Roma, ristorante Venticinque: Dino de Bellis è più vicino e grande che mai

di Virginia Di Falco

Allora, sabato 25 ci vediamo al Venticinque? L’invito suona bene e rispondo subito di si. Avevo voglia già da un po’ di riprovare la cucina di Dino de Bellis dopo il passaggio all’Incannucciata, dove avevo assaggiato una carbonara molto buona e il suo «assoluto di cavolfiore» — piatto ormai cult che Dino ha riportato anche nel menu di via Flaminia.

Siamo a Roma Nord. Scenografia completamente cambiata. Anno nuovo. Vita nuova. Scordatevi la campagna romana con le pecore a due passi e l’aria rustica della precedente versione.
L’ambiente è molto molto metropolitano. Lo ammette lo stesso Dino. Siamo a Roma ma potremmo essere anche a New York. Una sorta di loft, luci soffuse, linee e colori dal design contemporaneo, banco bar protagonista, hotellerie minimale ma curatissima.
In sala Giuseppe Castellana maître giovane ma con esperienza e affabilità, curriculum sostanzioso alle spalle. E si vede.
Senza tanti giri di parole, ho trovato Dino proprio in forma. Mi hanno colpito la mano ferma e la solidità della cucina. Nessuno svolazzo inutile o, peggio, scimmiottamento. E’ un autodidatta che ha trovato la sua strada e la percorre deciso.

E dunque troverete nel menu la Roma classica che più classica non si può, ma anche i suoi studi con gli esercizi più riusciti. E il garbo o la piccola innovazione dettati da una suggestione stagionale o, più concretamente, da una carne o una spezia che lo soddisfa di più in quel momento.
Come benvenuto, uno dei suoi panini appena sfornati con patè di pomodori secchi e ricotta salata profumato all’aneto. Concreto, soddisfacente ed equilibrato nella sua estrema semplicità: praticamente fisserà il registro della cena.

Per cominciare, una sorta di omaggio contadino alla cucina povera romanesca: l’uovo in trippa. E cioè delle striscioline di frittatina leggera leggera tagliate proprio come si fa con la trippa e condite con abbondante sugo di pomodoro e pecorino. Uno di quei piatti, insomma, dal gusto pieno e ancestrale che aiutano a restare con i piedi per terra.

Ricco, grasso e perciò goloso l’altro antipasto provato: il pancotto alla salsiccia con crema di legumi e porro, con il gioco, ben riuscito, del “finto povero” e delle diverse consistenze.

Anche nei ravioli di baccalà all’arrabbiata un ritorno alla memoria della cucina casalinga: ogni boccone non potrà che ricordare il sapore del baccalà al pomodoro come si preparava in famiglia. Tra le altre proposte: le mezzelune con carciofi, topinambur e bottarga; le mezze maniche con ‘nduja, liquirizia, caprino e pomodorini; il risotto con cipolle caramellate, gorgonzola e nocciole.

Tra i secondi piatti: l’agnello con i carciofi; il baccalà alla romana con alloro e cannella; la variazione di coniglio; il piccione in due cotture. Io ho provato “i vizi del porco”, carne di maiale con tre diversi accompagnamenti: prugne, mela e patate. Materia prima di qualità e “vizi” che cambiano di volta in volta per giocare al meglio con dolcezza, amaro, acidità e grassezza.
Non si inventa nulla, insomma, ma lo sforzo è tutto nella ricerca di un equilibrio che non rinuncia alla golosità.

Proprio come accade anche nel finale: dal tiramisù con il cioccolato di Modica al Mont Blanc “a modo mio” dove il cacao di qualità da un lato e la meringa appena accennata dall’altro (con un’ottima panna) danno carattere a due classici della pasticceria. I saluti con fragranti petit fours.

 

Pani e grissini fatti in casa e una lista di vini piccola ma ragionata e dai prezzi calmierati completano un’offerta più che convincente. Conto alla carta sui 45 euro. Piccolo (ma completo) menu degustazione a venticinque – dico 25! – euro. Bentornato Dino, allora.

 


Via Flaminia, 573
Tel. 06.33270007
info@25roma.com
www.25roma.com
Aperto solo la sera
Chiuso la domenica


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