di Virginia Di Falco
Entri da Nino e lo riconosci subito. Il Ristorante. Ecco come era “il” ristorante quando si era bambini. Quello elegante, cittadino, borghese, si capisce. Perchè invece quello con la cucina casereccia era ovviamente la trattoria campagnola fuori porta, più alla mano. E non era mai la stessa cosa, non ti faceva lo stesso effetto.
E non è solo per il buffet con gli antipasti e le verdure incastonato nel legno e marmo dell’ingresso, per la boiserie delle sale o i lampadari di seta a piegoline, o il proprietario alla cassa in doppiopetto blu.
Quanto piuttosto la divisione del lavoro dei camerieri, i loro sorrisi e modi cortesi di una volta, la gestualità e persino le movenze. Tutti quasi vecchio stampo e questo indipendentemente dall’età, che rimane indefinita proprio come quella del loro papillon nero sulla camicia bianca. La spartizione precisa, da manuale Cencelli, dei tavoli e la cortesia con i clienti: ce n’è per tutti ma non è mai la stessa. Perchè qui si trova il senso del servizio navigato, quello che capisce in due battute la persona che ha di fronte, ciò che può piacere, quello che potrebbe deluderla.
Dall’altra parte, una clientela quasi equamente distribuita tra nomi noti del cinema e della televisione, qualche giornalista, e i turisti o, spesso, stranieri che vivono a Roma, e che proprio come gli habituè si rivolgono ai camerieri come a persone di casa.
Nino è in pieno centro, in via Borgognona, a cinque minuti da piazza di Spagna, un ristorante ancora a gestione familiare, nato quasi ottanta anni fa (li compie l’anno prossimo) per proporre soprattutto cucina toscana. E, di fatti, ancora trovate una buona fiorentina, la ribollita, i fagioli al fiasco, i crostini con fegatini, la carne di cacciagione. E la stessa carta dei vini, che pure presenta qualche buona etichetta nazionale, in realtà si fa vanto della sua paginetta di SuperTuscans un po’ demodè.
C’è il menu del giorno, che dipende prevalentemente da quello che offre il mercato e poi ci sono i piatti di sempre, non solo di cucina toscana ma anche della tradizione romanesca. A partire ovviamente dai carciofi.
Si può cominciare con un buon piatto di fritti: dei fagottini al formaggio, dal sapore delicato e i classici carciofi tagliati in quattro parti. Frittura fragrante ed asciutta con la giusta dose di sale. Mentre dando un’occhiata ai tavoli si capisce subito che per gli antipasti si è già riaperta – e con grande successo – la stagione del glorioso prosciutto e melone.
Saporite e decise come ci si aspetta le pappardelle fatte a mano con il sugo di cacciagione, uno dei piatti cult del posto; più delicate invece le classiche fettuccine ai carciofi di stagione.
Alcuni dei secondi piatti sono puro amarcord, dal vitello tonnato al roastbeef all’inglese, ma appena si va sul classico ci si sente subito avvolti da una coperta rassicurante. Come succede, ad esempio, con l’abbacchio alla cacciatora, servito con purè di patate: porzione abbondante, soddisfazione senza sorprese: fatto a casa da tua madre avrebbe lo stesso sapore e lo stesso aspetto. Anche il delicatissimo sformato di carciofi, servito a tavola ancora gonfio di forno nel suo tegamino e bello dorato, in realtà potrebbe servire quattro persone.
Il servizio e la cucina lavorano in grande sintonia, nessuna sbavatura sui tempi anche quando tutti i tavoli sono occupati (cioè quasi sempre), mise en place d’altri tempi, con bicchieri e bottiglie per il vino alla mescita cesellati e personalizzati.
Si può chiudere con una coppa di crema e fragole o un tiramisù al bicchiere.
Insomma, si esce soddisfatti e persino un po’ commossi, va.
Nino
Via Borgognona, 11
Tel. 06.6786752
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso: domenica
www.ristorantenino.it
Conto sui 50 euro a persona
Per questa tappa, come per tutte le altre che mi stanno portando a scoprire “l’altra” ricchezza archeologica di Roma (non meno interessante e intrigante delle sue rovine millenarie), ringrazio di cuore Antonio Scuteri per i suoi preziosi suggerimenti e le sue imbeccate :)
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