Non è certo un mistero la mia passione per il rosso di Giovanni Ascione. Si tratta infatti dell’ultimo vino evento che ha espresso la Campania negli ultimi anni e il risultato si vede con il passare del tempo in maniera sempre più clamorosa perché questo blend di pallagrello, aglianico e casavecchia evolve in maniera magnifica.
Abbiamo provato la nuova annata e non abbiamo alcuna difficoltà a dire che sicuramente è la migliore di sempre. Si tratta ancora di un piccolo bebè, ma già adesso appaga per il suo corpo pieno, i tannini ficcanti ma sottili e setosi, la freschezza che sostiene la beva al palato senza mai esaurire la sua verve. Giovanni realizza il suo vino nella piccola azienda a Vitulazio, una casa-cantina che per certi versi ricorda quella di Antoine Gaita a Montefredane perché lui in effetti vive e riposa con le sue barrique.
Ecco, questo è uno dei segreti del successo di questo rosso casertano, un uso preciso, colto e sapiente dell’uso del legno come pochi. Ma tutto questo non basta, perché alle spalle ci sta un lavoro altrettanto minuzioso e pignolo sulla vigna sdraiata su un bel poggio a Castel Campagnano nella quale la vendemmia p quasi chirurgica, ossia grappolo dopo grappo a seconda della maturazione.
Da questo lavoro, oltre che dalla conoscenza dei meccanismi dell’informazione enologica essendo stato per anni dall’altra parte della barrique, spiega il successo del vino di Giovanni. A noi piace, come dire, la vocazione bordolese di questa etichetta, ossia non puntare su un vitigno ma sul blend di uve e. ancora, sottolineare l’appartenenza al territorio segnato dai venti del Volturno e del Matese. Una piccola grande storia, che quest’anno vede gemmare 400 bottiglie di bianco, anche questo da aspettare per qualche anno prima di usare il cavatappi.
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