di Virginia Di Falco
L’aggettivo “borghese”, che sembrerebbe resistere ormai solo nei libri di storia, è ancora una categoria utile nella ristorazione.
Difficile definire in altro modo questo ristorante romano dei Parioli, classico senza essere stanco e neppure decadente; solido, rassicurante. Nella cucina come negli arredi e, dunque, nell’atmosfera che si respira in sala.
La proprietaria, Caterina Marchetti, di origine marchigiana, insieme alla madre, è riuscita negli anni anche diversificare in maniera graduale l’offerta. Per esempio venendo incontro all’esigenza – dettata anche dalla fase di magra che stiamo attraversando – di offrire un lunch veloce e leggero, quasi da bistrot, ai tavolini accanto al banco dei vini, all’ingresso del locale.
Ma se si vuole scegliere alla carta ci si accomoda nelle eleganti sale da pranzo (quella centrale sembra davvero la sala di una casa borghese con quadri dell’Ottocento e lampadari con pendenti) con grandi vasi di fiori freschi dappertutto e una mise en place curata ma non leziosa.
Un servizio accorto, giovanile e mai impettito. Pane (bianco e integrale, entrambi molto buoni), grissini e una soffice focaccia. Una carta dei vini che Marco Bolasco sul suo blog ha definito tra le più belle e interessanti mai viste. Con una proposta di cantina e di mescita che ruotano ogni mese.
La possibilità di richiedere carne e pesce da fare sull’enorme griglia che nei decenni passati è sempre stata uno dei vanti del locale, c’è sempre. Ma si farebbe torto ad una cucina che ha diversi spunti vivaci, tutti poggiati su una materia prima di grande qualità con una preferenza per i prodotti stagionali. Quindi un menu che varia praticamente quasi ogni giorno. L’inizio predispone al meglio, con l’antipasto di lingua di vitello in salsa verde, con puntarelle, crema di patate e limone candito. Un apripista ben bilanciato e stuzzicante al tempo stesso. Morbidezza, croccantezza, acidità, il palato resta bello contento.
Anche il primo piatto di tagliatelle di farina di castagne su crema di zucca e leggero ragù di cinghialotto non delude, si sentono le castagne e il dolce della zucca bilancia l’amarognolo deciso del sugo di carne. Senza sorprese nè guizzi i secondi piatti provati, con il coniglio lardellato su insalata di fagioli zolfini (mortificato purtroppo da un eccesso di sapidità) e una gustosa coscia d’anatra confit servita con un pavè di patate e purea di mele.
Con il dessert si rimane sul classico, anche se ben eseguito, e con ingredienti di grande qualità, dalla tarte tatin di pere alla variazione di cioccolato.
Conto non proprio leggero, per un pasto medio, sui 75 euro.
Al Ceppo
Via Panama, 2
Tel. 06.85301370
Aperto a pranzo e a cena
Chiusura: lunedi
www.ristorantealceppo.it
Dai un'occhiata anche a:
- A Cavu’t a Pescasseroli: sapori autentici nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo
- Museo e Bistrot Cenere a Pompei: cucina partenopea nel museo
- Ad Assisi La Locanda del Cardinale: mangiare immersi in duemila anni di storia
- Roma, La Tavernaccia da Bruno e la (conferma della) cucina della felicità
- Roma Testaccio, Checchino dal 1887, da 6 generazioni l’avamposto del Quinto quarto
- Dove mangiare la migliore carbonara a Roma? Dai mostri sacri alle osterie
- Villa Maiella a Guardiagrele, a tavola dalla famiglia Tinari
- Roma, ProLoco DOL di Vincenzo Mancino a Centocelle