Il Capitano è andato via dopo aver visto l’ultima volta la quiete di Marina del Cantone che ha fatto grande e famosa come nessuno prima di lui. Salvatore Caputo è scomparso, a 76 anni, lasciando ai figli Mariella e Alfonso una lezione che ciascun operatore turistico dovrebbe avere tatuata sulla fronte: non bisogna accontentarsi di essere nel posto più bello del Mondo.
La Taverna del Capitano, prima stella nel 1996, seconda nel 2007, uno dei simboli dell’eccellenza dell’alta ristorazione e dell’accoglienza campana, perde così il suo fondatore. Salvatore era figlio d’arte, il papà Alfonso era ristoratore e ha lasciato a ciascuno dei suoi otto figli un’attività commerciale.
Dopo aver girato il mondo in lungo e in largo finì in una bufera nel Triangolo delle Bermude e da quel momento decise che la prossima barca sarebbe stata la cantina del suo nuovo locale dove ai fornelli si mise la moglie Grazia. Era il 1967. L’anno dopo nacque Mariella, oggi in sala con il marito Claudio e poi Alfonso, cuoco a bottega da George Blanc.
Per Enzo Vizzari, direttore della Guida Espresso e amico di famiglia da sempre, l’opera di Salvatore è immensa:”Poteva accontentarsi di fare onesta ristorazione, ha sempre cercato il meglio contribuendo così a far decollare tutto il territorio, oggi uno dei posti più ambiti al mondo per i gourmet e gli appassionati”. Già, era l’epoca degli spaghetti alla Nerano, del pesce appena scottato e di tanta buona frutta e verdura coltivate in luoghi benedetti dal Signore, lì dove la strada finisce e c’è il mare che bagna la spiaggia ciottolata.
Salvatore vuole una cucina nuova per distinguersi dagli altri e andare avanti, porta l’Ais a Sorrento e la figlia Mariella diventa una delle prime sommelier d’Ialia. Poi il salto di qualità con l’ingresso di Alfonso in cucina nel 1993. Tecnica e disciplina francese con materie prime del Sud, quanto di meglio si può sperare di avere a tavola.
La linea della cucina è sempre stata fedele all’essenzialità e al rispetto della materia prima, prima delle mode e oltre le mode. Moderna perché classica, assoluta, didattica perfino. Nasce la cantina, a forma di gozzo, profonda e ampia sia in Francia che in Italia dove debuttano i grandi nomi della Campania, da Montevetrano a Caggiano, da Clelia Romano a Molettieri.
Ma il vero capolavoro di Salvatore è stato alla fine il suo segreto: tenere unita la famiglia e soprattutto capire la necessità di sostenere il passaggio generazionale. Erano parecchi anni, ormai, che si limitava ad accogliere gli ospiti al piccolo desk in fondo alle scale per poi dileguarsi. L’ultimo spazio che ha ceduto è stata la sua amata cantina dove ancora accompagnava solo le persone per cui aveva simpatia.
Una passione coltivata sempre, l’ultima volta in pubblico due mesi fa con Mariella a Benevento per saggiare le Falanghina del Sannio del Consorzio con me e Riccardo Cotarella. La stessa passione di un altro grande della ristorazione campana, Salvatore Gramaglia del President, scomparso due giorni fa.
Ora il Capitano è andato proprio via per sempre, quasi senza salutare nessuno. E’ stato il modo discreto di terminare il viaggio più bello, quello della sua vita.
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