di Tonia Credendino
Conosceva tante storie “u Nannu” (il nonno). In una di quelle sere, intorno al focolare, aspettando la vendemmia, con un’espressione di chi sta confidando un segreto, una grande verità, “u Nannu” sentenziò: …riurdativillo sempri, u vinu si fa ca racina, sulu ca racina! (Salvo Foti- La Montagna di Fuoco)
Nell’era delle biotecnologie, dei superlieviti, dei superenzimi, che estraggono tutto quello che si trova (e non si trova) in un acino, che promettono e fanno di un’uva mediocre un vino di “alta qualità”, l’enoteca La Botte di Caserta, in esclusiva regionale, incontra Salvo Foti.
Dalla calda e infuocata Sicilia, Salvo Foti nato a Catania nel 1962, è enologo e viticoltore, nel 1981 inizia la sua carriera nel settore vitivinicolo collaborando con note aziende siciliane, ma soprattutto con aziende etnee dove ha partecipato alla nascita di realtà vitivinicole oggi leader della zona.
Personaggio aperto e brillante, ironico e coinvolgente, Salvo Foti, ci racconta “La Montagna”, del rispetto, nella sua interezza, nella sua complessità, nella sua unicità, al suo fianco animatore della serata Luciano Pignataro con l’amico Giancarlo Gariglio responsabile Guida Slow Wine.
“È un’isola nell’isola, per me la montagna di fuoco, l’Etna è un nord nel sud”- dice Foti, che ha scoperto e valorizzato l’associazione La Maestranza dei Vigneri costituita a Catania nel 1435, la filosofia dei Vigneri è espressione del microclima dell’Etna, racchiuso fra il calore del mare e i 3340 metri della vetta, un clima che conferisce al vino carattere estremo e gli toglie quella patina di “ruffiano”, vini che rispondono alla pura follia enologica, escursioni termiche da deserto del Gobi, maturazione delle uve tardiva e disomogenea, lavoro in vigna ai limiti della manualità supportati solo da un mulo.
Poche frasi hanno dato, ben presto, l’idea di cosa sia la vitivinicoltura etnea, la sua importanza per le genti del luogo e per i suoi Vigneri, che portano avanti un’esperienza nuova, attraverso una ricerca storica, sociale e tecnica, finalizzata non solo al prodotto ma anche al modo di vivere e lavorare quotidianamente.
Le viti sono impiantate ad alberello (alberello egeo), introdotto dai Siculi più di 2000 anni fa, su pali di castagno e disposte secondo lo stretto schema delle quinconce, già noto ai Romani, che obbliga a una faticosa manutenzione.
La produzione, superbamente lenta, che non tiene conto dei tempi commerciali, ma solo, dei tempi della natura, delle fasi lunari e del ciclo delle stagioni, nel rispetto della tradizione, dei propri antichissimi vitigni, dunque, il vino non di un uomo, destinato a morire con esso, ma di una civiltà vitivinicola, che sopravvive al singolo ed è parte del territorio.
Un vino, “bel vino”, che esprime equilibrio e armonica, sintesi di rumori che vengono da lontano, dall’uva, dalla vigna, dal vitigno, dall’ambiente, dall’uomo, perché – spiega Foti “ una pianta di vite equilibrata, una vigna in armonia con l’ambiente, che non ha bisogno di apporti esterni, non può che dare un vino complesso, equilibrato ed elegante”.
Infatti, i vini in degustazione, i vini dei Vigneri, rispondono perfettamente alle aspettative, ante bianco 2009, az. I Custodi delle Vigne dell’Etna, carricante 100%, dove l’altitudine era proibitiva per altri vitigni, il carricante trovava facile impianto e sviluppo, “vino che è ben lontano dal concetto di sud, vino da riporre in cantina e da bere più in là, vino con spalle larghe ma che può emozionare ancora tanto”- afferma il delegato Marco Ricciardi, sorpreso da cotanto equilibrio in considerazione alla zona di provenienza, tanta acidità, fine il corredo agrumato, sottile, dinamico, dissetante, vino slow secondo Luciano Pignataro.
Carricante che ritroviamo anche nel secondo vino in percentuale minore rispetto alla predominanza della Malvasia che nel bianco Pomice 2009, Tenuta di Castellaro, conferisce note di dolcezza e profumi eleganti, la bocca calda e succosa, avvolgente e dinamica.
Vini che ci conducono in un viaggio nello spazio, -i vigneri etna rosso 2009, az. I Vigneri di Salvo Foti-, ci ferma proprio lì nel palmento, l’edificio che sull’Etna si usa da secoli per fare il vino, luogo di raccolta, pigiatura e torchiatura, ma anche di vita sociale per i contadini e che Foti descrive come un luogo dell’anima per i siciliani, che qui conservano la loro cultura del vino e la difendono da pericolose contaminazioni. E’ lì che è stato vinificato “con i piedi” il nostro primo rosso, gli aromi ci svelano la terra vulcanica, il sole intenso, l’aria del mare, il vino del contadino, “un vino vero”- dice Enzo Ricciardi, un vino autentico, naso affascinante, di un’avvolgente sensualità mediterranea.
Il nostro viaggio deve proseguire, prossima sosta Etna nord, il cantante Etna rosso, vino famoso prodotto da Mick Huknall, leader della band inglese “Simply Red”, se si innamorò di quella terra a tal punto da acquistare una casa e porre le basi per l’azienda vinicola, un vino di straordinaria freschezza, tonico, ricco di nerbo e di frutto, che promette davvero bene.
Prossima fermata, Pachino (SR), alla scoperta del nero sichilli nero 2009 az. Vittorio Savino – Vendicari, Noto, vitigno nero d’avola, vino che fa saltar dalla sedia l’amico Giovanni Ascione, che ci spiega come un nero d’avola di Pachino sia un capolavoro, sintesi di un territorio affascinante, vino nettamente integro, con frutto maturo ma pulito, fibra strettissima, quasi colloso, non scontato, di grande regime, succoso, di grandi potenzialità, sentori salmastri che riportano alle acciughe ma anche ai capperi afferma Giancarlo Gariglio, che ci confida come questi vini a lui molto cari, allontanano da quella grammatica che ci insegnano a scuola, vini che chiedono tanta pazienza.
Il viaggio termina con suber nero 2008, az. Daino – Caltagirone, un viaggio didattico e allegro, che ci ha condotto alla scoperta di una viticoltura autentica che non subisce la mano dell’enologo, ma si reinterpreta, vini che colpiscono per la forte acidità, avvolgente e penetrante, vini da godere, intellegibili, che hanno la grande capacità di evolvere nel bicchiere, da degustazione emozionale -racconta Tommaso Luongo, delegato Ais Napoli, che ci svela come l’incontro con Salvo Foti fosse già da tempo un sogno nel cassetto.
Davvero un incontro ricco di emozioni, che mi ha fatto venir la voglia di correre lì, in Sicilia, sulla “Montagna Infuocata“ per stringere la mano ai Vigneri e affondare in una natura “lunare”, Salvo Foti è un personaggio straordinario di rara sensibilità che vive della gratificazione del suo gruppo di lavoro, ci dice in conclusione- “quello che faccio, è per quelli che verranno dopo di me, il padre di mio nonno era viticoltore, mio nonno era viticoltore, mio padre era viticoltore, e da quando faccio il viticoltore, il mio pensiero fisso è ….ma chi lavorerà le vigne quando noi moriremo??”
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