di Virginia Di Falco
Paris in Trastevere fa parte di quei ristoranti della tradizione ebraico romanesca che propongono praticamente da sempre gli stessi piatti rassicuranti, senza nessuna concessione alle mode o frivolezze di alcun tipo.
Qui lo stile del servizio, la qualità della materia prima, il garbo nella presentazione delle portate, l’eleganza d’antan delle sale, persino l’alleggerimento di alcuni piatti, appartengono alla cultura di classe borghese, non ad una particolare scuola di cucina.
Secondo Giacomo A. Dente il miglior carciofo alla romana della capitale. Beh, in effetti quello che ho provato io era veramente molto buono. Condito in maniera semplice, come tradizione impone, con le foglie tenere, il gambo che sa di cardo, il profumo inconfondibile di prezzemolo e mentuccia. In questo periodo a Roma è solo questo il sapore della primavera.
Perfetto anche il fritto vegetale, un must del locale, con pastella lieve e leggera a sollevare persino il senso di colpa per un piatto così ricco e goloso. Buona la mozzarella, soddisfatta, come sempre, l’attesa dell’acciuga nel ripieno del fiore di zucca, equilibrio da manuale tra croccantezza e tenerezza nel carciofo alla giudia.
E questo, come si dice, solo per cominciare. Poi, giacchè la vocazione al classico in un posto come Paris (qui dalla fine dell’Ottocento, nelle mani esperte della famiglia Cappellanti dal 1984) è d’obbligo, ripeto con curiosità, dopo tanto tempo, il test della pasta e ceci della signora Iole. Rossa (pomodori pelati), versione “brodosa”, cioè a zuppa, e, soprattutto con finissimi tagliolini all’uovo. Amidosa grazie all’aggiunta di patate, con i ceci grossi e saporiti, del rosmarino solo un profumo leggero, senza l’amaro, la freschezza del prezzemolo. Davvero un piatto appagante.
Sfiziosi e saporiti anche i piccoli gnocchetti con il ragù di pesce. E il pesce che sa di pesce è l’altro leit motiv di questo posto. Alla griglia, al forno con le patate, fritto o con il vino e le olive nere. Si sceglie tipo e pezzatura, proprio come usava una volta, e poi si aspettano i minuti di una cottura leggera e rispettosa del pescato.
Ovviamente qui si celebra anche la liturgia con il rito ortodosso: carbonara, amatriciana e abbacchio sono infatti sempre in carta.
Il pane è buono, la carta dei vini corposa e con possibilità di mescita.
Per chiudere, dolci – fatti in proprio – con un discreto tiramisù e una meno convincente zuppa inglese un po’ troppo affogata nella crema. Conto medio, alla carta, sui 50 euro.
Con il sole già prepotente di questo scorcio di aprile molto meglio stare fuori, all’aperto: dehor molto ben organizzato, con tanto di comodo divanetto per l’attesa, servizio professionale ma non anonimo, con l’accortezza dei padroni di casa alternata alle battute sveglie e pronte del cameriere “storico” (e laziale) che fanno piacere tanto agli stranieri che agli habituè — romanisti esclusi, ovviamente.
Certo sarebbe molto più bello non dover condividere la prospettiva della piazza con la carrozzeria di decine di auto parcheggiate. Siamo a qualche decina di metri da Santa Maria in Trastevere, di fronte alla chiesa edificata nel 222 in onore di Papa Calisto I che custodisce due angeli del Bernini. Ma tutto questo evidentemente non basta a farne un’isola pedonale e gli unici dipinti ben visibili oggi sono le strisce blu sui sanpietrini della piazza e i graffiti che qualche simpatico giovane genio ha lasciato sulla porta della chiesa. La maledizione di una pietra al collo prima di finire in un pozzo a questo punto è d’obbligo. Ma gli stolti non la capirebbero.
Paris in Trastevere
Piazza San Calisto 7a
Tel. 06.5815378
Aperti a pranzo e a cena
Chiusura: domenica sera e lunedi
Ferie: agosto
www. ristoranteparis.com
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