Via dei Tavoloni, località Sigliano
Tel. 089.862190
pietro.rispoli@alice.it
Chiuso domenica sera e lunedì, ferie a gennaio
La definizione neoclassico della scheda sotto è sicuramente la più calzante. I piatti non spiazzano, ma rassicurano, non sono da ottovolante ma confortano. I sapori sono quelli di sempre, precisi e netti. Tutto è in crescita grazie all’ingresso delle due figlie, entrambe sommelier come il papà, in sala, l’una ai piatti e l’altra ai vini: la carta è ben ordinata e rivela la passione imponente di Pietro maturata negli anni ’90 con vere e proprie chicche nazionali e francesi che risalgono agli ’80.
Il menu stagionale prevede gli antipasti (12 euro) con i suoi cavalli di battaglia (parmgiana di alici, fiori di zucca con mousse di ricotta, il tortino è di baccalà con cuore di cipolla e vellutata di patate).
La novità sono le zuppe (14 euro), una di lenticchie con deliziose polpettine di salsiccia e broccoli, l’altra di fagioli, farro e funghi.
Tra i primi (14 euro), il risotto con verza e lamelle di prosciutto crudo, il raviolo della casa, le fettuccine al ragù di mare su passata di broccoli, i classici ziti di Vicidomini con il ragù ben tirato, i paccheri ripieni di baccalà su fonduta di pomodoro con chips di cipolle.
Poi si devia o sul mare (22 euro) con il filetto di orata su letto di spinaci e noci, il baccalà con salsa di cipolle e olive nere, o la carne (22 euro), con il filetto di manzo lardellato e le costolettew di agnello in panure aromatica.
Si chiude con formaggi (dieci euro) e i dolci (lo spumone) o gelati (di nocciola)
Il prezzo resta sui 50 euro.
Una certezza insomma, con quasi vent’anni di impegno quotidiano, il primo ad introdurre una ristorazione pulita e aggiornata sul territorio.
La sala da pranzo è calda e accogliente, i dettagli, dalle poltrone di fronte al camino ai pulcinella sui tavoli, dai distillati alla petite patisserie, sono curati in modo pignolo e metodico.
Il posto con cui trascorrere un pranzo con i familiari o con gli amici di un tempo confortati dalla ricerca totale sui prodotti: per dire, le lenticchie sono di Ponza, le patate di San Gregorio Magno, i latticini dei Lattari, i fagioli del Cilento, le carni del Monte Marzano, eccetera eccetera.
Bravo Pierino.
Visita del 25 gennaio 2009.
Per capirci di cosa stiamo parlando, siamo in uno degli angoli di un ideale triangolo dell’eccellenza a Sud di Salerno, dove gli altri due sono costituiti dall’Antica Osteria Marconi e Potenza e dalla Locanda di Alia a Castrovillari. A quindici minuti da Salerno, un’ora da Napoli, da Avellino o da Potenza.
A due anni di distanza dalla precedente scheda desideriamo semplicemente aggiornarvi dopo esserci stati numerose volte: la cucina di Pietro si mantiene pulita, semplice, essenziale, mai invasiva o barocca o peggio virtuosa, molto giocata sulla maniacale ricerca delle materie prime che nel Mezzogiorno costituiscono sempre un bonus: siamo nei pressi della biodiversità dei Monti Picentini, a due passi dal mare che Pietro respira sin da ragazzo essendo originario di Conca dei Marini in Costiera, e poi c’è la Piana del Sele con la sua filiera dell’agro-alimentare.
L’idea di ristorante è di tipo neo-classico, stile famiglia Santini per capirci: ampia sala ben arredata, elegante con fine tovagliato e posateria, grande e appetitosa cantina dove si trova, sintetizzo, dalle annate di Bartolo Mascarello a quelle di Gaja, giusto per citare due opposti, distillati e liquori a gogò di grande raffinatezza, salotto con camino per fumare e chiacchierare, bei bagni, giardino all’italiano con noccioli, ulivi, mandarini e aranci.
Insomma, una idea di ospitalità completa, molto distante dal minimalismo oggi così in voga soprattutto nelle grandi città. Bene, la cucina è esattamente l’opposto: leggera, delicata, persino magra direi, dove il gioco è concentrato giustamente su un solo prodotto, al massimo su un abbinamento tra due, come le lenticchie con broccoli a cui la sapidità è data dai tartufi e dal cannollicchio, o la cupoletta di mare con gamberi e patate. Pietro eccelle nelle fritture, entree di panzarotti con scarole o con mozzarella capaci di rievocare i primi fritti di scuola, e nei dolci dove la sua formazione di ingenere ben si confà all’arte della misurazione e della precisione degli ingredienti.
Una cucina da vino bianco, a volte semplice, come il classico fiore di zucca e mousse di ricotta o le seppioline croccanti su passata di ceci, altre più strutturato, penso ai tagliolini lardellati su passata di fagioli o ai paccheri con i funghi porcini e crema di zucca, oppure ancora alla genovese e allo spaghetto al ragù di alici. Per bere i rossi della cantine bisogna aspettare la carne (filetto di manzo lardellato con salsa di aglianico, cartoccio di agnello, filettino di maiale con mela annurca) mentre il bianco torna con i secondi di pesce (involtini di orata con mousse di nocciola, zuppetta di fagioli con frutti di mare e crostacei, baccalà.
