di Tommaso Esposito
San Giorgio del Sannio un tempo era conosciuta come San Giorgio la Montagna di Montefusco.
Fu un famoso gerarca fascista del posto, tale Arturo Bocchini, che decise, anticipando di molto il buon ministro Brunetta, di semplificare il nome.
San Giorgio resta, però, una terra di mezzo: di qua il Sannio e di là l’Irpinia.
Dal terrazzo di questa locanda il panorama lo conferma.
E vale il viaggio agevole, breve per goderlo in un giorno di sole, come è capitato a me, rincorrendo i profumi e i colori di una tardiva primavera ondulanti tra i primi tepori dell’estate.
Con un cane, un gatto che pigri si abbandonano e i cinguettii degli uccelli che scalpellano il silenzio delle valli lontane.
Daniele Luongo ti accoglie con il sorriso. Così pure la moglie Teresa.
Tra i tavoli scorgi per caso avventori eccellenti: i fratelli Fischetti, uno dei due ha sposato la sorella di Daniele. Stanno qui per mangiare. Pure loro.
Giungono in tavola i pani alle verdure e una zeppolina di ricotta su crema di zucca.
Buon inizio: tempura croccante, lieve per nulla untuosa; cocozza abbandonata al suo sapore e ai sentori di un olio dorato.
Regina di San Lupo. Che nome altisonante per un fagiolo sannita simile al borlotto, ma dal gusto di castagna, in cui si disperde un bocconcino di primo sale impanato.
Buono pure il prosieguo, quindi.
Questa parmigiana bianca di melanzane su crema di reggiano e basilico conferma.
La lascio riposare finché diventi tiepida e le papille la possano accogliere.
La parmigiana mi emoziona sempre. Mi ricorda nonna Caterina, mia suocera, e i rimproveri che faccio a mia moglie per non aver conservato,e mai tentato, la sua ricetta.
Raramente un pacchero sa reggere in verticale.
Questo di Daniele, ripieno di bufala con alici di menaica (giunte volando fin quassù grazie a Slow Food) regge bene. La pancetta tesa lo fascia. Ma guarda come è bello il colore lilla delle cipolle e il dorato della crosticina. Slurp!
Un lettino di carciofi e di peperoni per una sella di coniglio sannita. Il cuoco avvisa: niente sale, gusto nature. Colpito.
Non ci pensi mai, ma il cuoco ha ragione: desalifichiamo le future generazioni mcdonaldiste e popcorniste. Se non altro ne guadagnerebbero in salute!
Botti finali: una bavarese di fragola con scaglie di fave di cacao.
Vien da dire invocando gli dei: Teobromaaa!
Nel calice un infuso di foglie di marasche e Taurasi.
Et rata fiat! Un ratafià sannita.
Infine una millefoglie scomposta con pezzettini di mele infuse nel Primitivo Dolce Naturale. Che Madrigale!
Un caffè? Sì.
E via con un cuore pieno di emozioni e con tanta voglia di tornare presso questa Locanda.
Ma dovrò semplificare i miei tempi evitando, tuttavia, di invocare gli alalà!
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