Uva: pallagrello nero, aglianico, casavecchia
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Vista 5/5. Naso 28/30. Palato 28/30. Non Omologazione 33/35
In fondo cosa deve avere un vino per farmelo considerare grande?
La cultura.
Non quella erudita, ovviamente, e neanche la cifra della buona comunicazione, né l’espressione della volontà di seduzione, men che meno le balle modaiole del momento, si chiamino barrique, concentrazione, chilometro zero o naturale. No, un vino deve esprimere la cultura rurale compiuta che trova in se stessa, cioé nel suo produttore insediato in uno specifico territorio, le ragioni della sua esistenza.
Per ottenere questo risultato bisogna aver studiato, i libri e la terra, le tecniche enologiche e la gestualità contadina, bisogna amare il posto dove si è nati o dove la vita affettiva ti ha trascinato e però aver anche viaggiato tanto, tanto tanto.
Fare un vino è un atto di presunzione enorme, la massima dimensione possibile che può assumere il nostro ego, seconda solo a quando si centra la seduzione sessuale e politica, una apoteosi liquida dell’individualismo che può essere accettata e rimbalzata con entusiasmo solo se espressione del sapere collettivo.
Pochi vini sono grandi perché non è facile trovare punti di sintesi, ma soprattutto non è facile mutuarsi da tendenza a espressione classica condivisa da tutti. Servono passaggi generazionali, vendemmie finite a puttane.
Nanni Copé esprime la sintesi perfetta della Campania, starei per dire Campania e Vulture. C’è l’ostinazione irpina alle proprie uve, la lezione comunicativa di Enzo Ercolino, la capacità relazionale di Silvia Imparato, la spinta territoriale di Manuela Piancastelli e Peppe Mancini. Poi i viaggi di Pico della Mirandola in Francia e le sue bevute inenarrabili, c’è poi la laicità generazionale, meno ancorata alle ideologie e più dotata di senso pratico, c’è la responsabilità di aver messo su famiglia, c’è la proprietà comprata dai genitori, le esperienze di Bibenda, il divertimento.
L’assoluta padronanza del legno che lo ha trasformato in un pasticcerie di millefoglie, ora questo ora quello, in questa dose e non altra.
Sabbie 2008 lo trovai chiuso dopo un anno, adesso è quello che mi fa impazzire di più.
Sabbie 2009 aveva velocità e velocità, non tanta da non essere risorpassato dal primogenito in questo momento.
Sabbie 2010 muove i primi passi, freschezza balsamica e cedrata con rimandi di cenere e terrosi, corpo e agilità, chiusura strepitosa.
Nella cantina nuova a Vitulazio, sotto il letto.
Imperdibile.
Sede a Vitulazio (CE)
Tel. 0827.74085
www.nannicope.it.
Bottiglie: 8.500.
Vitigni: aglianico, palagrello nero e casavecchia
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