Via Satrico, 21-25 (quartiere Appio Latino)
Tel. 06.70494602
Aperto a pranzo e a cena.
Chiuso: domenica sera e lunedì
www.domenicodal1968.it
di Virginia Di Falco
Domenico dal 1968. Ha compiuto 50 anni questo ristorante del quartiere Appio Latino, baluardo della cucina romanesca, dai tratti borghesi. Il pavimento in graniglia, gli specchi antichi alle pareti, tavoli e sedie d’epoca in legno scuro, l’orologio a pendolo, le zuppiere: tutto contribuisce a creare l’atmosfera di una vera e propria sala da pranzo di casa.
C’è sempre, dunque, la mano femminile nell’arredo così come la voce di Arnaldo Compagnucci a recitare il menu (ma perché non anche scritto?).
Piatti di carne, soprattutto quelli del quinto quarto romano si alternano ad una buona selezione di pesce, che dipende un po’ dal mercato, un po’ dal calendario. Frittura vegetale o di calamaretti, carciofo alla giudìa per cominciare. Tra i primi, i classici da manuale, come una sontuosa amatriciana (per noi una delle migliori di Roma); una densa e saporita minestra di broccolo e arzilla oppure dei confortevoli tagliolini in brodo, con polpettine di carne (serviti in porzione un po’ risicata, a dir la verità).
Tra i secondi, baccalà, oppure bollito con salsa verde o in polpette, o, ancora, un filetto con patate al forno. Ad accompagnare, cicoria ripassata (buonissima) o misticanza.
Come per la cucina, anche con il vino e la birra artigianale si resta sostanzialmente nel Lazio.
Nessun piatto che non si riconosca all’istante, dunque. Qui si utilizza un vocabolario più che conosciuto: i tanti habitué ci si affidano tranquilli, gli stranieri non si perdono nella traduzione.
Un indirizzo consigliato a chi vuole prendersi una pausa dalle millemila nuove aperture romane o dal «famolo strano» con un tuffo in una cucina tradizionale solida e ben eseguita.
Conto medio sui 45 euro.
Qui di seguito la nostra prima scheda del 2012:
di Virginia Di Falco
Cucina tradizionale con un buon piatto di pesce e, soprattutto, nessuna voglia del caos da centro storico? Bene all’Appio Latino la risposta a questa domanda, da più di quarant’anni la offre la famiglia Compagnucci.
Domenico dal 1968 è un posticino di quelli rassicuranti, ambiente classico con pavimento (bello) e arredo d’antan, tanti specchi e legno scuro. Gestione familiare, dicevamo, menu recitato a voce, con i piatti romaneschi che vanno a memoria e le ricette di mare che cambiano a seconda del mercato.
Clienti affezionati al proprio tavolo, una quarantina di coperti nella sala interna, circa venti fuori, dove si apparecchia nella bella stagione. Pizza bianca al posto del pane, una carta dei vini solo regionale con ricarichi onesti e qualche etichetta di birra artigianale.
Si comincia con una ricca e fresca insalata di fagiolini e polpo e un fritto vegetale, croccante e abbondante che sta bene in compagnia di una birretta bella fredda, anzi “na Biretta” del birrificio artigianale Birradamare di Fiumicino.
Sul fronte primi piatti, l’amatriciana ad un primo impatto sembra troppo pomodorosa, invece al palato è equilibrata, anche di guanciale e pecorino. Punto di cottura perfetto con gli spaghettoni Cavalier Cocco che fanno sempre bene il loro dovere. E infatti Giacomo Dente, che nella sua classifica delle migliori a Roma la colloca al sesto posto, parla di «affettuosa diligenza nel solco classico». Sfiziosi e saporiti i maltagliati con vongole e broccoli. Tra i secondi, la frittura di calamari e gamberi, il polpo con le patate e i pesci al forno sono tra i più gettonati.
Si chiude con i dolci fatti in casa (tranne la cassata, che è siciliana), buoni quelli al cucchiaio, come il semifreddo al caffè o una ricca quanto calorica porzione di mousse al cioccolato.
Mano sicura in cucina, non ci sono svolazzamenti nè, d’altro canto, qualcuno se li aspetta: qui si viene proprio per un comfort lunch, prendendosi il tempo che si vuole e mettendo al sicuro il palato da prove stressanti. La cordialità dei proprietari, il ritmo giusto nel servizio e un conto sui 40 euro per un pasto medio completano il quadro.
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