ROMANE’ – CUCINA ROMANA
Via Cipro, 106
Tel. 06 6975 6884
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena
di Virginia Di Falco
Quando c’è la notizia dell’apertura di una nuova trattoria a Roma, la domanda è sempre la stessa: un’altra trattoria? Ce n’era bisogno? E, da qualche anno in qua, ci si chiede anche: NUOVA in che senso? Anche perché, come ormai sanno tutti, lo spauracchio retorico «tradizione&innovazione» è dietro l’angolo.
In questo caso però c’erano due punti a favore di una buona predisposizione. Ad aprire questa nuova trattoria è un imprenditore del settore di lungo corso, Stefano Callegari, conosciuto per essere uno dei protagonisti della rinascita del mondo pizza a Roma. In secondo luogo, un conoscitore vero, un cultore della gastronomia popolare della Capitale e, più in generale, della “romanità”. Quindi, due parole magiche, ormai piuttosto rare: mestiere e cultura.
Romanè si trova in via Cipro, a pochi passi dal Vaticano. Strada di pochi alberi e tanti palazzoni, quindi di quasi zero parcheggi. Se ci arrivate in auto, dunque, rassegnatevi ad un avant e ‘ndre abbastanza sfiancante.
Ma, una volta entrati, ogni energia sarà recuperata.
Sala e dehors ben organizzati, arredamento semplice e senza pretese con le sfumature di colore che ti aspetti di trovare in trattoria: bianco pulito e legno caldo. Alle pareti, i piatti in ceramica del Buon Ricordo, circuito d’antan nel quale Callegari si è infilato con convinzione e che danno il giusto tocco pop, senza inutili rimandi folkloristici.
Al servizio ai tavoli ragazzi bra-vi-ssi-mi. Pronti, gentili, informati. E, anche qui. Vale la pena ricordare che in una trattoria romana non è obbligatorio essere sbrigativi o parlare in romanesco e fare battute truci per stare nella parte.
Per i vini: una pagina di bollicine e grande attenzione alle etichette naturali; no calice ma vino sfuso della casa.
E veniamo al menu. Essenziale e comprensibile, che leggi in due minuti mentre spizzichi pane e olio. I classici della cucina romana ci sono quasi tutti, con un’interpretazione fedele alle ricette che non saranno centenarie (risparmiamoci la lezione su dove e quando è nata l’amatriciana) ma qui sono considerate immortali. E va bene così.
Per cominciare, non si possono non provare le polpette di bollito. Un buon saggio di frittura, praticamente perfetta: non senti l’olio ma solo sapore e croccantezza. Sfizioso il crostone con il polpo in un sughetto saporito. Pescati entrambi tra gli antipasti, in realtà per quantità potrebbero essere anche un secondo piatto.
Amatriciana eseguita a regola d’arte, anche se il boss gira comunque tra i tavoli a chiedere se si vuole aggiungere pepe o pecorino di rinforzo. Peccato solo per il formato degli spaghettoni, che non convince.
Impossibile, poi, non essere catturati da tutto ciò che è fritto. Si sa, da Callegari non si salva nulla: ogni cosa commestibile viene «panata»: le fettine di carne (ne abbiamo viste arrivare ai tavoli di favolose); il pollo intero, le polpette e anche il baccalà. Quest’ultimo fatto davvero bene.
Tra i dolci, sul podio (non solo della memoria) la crostata di ricotta e visciole e il tiramisù.
Insomma, una mano sicura in cucina, piatti di sostanza, una bella atmosfera in sala e un conto sui 35-40 euro. Una trattoria comme il fault.
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