l’Haccp e il BVQI, e verso i clienti nel non utilizzare dentro lo stabilimento minori pretedendo lo stesso comportamento etico dai fornitori. Una linea che si articola anche con il sostegno al Progetto «Scuole per l’Africa» dell’Unicef. Tre le linee di prodotti in diversi formati. La rossa riguarda i pomodori (pelati, pomodorini di collina, polpa, doppio concentrato, passata, filetti e pronto pizza), la verde comprende piselli, lenticchie, ceci, fagioli bianchi, borlotti e cannellini, la gialla è fatta dal mais e da peperoni arrostiti conservati in vetro come la passata.
Prodotti di qualità, saporiti. Io stesso l’ho provato nella maniera più classica ed efficace: sfritto di aglio in camicia con olio extravergine d’oliva, pizzico di sale e la mezza confezione messa a sfricoliare per qualche minuto. Un sughetto fresco, che con il mezzo vermicello di Antonio Amato, due foglie di basilico spezzettate a mano, sta al patrimonio gastronomico italiano come la Divina Commedia alla letteratura.