Nel panorama dei prodotti cosiddetti a marchio c’è un’anomalia: dei 41 salumi italiani tutelati dalla Dop o dall’Igp nessuno è campano.
A scorrere l’elenco ci sono, ad esempio, il salame Piacentino, di Varzi e il Brianza, il Felino, il Cremona, il Piemonte. Eppure, nelle più tradizionali produzioni della norcineria partenopea non mancano alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente dal territorio in cui vengono realizzate, fosse anche per quel savoir faire tramandate nel tempo.
Non ci sta Paola Spiezia, socio e direttore commerciale del Salumificio Spiezia, attivo da 110 anni nella cinta del Vesuvio e divenuto il più grande del Mezzogiorno.
“Troviamo assurdo – dice – che la Campania sia tagliata fuori dall’elenco nonostante le straordinarie produzioni tipiche del territorio, come il Salme Napoli, la Salsiccia Napoli, la Palla di Nola e il Mugnano. Siamo convinti che, anche in fatto di salumi, la nostra regione non sia da meno rispetto ad altre del Nord e che la mancanza di una Dop o di una Igp ci penalizzi fortemente anche dal punto di vista dello sviluppo economico”.
Per questo, incassato il sostegno del Presidente della Regione, Vincenzo De Luca, che ha chiesto ai tecnici dell’Assessorato all’Agricoltura di verificare l’effettiva possibilità di avviare le procedure per la tutela dei prodotti campani, sta andando avanti con la redazione di un disciplinare.
“Puntiamo – ha ribadito Paola Spiezia – ad ottenere una tutela per il salame Napoli, che assieme al Milano e all’Ungherese copre circa il 60% dei consumi nazionali, ma anche per le produzioni più tipiche come Mugnano e Palla di Nola, la cui lavorazione, caratteristica per il tipo di essiccazione oltre che per la forma, è ancora effettuata da diversi opifici presenti nel territorio”.
La battaglia per il marchio di tutela va avanti con l’obiettivo principale di valorizzare la carne suina campana, le produzioni tipiche di alta qualità territoriale e rilanciarne il consumo. Si inquadra qui la scelta del Salumificio Spiezia di San Vitaliano di rendersi promotore, parallelamente all’avvio delle procedure per il marchio di tutela, di un patto di filiera.
Un obiettivo subito accolto e condiviso da Nunzio Vitolo, Presidente regionale della Federazione Autonoma Commercio Campania e dal Vicepresidente regionale di Confagricoltura, Angelo Frattolillo.
Una decisione importante, quella di un patto di filiera, a guardare i numeri del comparto in Campania: 142mila capi allevati (dati Ismea), 225 imprese di Trasformazione con 1.509 addetti, secondo il censimento Istat. Molti di più,naturalmente, i posti di lavoro dell’indotto.
Non incrementare le vendite aziendali tout court, ma innalzare la qualità delle produzioni salumiere più tipiche della Campania sia attraverso lavorazioni tipiche che mediante l’uso di carni di altissima qualità provenienti da allevamenti selezionati del territorio di appartenenza.
Una mission sulla quale l’azienda vesuviana si sta concentrando andando in tre direzioni:
la predisposizione di un accordo di rete per la filiera, la richiesta in Regione Campania di un tavolo per far partire la battaglia per l’ottenimento di un marchio di tutela per i salumi campani, l’impegno aziendale a riscoprire e rispettare le ricette della tradizione per il Salame Napoli, la salsiccia Napoli, la Palla di Nola e il Mugnano.
“La capacità produttiva delle industrie campane di trasformazione è storicamente molto superiore – dice Paola Spiezia, direttore commerciale dell’azienda – alla capacità produttiva degli allevamenti del territorio. Così come i consumi che – aggiunge – sono fortemente superiori alla produzione nostrana, con conseguente importazione da imprese salumiere di altre regioni. Per questo è necessario sviluppare la filiera, in modo da sostenere gli allevatori e i produttori, garantire un’alta qualità territoriale e incrementare il nostro export verso altre regioni d’Italia, invertendo la tendenza attuale. Inoltre troviamo singolare – prosegue Paola Spiezia – che ad oggi nessun salame campano abbia un marchio di tutela. Partiamo dunque dalla filiera, nella convinzione che un rapporto concreto fra i vari attori possa supportare l’intero comparto, per arrivare all’altro obiettivo : garantire le nostre produzioni con un marchio europeo.
In questo abbiamo incassato anche il sostegno della Regione Campania. Il tutto – ha concluso Paola Spiezia – mettendo al centro il consumatore: un impoverimento degli allevamenti in Campania comporta una minore caratterizzazione dei prodotti più tipici della nostra tradizione. Spiezia, per i prodotti tipici, favorisce l’impiego di carni di maiali nati e cresciuti in Italia, in allevamenti controllati capaci di garantire il benessere dell’animale, con elevatissimi standard igienico-sanitari. Saremmo felici di poter utilizzare eccellenti carni campane”.
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