ANTONIO CAGGIANO
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: 12.000 lire
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Quando i ragazzi del Maiale Ubriaco hanno lanciato il tema sul vino dell’emozione ho subito saputo che avrei scritto del Salae Domini e la mia convinzione istintiva non si è smossa nonostante qualche altro pretendente si sia affacciato in continuazione nel corso di queste settimane senza successo. Il mio incontro con Antonio Caggiano fu infatti la prima percezione emozionante di qualcosa di assolutamente nuovo che si stava affacciando nel mondo vitivinicolo campano, avvenne quando mi telefonò nel maggio 1995 per segnalarmi una iniziativa a latere della seconda edizione campana di Cantine Aperte e invitarmi ad andarlo a trovare. Cosa che feci un paio di mesi dopo, l’estate mi piace scorazzare nella fresca Irpinia e mi trovai di fronte ad primo piano dell’attuale cantina già piena di fascino sostenuta da un progetto di estrema razionalità spinto da grande passione di fare qualcosa. Capii che avevo qualcosa di nuovo e di importante da raccontare agli amici e ai lettori. Antonio è geometra, recuperò quasi tutte le pietre per la costruzione dell’azienda dalle discariche dove gli altri buttavano quelle delle vecchie abitazioni distrutte dal terribile terremoto del 1980: la nascita di una nuova cantina, visitabile, era già di per se una assoluta novità in Campania dove non esisteva allora l’idea che si potesse andare a fare visita a un produttore per il semplice gusto di trascorrere un po’ di tempo libero in campagna. Di lì ci trasferimmo a un chilometro più giù dove conobbi la vigna Salae Domini con viti di una trentina di anni, distese placidamente attorno ad una costruzione di campagna arricchita di giochi d’acqua dove Antonio ha allestito una sorta di studio fotografico per coltivare l’altra sua grande passione. L’impatto con il Salae Domini 1994 cambiò la mia percezione dell’Aglianico, mi fece infatti capire che anche questo vitigno aveva una infinita storia da raccontare se lavorato con stile francese, quel giorno non sapevo che bevevo il primo vino fatto dal trentenne Luigi Moio di ritorno da Bordeaux proprio su invito di Antonio che lo aveva incontrato durante un viaggio in Francia. A bottega c’era Angelo Valentino che qui si è fatto le ossa per poi decollare qualche anno dopo in altre aziende, a cominciare dalla sua Macchialupa. In quel periodo, appena dodici anni fa ma sembrano cinquanta, non si sapeva nulla dell’Aglianico del suo comportamento vegetale e in cantina, c’era solo l’esperienza di qualche produttore, ma non esistevano pubblicazioni scientifiche, pochissimi lo vinificavano in purezza, molti lo tagliavano con sangiovese, piedirosso e, in quel momento era di moda, con il cabernet sauvignon. Era anche inimmaginabile che in Campania si potesse fare un vino rosso degno di nota con uva autoctona, il Montevetrano sembrava aver aperto la strada in tutt’altra direzione, invece il Salae Domini fu la conferma della svolta possibile che si inseriva in un filone aperto con difficoltà da altre aziende, Mastroberardino e Struzziero in Irpinia, Grotta del Sole a Napoli, Mustilli, Cantina del Taburno e Venditti a Benevento, Villa Matilde nel Casertano. Ho ancora qualche bottiglia del magico 1994, assolutamente fuori commercio, e spero di condividerla con gli amici sinceri al primo freddo per far rivivere loro questa emozione autentica che ha segnato la svolta della viticoltura in Campania, il punto fermo di una bella avventura, di qualcosa di estremamente positivo accaduto in questa regione dai mille problemi, grazie al quale tanti giovani si sono specializzati iniziando ad interessarsi della terra, altri hanno iniziato a scrivere di agricoltura e altri ancora hanno creduto nella possibilità di fare turismo. Il 1994, ricordo, sarà poi anche la prima uscita del Taurasi Macchia dei Goti. Da quella bottiglia è cambiato il modo di consumare vino nei ristoranti e il bicchere campano è diventato trendy nonostante in tanti abbiano tentato di fermare questa ascesa, un po’ per interesse, un po’ per invidia, un po’ per tipico provincialismo. Il vino dell’emozione non è, infatti, qualcosa che possa riguardare il singolo, ma un sorso collettivo carico di significati per tutto il territorio.
Sede a Taurasi, contrada Sala. Tel e fax 0827.74723. www.cantinecaggiano.it. Enologo: Giuseppe Caggiano con i consigli di Luigi Moio. Ettari: 20 di proprietà. Bottiglie prodotte: 20 di proprietà. Vitigni: aglianico, fiano, greco.
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