Uva: pallagrello nero, aglianico, casavecchia
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Giovanni Ascione non è un nome nuovo per gli appassionati di vino.
Tra appassionati ci si conosce.
Il suo amore per il vino e la vigna è viscerale. Appartiene a quella categoria di persone capace di piangere davanti ad un gran bicchiere di vino, di commuoversi dinanzi una vigna centenaria.
Grandissimo degustatore, sottile penna, è ed è stato per molti giovani degustatori campani uno di quelli che fanno scuola con i suoi scritti, i suoi reportage dalla Francia e dal resto del mondo.
Giovanni Ascione, una vita tante vite.
Oggi vignaiolo – vigneron forse preferirebbe lui che ha trascorso metà della sua vita in Francia – nella sua terra natia, il casertano che s’apre magnifico superato il ponte d’Annibale che attraversa il Volturno e vi introduce alle colline caiatine.
Attenzione maniacale la sua. Il vino e la vigna una protesi del suo corpo. Il suo corpo una protesi della vigna e del suo vino.
Si racconta irrefrenabile Giovanni, nel tentativo di spiegare – come se davvero ce ne fosse bisogno – perché è tornato qui.
Le piante le conosce una ad una, probabilmente avrà dato loro un nome ciascuna che non svela per pudore; due ettari e mezzo che declinano dolcemente. Di fianco la vigna di Peppe Mancini e Manuela Piancastelli.
Pallagrello nero, un pizzico di aglianico e casavecchia – da piante centenarie a Pontelatone – a chiudere l’armonia che nasce da una vigna sabbiosa d’arenarie a 215 metri d’altezza, battuta perennemente dal vento, guardata dal massiccio del Taburno e del Matese, vecchia vent’anni.
Non riesco ad essere cattivo come mio solito, di più come vorrei davanti a questo bicchiere di un amico. In tre giorni, tre bottiglie svuotate ed ancora non mi capacito. Sa di frutta gioviale al naso, fresca e succosa, fragole a cascate a calice vuoto, gaudiosamente floreale, viola soprattutto, delicatamente speziato al naso, con un’insistente nota minerale che ritroveremo al palato ad asciugarlo chiudendolo leggermente amaro per invogliarci immediatamente al sorso successivo. Un sorso teso, dinamico, elettrico, di ottima vena acida e dal tannino finissimo, sottile, di esemplare trama. Prima annata e già meravigliosamente buono. Affinato in tonneau nuovi. Eppure abbiamo saggiato anche il 2009 che riposa in cantina. Niente. Nessuna note boisè, fumè, olè, vaniglia e tutti gli insopportabili annessi e connessi. Niente di tutto questo.
Allora, forse, vignaioli si nasce e non lo si diventa, la spiegazione, se c’è, sarà questa.
Ecco, per chi non lo conoscesse ancora, non lasciatevelo scappare, una delle più belle bottiglie di vino campano che abbiamo potuto assaggiare alla sua prima uscita: Sabbie di sopra il bosco 2008, in questo calice ritroverete la leggiadria e l’eleganza, la precisione meticolosa, l’estetica delle linee armoniche, la definizione propria del suo artefice.
Perché il vino, come spesso abbiamo detto, somiglia a chi lo fa.
Mauro Erro
NANNI COPE’, sede a Vitulazio www.nannicope.it, vitigni: Pallagrello nero, Aglianico e casavecchia, bottiglie prodotte 8.500, enologo: nessuno. Tel.0827.74085
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