Un suo classico sono i bicioli con patate in bianco. Varietà di pani, piatto di fornmaggi con locali, nazionali ed esteri, pre-dessert e petite patisserie finale. Un posto dove, insomma, sostare con calma, seguiti dalle figlie di Pietro, sommelier come lui. La grande esperienza, ma soprattutto aver fatto sempre la strada in salita, sin dai tempi del Cenacolo a Salerno quando, a metà degli anni ’90, la gente voleva ancora il piatto pieno, gli regala adesso la giusta maturità ai fornelli e maggiore tranquillità in sala dove si mangia come in famiglia e tra amici. Consiglio ai gruppi di gourmet di organizzare cene partendo dalla sua cantina, da svaligiare. Pagherete 50 euro, il carico sui vini è onesto, le scelte curiose e competenti.
Scheda del 12 maggio 2006.
Pietro Rispoli, ingegnere con la vocazione paterna per la cucina, è stato uno dei protagonisti dell’aggiornamento gastronomico del ristoranti campani: il Cenacolo a Salerno, sempre ben segnalato da tutte le guide, è stato a lungo l’unica alternativa valida allo storico Vicolo della Neve, il primo posto dove in città è stato possibile bere e accompagnare la rinascita vitivinicola regionale e nazionale. Dopo molti anni, la decisione di lasciare il centro storico di Salerno, ormai un guazzabuglio di locali e locali privi di una identità suggestonabile, e di scommettere sullo sviluppo del Parco Regionale dei Picentini.
Materie prime, facile accesso, vicinanza a Salerno, Napoli e Potenza, notorietà dovuta al Festival del Cinema per Ragazzi, recupero di borghi per l’ospitalità rurale come Terravecchia e Sieti. A due passi da Montevetrano e dall’oleificio Nido, Villa Rizzo, o Masseria della Nocciola, è una tipica struttura agricola costruita alla fine dell’800 di cui fanno parte la casa padronale e un casolare su un terreno coltivato biologicamente a nocciola, olivi, ortaggi e frutta.
Dopo la ristrutturazione filologica la casa padronale è stata trasformata in una villa con salone, tre appartamenti e tre camere matrimoniali mentre nel casolare si sono ricavati due miniappartamenti e quattro camere matrimoniali. Una piscina attrezzata e un centro benessere completa l’offerta per un turismo rurale di qualità nella quale si è inserito Pietro Rispoli con la sua cucina di territorio alleggerita e aggiornata a rimorchio delle stagioni e delle tendenze a tavola. Ecco allora la parmigiana di alici, il tortino di cicorie dell’orto con seppioline croccanti su fonduta di piselli e fave, i suoi classici fiori di zucca con mousse di ricotta, il flan di zucchine su passata di cipolle con cannolicchi, la frittatina di crostacei con salsa di capperi e di yogurt all’aceto balsamico.
Prodotti del territorio, ben conosciuti da Pietro che è un grande viaggiatore, molto legato alla sua Costiera dove è nato e al territorio di San Gregorio Magno per le carni, i formaggi e le mitiche patate. Molto divertito il raviolo della casa in tre versioni e le chitarre sulle note di mare. Il pesce del giorno è la proposta più variegata: segnaliamo la pezzogna in crosta di melanzane mentre tra la carne da provare è l’agnello alla rosa con salsa di vino rosso e fricassea di piselli.
Si chiude con formaggi locali, nazionali e internazionali e una carta dei dolci dove la precisione del mestiere acquisita con la laurea si sposa alla fantasia del buon artigiano: babà e mela annurca, cestino di fondente con mousse di ricotta al caffè esalsa di ciccolato, pasticcio di sfoglie in salsa di caramello, tortino di nocciole di Giffoni con salsa vaniglia e frutti di bosco, la Santa Rosa inventata nel suo paese, Conca dei Marini vicino Amalfi. Sterminata la carta dei vini, cordiale il servizio, rinforzato dalla moglie e le due figlie, tutte sommelier. Il segno della campagna che cambia e di una passione calda e professionale per quello che si fa. Sui 50 euro.
Come arrivare
Lasciare la Salerno-Reggio a Pontecagnano, proseguire in direzione di Giffoni. Superare il cementificio sulla destra, proseguire per qualche chilometro, superare il primo centro abitato. Dopo il ponte, girare a sinistra e proseguire per due chilometri. Troverete l’indicazione Villa Rizzo ben esposta.
Dai un'occhiata anche a:
- Giffoni Valle Piana, ristorante San Francesco di Giovanni Bilotti
- Da Gennaro Esposito alla Torre del Saracino il vero lusso: concentrazione dei sapori senza barocchismi
- La Minerva a Capri: l’autentica ospitalità isolana e la tecnica dello chef Antonio Balbi
- Maninpasta – La cucina della mamma: rotta consigliata per mangiare piatti sinceri e di qualità a Caserta
- Napoli, Osteria L’Angolino: cucina casalinga non turistica ed economica
- Ristorante Don Peppe, Piano di Sorrento
- Casa Madre Italia: John Restaurant ad Afragola, la novità della ristorazione campana
- Rifugio Rosolea e la cucina cilentana sul Monte Gelbison