Inopia ha chiuso. Lasciamo la scheda per archivio.
di Virginia Di Falco
Mi ero fatta l’idea, prima di provare la cucina di Andrea Dolciotti, che avevo ottime probabilità di trovare una carbonara ben fatta, che mi sarei imbarcata in un posto non proprio facilissimo da raggiungere – e comunque fuori dal centro – e che avrei dovuto seguire un percorso di cucina fatto sostanzialmente di tecnica più che di tradizione.
Confermo tutto.
Arriviamo abbastanza puntuali, dopo aver sbagliato strada (una sola volta, ma per colpa del navigatore) e entriamo in una sala con circa venti coperti mentre l’inizio di primavera romana farà apparecchiare quelli disposti fuori quanto prima. L’ambiente, di un’eleganza misurata, è raccolto e sotto l’occhio della cucina a vista. Un servizio giovane ma molto accorto, anche nel suggerire dalla carta dei vini un’etichetta che possa mettere d’accordo (quasi) tutti i piatti e i palati, carta peraltro non sterminata ma non banale e con ricarichi moderati.
Cominciamo molto bene con un benvenuto che anticipa il divertimento dello chef sulle variazioni vegetali. Il cubetto di calamaro, infatti, è proposto insieme ad una crema di zucchine rianimate dallo zenzero, un gazpacho di barbabietole molto divertente e un ciuffetto di germogli.
Gustose le animelle tostate, croccanti fuori con una bella morbidezza conservata all’interno; con il grasso e il dolce equilibrati dalla freschezza delle puntarelle che Andrea rende golose con i ricci di mare, preferendoli alla salsa di alici di ordinanza. E qui, forse, i cultori delle animelle farebbero a meno della crema di cavolfiore, per paura di aggirarne troppo il sapore. Collaudato e piacione l’altro antipasto, la pappa al pomodoro di mare, con cozze ed ostriche, che lo chef accompagna con salse di verdure speziate che variano a seconda del mercato e dell’estro, anche se a me sarebbe piaciuto con un’impronta marina ancora più decisa nel composto di pane.
Qui, infatti vige la «legge del mercato» non certo intesa come modello matematico di determinazione del prezzo ma come ricerca obbligatoria e personalissima del prodotto migliore, cercato, studiato e sviscerato in tutte le sue possibili espressioni, ma, soprattutto (e qui entra di nuovo in gioco la lezione spagnola) in tutte le sue trasformazioni.
In carta troverete innanzitutto qualche piatto della tradizione, molto ben eseguito. Io, ad esempio, ho provato un’ottima carbonara, con l’albume a fare da principe consorte invece del tuorlo. Golosa cremosità del formaggio, col necessario sprint amarognolo del pepe tostato.
Non solo tradizione, si diceva. Ma anche estrose combinazioni mare-terra che sono in realtà gli esercizi quotidiani e ostinati di Andrea sugli abbinamenti provati e riprovati tra carne e pesce. Spagna docet, di nuovo. Ed ecco l’altro primo piatto provato, difficile, robusto ma con gli ingredienti in equilibrio tra loro: il finto riso di calamaro con ristretto di manzo e birra, tartufo e quaglia tostata.
Per continuare, uno stracotto di guancia accompagnato da una schiacciata di patate e da un broccolo siciliano sorprendente per la sua semplicità; e la coda di rospo con verdure croccanti, platano fritto e cipolla cotta sotto sale: la panatura bilancia il nerbo tipico di questo pesce e la cipolla è squisita.
Gli altri piatti in carta: bocconcini di salmone marinato e spuma di finocchio, pane tostato ed agretti; spuma di patate affumicate, capocollo e petali di calamaro fritto; lingua di vitella, crema di aglio rosso di Sulmona, gelato di alici e prezzemolo fritto. Tra i primi: gnocchi di ricotta e limone, burrata, bottarga di muggine e carciofi fritti; risotto con calamari pennetti, guanciale e ristretto di nero; e poi, piccoli bottoni di fegato di vitella con estratto di cipolla ed alloro; uovo marinato al tartufo, taccole, cavolfiore, zafferano ed aceto balsamico di modena; foie gras d’oca con marmellata di karkadè e panettone; presa iberica affumicata con funghi e cavoletti di Bruxelles.
Si chiude con i dolci che dichiarano l’età dello chef molto meglio di una carta d’identità: le suggestioni vengono infatti dalle merendine e dai gelati degli anni Novanta, dalla camilla con la crema di a.c.e. e cubetti di mela alle interpretazioni del Magnum. Noi abbiamo provato la sfera di meringa con mousse al caffè accompagnata da una pera al vino rosso e crema all’amaretto e, di gran linga più fresco e adatto a chiudere un pasto, il lingotto di cioccolato bianco al lime con salsa di fragole e gelatina di basilico. Molto buono il pre-dessert, che gioca (riuscendoci) a ritrovare la memoria del biscotto inzuppato nel latte e cioccolato.
L’impressione generale è di una cucina a cavallo tra la solidità dei piatti acquisiti, grazie anche alle numerose esperienze in ristoranti italiani (romani in primis: la carbonara di Roscioli diventa celebre anche con lui) e, ovviamente, in Spagna e la ricerca – per sua stessa definizione in progress – che, se rende necessaria la messa a registro di alcune proposte, allo stesso tempo è un invito esplicito a testare in compagnia l’evoluzione dei piatti.
Conto sui 50 euro. Menu degustazione a 55.
Inopia
Via del Fontanile Arenato, 157
Aperto solo la sera, chiuso il mercoledi
Tel. 06 66030551
Fax. 06 66041905
Dai un'occhiata anche a:
- Piatto Romano, c’è del vegetale nel menu romanesco!
- Umbria, La Cucina di Alice di San Pietro a Pettine, mangiare in tartufaia
- Dove mangiare la migliore carbonara a Roma? Dai mostri sacri alle osterie
- Roma, Osteria Palmira: tradizione di Amatrice a Monteverde Vecchio
- Roma, 47 Circus Roof Garden, Il ristorante sul tetto di Roma antica
- Ciro Purpetta da Ischia a Roma, la trattoria napoletana di servizio vicino Termini
- Eufrosino Osteria a Tor Pignattara con l’ABC della cucina romanesca
- Ristorante 7 Scogli a Firenze, Cucina di Mare e Birra Artigianale