di Ugo Marchionne
Lo avreste mai detto che la nostra meravigliosa Napoli è gemellata con la città di Kagoshima in Giappone? Noi partenopei siamo molto più vicini alla cultura giapponese di quanto normalmente si possa pensare. Proprio da questo concetto di scambio e gemellaggio interculturale ha da poco preso il via un nuovo concept, un nuovo sushi in città: il Sakurajima Fusion Lab. Cuore napoletano e mani giapponesi, queste sono le qualità del progetto, ma soprattutto dello chef Stefano Esposito, classe ’86 cominicia a studiare la materia sotto la guida di rispettivamente chef executive del Sambamaki di Roma e del Jap One, a Napoli. Dopo anni passati come fiero edomae del Tender Japanese Restaurant ha finalmente deciso di tentare l’avventura da frontman insieme ad una proprietà giovane e determinatissima. E’ inutile negarlo, la competizione dei ristoranti giapponesi in città è davvero ferocissima, ma questi ragazzi giovani e determinati se vorranno spingere proprio su questa forte anima napoletana potranno abilmente distinguersi dai soliti clichè.
La sala è piccolina ma ben curata, con un angolo bar ed un maestoso tatami, pensato per i gruppi più numerosi e votato alla convivialità.
Pronti-Via di grande impatto, la mano dello ChefStef è già nota ai più in città e l’ingresso introduttivo nella degustazione del Sakurajima è un superclassico. Carpaccio misto eseguito tecnicamente in maniera ineccepibile. Capasanta, gambero rosso di mazara e polipo valgono decisamente il prezzo del biglietto, il pescato è tagliato con sapienza ed è ben disposto sul piatto. Forse la ripetizione sul gambero cotto sarebbe da evitare, ciò nondimeno l’insieme è armonioso e la selezione della materia scelta per il mix non stona neanche di una seminota.
Di classico in classico si passa alle tartare. Uno dei cavalli di battaglia di Stefano Esposito. Capasanta, scampi, Gambero Rosso di Mazara del Vallo, Ikura, Tobiko e scaglie di Tartufo Nero pregiato. La caratteristica principale di questa tipologia di tartare è la grana, spessa, compatta, consistente. Una brunoise cubica che permette di apprezzare al meglio il sapore complessivo. Certo il gusto isolato delle singole componenti si perde, ma la caratteristica fondamentale di questo stile fusion sta proprio nella sovrabbondanza di componenti. Il tartufo risulta lievemente prevalente, ma il sapore risulta essere omogeneo e rotondo. L a tecnica di esecuzione su questo taglio è semplicemente perfetta se la andassimo ad analizzare minuziosamente. La regola aurea rimane sempre less is more ma in questo caso è trascurabile poichè il boccone complessivo è un esplosione generosa di sapori. La materia prima è davvero freschissima, al riparo dai malpensanti che molto spesso a ragione, imputano la sovrabbondanza di complementi alla volontà di nascondere le mancanze, quì è una scelta di stile che deriva dalle lezioni del maestro Ignacio Ito. Sarebbe da testare una tartara in purezza.
Virando sul sushi tradizionale, è qui che si compie il vero e proprio gemellaggio. I Gunkan speciali sono un vero e proprio omaggio alla tradizione gastronomica partenopea, rivisitata in chiave giapponese. La zuppa di cozze del Giovedì Santo è rivista su mandorla di riso. Cozze, polpo e citronette di olio, limone e pepe. Tutta la tradizione in un solo morso. E poi ancora Granchio Reale e Tarallo. Insomma il gemellaggio è vivo e vitale.
Semplice, immediata, ma di grande sostanza la “Tempurajima”, la Tempura del Sakurajima. Decisamente differente dalla solita frittura giapponese. Il perché è presto detto. Le materie prime non sono impanate nel Panko, ma fritte in pastella e all’interno di questo abbondante fritto misto nippo-partenopeo si può trovare oltre al solito gambero e verdure, anche ingredienti tipici del nostro fritto domenicale: le alici, i fiori di zucca, gli anelli di calamaro ed i filetti di baccalà. “The Best of Both Worlds”, il meglio di due mondi. Così come ci piace, senza inutili fronzoli.
La filosofia del Sakurajima e degli chef Stefano Esposito e Lorenzo Gatto sono giovani vuole dare un’ impronta ben definita alla proposta gastronomica. Un sushi di grande qualità ad un prezzo ragionevole che possa attrarre i giovanissimi ed educarli al culto di una materia prima sempre fresca, interpretata in modo divertente, allontanandoli così da all you can eat scadenti e talvolta pericolosi.
Si prosegue in semplicità la degustazione con l’ennesima irresistibile tartare mista, stavolta a deriva tropicale. Salmone, tonno, capasanta, pesce bianco e mango ed un calice di Laurent-Perrier Brut. Un duo dinamico che dimostra come le bollicine francesi anche a buon mercato possano interagire in modo piacevolissimo con le portate giapponesi. La bollicina pronunciata di questo Champagne in un certo qual modo richiama e ci riporta alla tenue nota acidula del mango. Il pairing enogastronomico è funzionale e ben riuscito. L’elevata percentuale di Chardonnay in questo brut lo rende morbido e aromatico, proprio come la tartare.
Inedita e innovativa è la chiusura del percorso. Avete presente la mozzarella in carrozza? Beh, dimenticatela, questo è un Dorayaki in carrozza, un pancake dolce giapponese, rivisitato in chiave salata con salmone e King Crab. Sicuramente un piatto piacione, di facile appeal ma funziona egregiamente ed è forse più di ogni altro quel piatto distintivo e fortemente rappresentativo che era mancato fino a questo punto. Da provare.
Ristorante nuovissimo, proprietà e brigata giovane e tanta voglia di stupire. Il palcoscenico di via Tasso è molto suggestivo, ma non è un teatro facile per posizione e competizione, vedremo come resisterà il Sakurajima alla prova del tempo. Per ora mi riservo la volontà di provare i rolls e le nuove contaminazioni ispirate dalla materia prima e dal bagaglio culturale del Golfo di Napoli. Molto spesso si parla di piatti ispirati alla cucina napoletana, ma questo è realmente il primo ristorante con la mente in Giappone e Napoli nel Cuore.
SAKURAJI MA FUSION LAB
Via Torquato Tasso, 217 – 219 – 221
80121 Napoli
0817616193
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