di Marco Galetti
L’impronta napoletana su Viale Sabotino non è così visibile ad un occhio disattento, l’insegna che dovrebbe garantirmi un cornicione vacante, si perde in mezzo alle altre che mandano segnali lampeggianti ai navigatori del web che cercano un porto sicuro o un calice di Porto, più che una nave in mezzo alla tempesta, mentre osservo la tempesta ormonale dei bocconiani in libera uscita che riempie l’aria di questa notte marzolina milanese, mi sento un allodola che non vuole accontentarsi del primo richiamo, poi, finalmente, in una vetrata simile alle altre intravedo la scritta di ROSSOPOMODOROLAB, dove lievitazione fa rima con idratazione (che qui arriva fino al 70%), maturazione (degli impasti), sperimentazione (l’impasto allo zafferano per i milanesi fanatici) ma anche, fortunatamente, con tradizione.
Tradizione trasmessa dal Maestro Luigi Capuano, (che ha proposto per primo e con successo a Milano la pizza fritta alla napoletana) al figlio, l’anima di questo laboratorio, oggi non vedo né la barba né i baffi di Vincenzo, tengo in stand by le mie domande, ma non la fame, e mi accomodo.
Locale grande, luminoso e rumoroso il giusto, aperto tutti i giorni, un punto fermo per la pizza sulla piazza milanese che, senza abbandonare il risotto con l’ossobuco, una volta succhiato il midollo ha provato a guardare attraverso il buco intravedendo nella pizza, che da alternativa domenicale è diventata scelta mirata, una soluzione di soddisfazione.
Friarielli, a stimolazione e a guarnizione ulteriore, a piacere insomma
RossopomodoroLab, la Marinara con origano della foto in apertura parla da sola, parla un linguaggio antico eppure comprensibile a tutti, quello del pane e del pomodoro che si incontrano, del profumo che invita all’assaggio, dei tranci conviviali che spariscono sotto gli occhi, alla velocità della luce di una foto (come viene viene), per finire attraverso la bocca al cuore, come un bacio.
Mi assumo la responsabilità di quel che sto per dire, si fa per dire ma anche per evidenziare.
Del nostro tavolo si è occupato Massimo un napoletano che definire simpatico è limitativo, l’uomo che lavora col sorriso sulle labbra che sfornano battute mentre si infornano le pizze, è il valore aggiunto di questo luogo, estremizzando affermo, se Catia Sulpizi, presa da incontenibile voglia (di pizza), dovesse capitare qui, inevitabilmente, con le dovute proporzioni, scriverebbe qualche riga delle sue sui grandi di sala dei saloni Margherita, che è una battuta.
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