Difficile dire qualcosa su questa trattoria che non sia già stato detto. Ed infatti non ci provo neppure.
A dispetto del nome, più un ristorante che una trattoria. Siamo all’Esquilino, vicino a Piazza Vittorio. Fuori, insegna e ingresso stile anni Settanta, un po’ come una rughetta in più a ricordare che gli anni sono quaranta. Dentro, un restyling semplice, asciutto, con gusto e senza fronzoli. A ricordare che anche senza silicone si può.
Il menu e il fuori menu (la domenica altrettanto ricco) girano intorno ad alcuni ingredienti chiave e ad una decina di “classici” che, insieme alla gestione familiare e al servizio cordiale, pronto e collaudato, ne fanno un vero e proprio luogo rifugio. A maggior ragione in un quartiere dove la concorrenza più o meno seria si gioca tra le centinaia di locali etnici sorti come funghi.
Dall’antipasto in poi l’esecuzione corretta di una carta in un solido equilibrio tra la cucina popolare romanesca con l’arzilla, i broccoletti, le puntarelle, l’abbacchio, i carciofi e le ricette povere di una volta delle Marche, regione di provenienza della famiglia Camerucci. Due figli in sala, la mamma sovrintende ai fornelli e dalla cucina a vista tiene anche d’occhio i circa quaranta coperti.
Abbiamo chiesto di cominciare come da tradizione, con i fritti (crema anconetana, olive ascolane e verdure in pastella) e il ciauscolo, salame fresco marchigiano che ben si accompagna al pane con poco sale (molto buono, 2 euro a persona, in pratica è il coperto che troverete nel conto). La qualità è buona, il fritto delicato. Tra i primi impossibile rinunciare alla specialità della cucina: il tortello gigante con ripieno al rosso d’uovo.
Ci è toccata la versione con pomodoro e basilico, quindi il rosso d’uovo alla vista faceva meno effetto, ma al gusto rimane una ricetta riuscita. Più che rodati gli altri due primi piatti: le mezze maniche con salsiccia, pecorino di fossa e tanto pepe nero, ben condite e saporite e buoni gli gnocchi con il sugo d’agnello, buoni soprattutto per gli amanti del genere: con la carne ben cotta ma il sapore non addomesticato.
Tra i tavoli intanto girano gli altri hit della cucina: tagliolini con alici, pecorino e uva sultanina, tagliatelle con il ragù marchigiano (che prevede le rigaglie di pollo) oppure con fiori di zucca, zucchine e carciofi e tante porzioni di vincisgrassi, la lasagna delle Marche di origine settecentesca, vero piatto delle feste.
Tra i secondi abbiamo provato il coniglio ripieno arrosto tartufato, tenero e umido e un piccione arrosto un po’ troppo arrostito, con la carne eccessivamente asciugata dalla cottura.
In compenso le patate al forno, come spesso succede, dallo stare in compagnia con carni saporite e ben aromatizzate guadagnano in sapore e sapidità, farinose il giusto e non bruciate.
Il menu giornaliero prevede sempre almeno tre o quattro secondi vegetariani, come i tortini di verdure, ortaggi e formaggi in diverse varianti e non manca mai una discreta scelta di ricette fedeli alla filosofia del quinto quarto, con il recupero di tutte le frattaglie, come il cervello di abbacchio fritto con i carciofi. Il baccalà è proposto mantecato per il ripieno dei fiori di zucca o dei ravioli, oppure in carpaccio con cipolla rossa e, infine, al tegame con pomodoro e patate.
Per chiudere in dolcezza un tortino di mele con zabaglione, un semifreddo agli amaretti e torroncino o una tarte tatin di pere caramellate con salsa inglese.
La carta dei vini è interessante, senza ricarichi eccessivi, con bollicine italiane o francesi per cominciare e le regioni centrali molto più esplorate, Marche in testa, col verdicchio di Jesi proposto anche in caraffa e alla mescita.
Nel complesso una impressione di solidità e serietà, nel servizio come nella cucina. Conto sui 40 euro. Indispensabile prenotare.
Virginia Di Falco
Trattoria Monti
Via di San Vito 13/a
Tel. 06.4466573
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso domenica sera e lunedi
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