Virginia Di Falco
Da Cesare, al Casaletto. E torni. E ritorni. E ancora torni. Con il piacere della prima volta. E ci stai sempre bene.
La casa, prima ancora che l’osteria, di Leonardo Vignoli, che in 6 anni l’ha fatta diventare la trattoria del cuore di tanti romani. E ti resta infatti negli occhi il pergolato, che fa pranzare fuori anche d’autunno, e ordini ogni volta le crocchette di melanzane più fotografate della capitale. E i bambini trovano gli gnocchi col sughetto semplice e gli spaghetti alle vongole senza prezzemolo. E il decalogo della cucina romanesca sta sempre lì, solido, sicuro, ben eseguito. Con una carta dei vini cresciuta, in ottima salute, e con costi che invitano a bere. Un servizio competente che non perde garbo e pazienza anche nelle domeniche più affollate. E l’umiltà di Leonardo, che i tanti riconoscimenti, non hanno scalfito per nulla.
La mia prima volta, qui.
Via del Casaletto, 45
Tel. 06.536015
Aperti a pranzo e a cena
Chiuso il mercoledi
www.trattoriadacesare.it
Voglia di trattoria. Avevamo già da tempo in agenda questo indirizzo, segnalazione assolutamente non gourmet di famiglia romana verace — con pupi al seguito. Avendo poi anche letto che Marco Bolasco è riuscito ad attraversare indenne l’ingresso in alluminio anodizzato (e ne è uscito molto contento) abbiamo pensato che fosse finalmente giunta l’ora.
Nel buio trafficato di via del Casaletto si accende la luce gialla dell’insegna, anche quella stile anni Sessanta, un po’ come tutta la struttura. Aperta cinquanta anni fa dai genitori di Cesare Santinelli che diedero alla trattoria il nome del figlio. Cesare ha ricambiato fiducia e affetto portando avanti questa trattoria fino alla pensione, nel segno della più vera cucina romanesca.
Dallo scorso anno una nuova gestione, giovane ma con le idee molto chiare e la consapevolezza di una bella eredità. Con l’intenzione, quindi, di lasciare tutto cosi’ com’è, appunto, da mezzo secolo. Sala semplice e spartana, in estate gradevoli tavoli all’esterno, sotto un bel pergolato, servizio gentile. Qualche buona etichetta locale e vino sfuso servito nelle vecchie bottiglie di vetro da trattoria, ma sempre con i bicchieri adatti.
Fritti per cominciare: dal classico fiore di zucca con mozzarella e alici, calamari, gamberoni in pastella, filetto di baccalà. Buone le crocchette di melanzane all’arrabbiata, ottime le polpette di bollito con pesto di basilico, tenere e delicate — nate ieri come cucina degli avanzi, oggi restano sempre una gran bella proposta. Quando ci sono, conviene poi non perdere la frittura di filetti di alici di Anzio, serviti nel “cuoppo”.
Rigatoni, spaghetti, bombolotti, bucatini, gnocchi e fettuccine da fare al sugo di coda, alla carbonara, all’amatriciana, alla gricia, al cacio e pepe. Lo spaghetto aglio e olio, invece, qui si propone con le alici. Noi abbiamo provato un piatto da manuale: bucatini con il sugo della coda alla vaccinara, davvero speciale. Cottura della pasta indovinata, sapori nel condimento tutti in equilibrio perfetto. Vi farà dimenticare il traffico e le difficoltà nel parcheggiare.
Tra i secondi, ovviamente, involtini e trippa alla romana. In chiusura dolci casalinghi come il tiramisù, la panna cotta, o la crostata di marmellata di visciole o albicocche, ben eseguita e dal sapore delicato. Una sosta davvero piacevole con un conto sui 30 euro.
Virginia Di Falco
(settembre 2010)
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