Piazza Bocchini, Traversa delle Oche
Tel. 0824.40157, 320.0478609
locandadellaluna@alice.it
Aperto la sera, a pranzo su prenotazione. Chiuso il martedì
Il giovanissimo Daniele Luongo, oltre ad essere cognato di Carmine Fischetti dell’Oasis di Vallesaccarada, ha anche iniziato lì a lavorare e l’impronta si vede subito in sala, dove ad aiutarlo c’è la simpatica moglie Teresa: pochi tavoli molto ben sistemati, arredo ed hotellerie sobria ma elegante. L’idea è quella di una sala da pranzo.Siamo a San Giorgio del Sannio, il centro sannita a maggiore vocazione commerciale, facilmente raggiungibile perché a tre chilometri dall’uscita di Benevento sulla Napoli-Bari.
La Locanda della Luna (acronimo di Luongo e Nardone, i cognomi di Daniele e Teresa) è in una costruzione a ridosso di una splendida piazzetta in cima al paese, un gioiellino appena l’Università avrà terminato il restauro del Palazzo Bocchini e, speriamo, il comune avrà fatto una bella pavimentazione in pietra. La lotta tra bello e orrido in queste campagne è un corpo a corpo che si combatte metro per metro: sulla collina di fronte il comune di San Nazzaro ha pensato bene di rilasciare la licenza per un capannone in cemento armato immerso nel verde che andrebbe bombardato. Purtroppo quando non si è in area protetta è difficile difendersi dai barbari e dalla miopia degli amministratori comunali.
Ma torniamo alla nostra locanda, dove siamo giunti guidati dal food&wine scout Nicola Matarazzo: in sintesi direi piatti di territorio, alleggeriti nella presentazione, cucinati con pochissimo grasso e quasi senza sale. Un modo sicuro per esaltare le materie prime di grande qualità, quasi sempre dell’orto e della campagna curati in prima persona: dopo un apetizer, ecco la parmigiana bianca con cacio e basilico, la provola alla piastra con il culatello sannita, la classica insalata con peperoni secchi e l’ottima zuppa di farro con orzo e polpettine di patate e accio (sedano). Delicati i primi: la cresta di gallo è un raviolone ripieno di baccalà, i laccettini di zucchine e caciocavallo silano sono quasi un dolce, gli gnocchetti con melanzane e pomodoro riportano didatticamente ai sapori della materia prima. Molto buono il filettino di maiale alla mela annurca e le cipolle croccanti.
Potete chiudere con una piccola selezione di formaggi (caciocchiato di Ariano, pecorino di Laticauda e caciocavallo podolico) o con i dolci molto decisi quali la trilogia di cannoli e la frolla classica con salsa al cioccolato o un budino allo Strega. Un menù che per la sua delicatezza esige quasi sempre buoni vini bianchi, ottimo il Fiano base 2005 di Mastroberardino su tutto.
E, passando dal piatto al bicchiere, dobbiamo dire che l’unico punto debole è costituito dai vini con un carta un po’ incerta e senza logica: ci vorrebbe più Sannio, Irpinia e poi il resto presentato o per territorio o, meglio, per vitigno: con questa cucina di territorio è d’obbligo la priorità all’Aglianico e alla Falanghina del Taburno. Ma la Locanda è aperta da appena tre mesi e il motore è stato appena avviato, c’è tempo per allinearsi.
Il menù segue la stagionalità e il piatto forte, di cui è goloso il collega Achille Mottola, sono i maltagliati al ragù di polpette di agnello: un must. L’impresa di Daniele e di Teresa, tanto garbo, entusiasmo e conoscenza, è un concreto tentativo di risollevare la ristorazione sannita che purtroppo è fanalino di coda, nonostante alcune eccellenze, in una Campania frenetica che continua ad essere attraversata da grande fermento ed entusiasmo.
Spero che questi punti forti (Foro dei Baroni, Rete, Frangiosa e qualche altro) si alleino come hanno fatto in Irpinia i ristoranti dei Mesali per trascinare il comparto e far emergere il territorio non solo per il vino ma anche per la cucina.
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