Nicola, 28 anni, fa parte dei Jeunes Restaurateurs d’Europe. Figlio di pasticceri (l’attività dei genitori da trent’anni continua nel locale accanto) è praticamente nato e cresciuto tra i dolci. Racconta che quando era piccolo profumava sempre di pasticceria e tutti i compagni di scuola, secondo lui, lo abbracciavano per questo. In sala il fratello, sommelier. Impresa coraggiosa questa dei due fratelli, a cinquanta metri dal mare ma anche da un litorale devastato da scempi edilizi, dove le palme sono una specie rara e le uniche costruzioni di cemento con meno di otto piani sono gli stabilimenti balneari.
Molto buono il pane. Di farina bianca, di farina di castagne, al grano saraceno e la pizza di granone tipica delle zone povere abbruzzesi e molisane.
Il benvenuto di Nicola sono dei bocconcini di baccalà su panna acida profumata all’arancia: un amuse bouche che darà la cifra del pranzo, caratterizzato da freschezza, acidità e profumo di agrumi.
La prima spinta di freschezza agrumata parte proprio dall’insalata di crudo e cotto di mare condita con arancia, finocchio e finocchietto. Anche se è l’antipasto successivo a conquistare la scena e il palato. Una scapece di triglia “espressa” all’aceto e miele. Una frittura perfetta e lieve che rispetta la delicatezza del pesce con il contrasto di sapori molto ben giocato.
Decisamente un piatto forte, una tempura ghiotta e di alto livello che sposa tecniche antiche e moderne, molto bella la scelta della triglia la cui carne è semplicemente perfetta.
Ancora due antipasti. Il più delicato: una zuppetta di fagioli e calamaretti, con un accenno di cime di rapa e una julienne croccante di patate. L’altro, molto riuscito, propone il brodetto con un abbinamento molto indovinato tra le pannocchie e la cicoria.
Meno incisivi e con qualche ingenuità i primi piatti. Le linguine con le vongole e zafferano e gli anelli ai frutti di mare crudi e cotti. La materia prima è eccellente ma le ricette sono troppo ferme alla tradizione e i due formati di pasta prescelti non aiutano. Più convincente e terragno il tortello di cipolla in brodo di ventricina, un salume tipico abruzzese
Notevole materia prima e cotture sempre indovinate nei secondi piatti dove il livello torna alto e molto appagante. Buono e robusto il rombo con i carciofi e gustosa la versione fish and chips di Nicola: uno spiedo di pescatrice con patate e crema di olive nere (si, sono le due “virgole” in foto che sembrano cioccolato).
In sala, anche grazie alla competenza del fratello Antonio che custodisce una cantina rispettosa del territorio, con più di qualche chicca e con ricarichi onesti, il servizio gentile e partecipato si muove in un ambiente molto semplice dalla giusta eleganza. Una cosa che non ci è piaciuta c’è: mettere prima i vini francesi e non, in sequenza, Abruzzo, Italia e resto del Mondo. In fondo i tempi del metanolo sono passati e una regione com l’Abruzzo è una delle più interessanti d’Italia in questo momento.
Il vero gourmet beve vini di territorio, a meno che non stai a Milano.
Si chiude con un sorbetto all’arancia rossa con quenelle di ricotta di pecora, si aspetta il dessert con un bicchierino di creme brulèe profumata alle genziana. Il gelato su croccante di biscotto al cioccolato e pistacchi è ricco senza essere stucchevole. Buono il caffè che si accompagna alla piccola pasticceria.
Abbiamo preso il menu tradizione (45 euro) e quello delle proposte (60 euro). Alla carta mangerete sui 50 euro.
Ristorante Al Metrò
Via F.Magellano, 35
San Salvo Marina (Chieti)
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso domenica sera e lunedi
Tel. 0873.803428
mob. 338.6291986
www. ristorantealmetro.it
info@ristorantealmetro.it
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