Quartiere dalle mille facce quello del Pigneto a Roma. La movida e i locali modaioli di oggi non rendono giustizia alla storia lunga e complessa di questa sorta di triangolo che va da Porta Maggiore, a largo Preneste ed Acqua Bullicante, nato nel 1870, anno che nel nome ha voluto ricordare Andrea Dolciotti quando ha aperto il suo bistrot proprio in via del Pigneto.
Qui, alla fine dell’Ottocento nasceva il primo deposito di mezzi pubblici a cavallo, fuori dalle mura aureliane, mentre durante gli anni della Resistenza il quartiere si distinse per la sua lotta antifascista.
Prevalentemente operaio dalla metà degli anni Cinquanta ha conosciuto negli anni diverse fasi di crisi e degrado urbano tipico delle periferie.
Negli ultimi dieci anni, invece, grazie anche alla frequentazione di studenti e artisti ha conosciuto una fase di rinascita e, almeno in parte, di riqualificazione urbana, accompagnata anche dalla crescita vivace di molti locali e ristoranti. Tanto che trendy, hipster, modaiolo, fighetto, sono ormai da qualche tempo gli aggettivi più usati per qualificarlo.
Noi però questa volta, grazie alla Guida delle osterie di Slow Food, siamo andati a pescare un posticino che pur stando a due minuti da via del Pigneto non rientra in nessuna delle suddette categorie. A partire dal nome, Dar Parucca, il soprannome di Luca Saraceni, uno dei due soci, chiamato così un po’ per i capelli molto lunghi di qualche anno fa, un po’ perchè da ragazzo si divertiva a «paruccare» (truccare, in romanesco) per gioco i biglietti dello stadio, dipingendone copie più o meno fedeli per farne regalo agli amici.
L’altro socio è Alessandro Civitenga che per alcuni anni aveva lavorato proprio qui, in quella che era l’osteria dei suoceri, aperta per novant’anni, la più vecchia del Pigneto. Negli ultimi anni, però le cose non andavano benissimo: la rinascita del quartiere stentava a decollare, molte famiglie cominciavano a trasferirsi, cambiandone completamente il volto e soprattutto non si era ancora consolidata quella parte di movida che ama trascorrere nei suoi locali gran parte della serata e della notte. Due anni e mezzo fa, dunque, il necessario cambio di rotta: Luca Saraceni propone di rilevare e risollevare le sorti di questo posto di tradizione, e così l’incontro tra i due si realizza in una divisione del lavoro che li trova subito d’accordo. Alessandro continua a gestire la cucina, mentre Luca Saraceni si occupa della spesa e della ricerca di prodotti biologici di qualità, a partire dall’approvvigionamento della carne maremmana allevata allo stato brado ma, soprattutto, di ortaggi e verdure bio che gli hanno permesso di far virare l’osteria anche verso il vegetariano e vegano.
La selezione di una materia prima tracciabile (quasi tutta da Lazio e Toscana) diventa così il nuovo biglietto da visita di questo locale molto semplice, quasi alla buona, verrebbe da dire. Arredamento rustico, lavagna con i piatti del giorno, servizio gentile e molto alla mano. Il vino è quello della casa anche se non manca qualche buona etichetta.
Atmosfera da osteria di quartiere, quasi bohémien, in linea con l’estro artistico di Luca ‘Parucca’, un pubblico misto, con molti giovani che sono in gran parte studenti, tra i quali funziona soprattutto il passaparola.
L’inizio della nostra cena, in verità, non è stato molto promettente: l’orzo con la caponatina è risultato inefficace, perché poco insaporito dalle verdure, e gli involtini di melanzane grigliate con farcitura di pomodorini secchi piuttosto banali.
Decisamente più convincenti i primi piatti, che prevedevano i classici romaneschi (gricia, carbonara, amatriciana e una buona cacio e pepe) nella versione con spaghetti, mezze maniche oppure tagliatelle fatte a mano con farina di grani antichi. Ma anche qualche variante come i tortelloni con burrata, crema di funghi e tartufi, nel complesso ben riusciti.
Su provenienza e qualità di verdure e ortaggi biologici c’è un’attenzione particolare, che si vede e si sente: qui davvero vegetariani e vegani hanno di che essere contenti.
Gustosa e corroborante la vellutata di lenticchie con la cicoria.
Ben eseguita, leggera e senza eccesso di unto, la frittura dei carciofi alla giudìa. Sfiziosa la batata rossa da agricoltura biologica dell’Agro Pontino, servita con la buccia e profumata al rosmarino.
Regina della serata, per noi, è stata però una bistecca maremmana da quasi un chilo: carne succulenta, davvero un bel taglio, servita nella cottura richiesta.
Molto tenero lo spezzatino con piselli.
Nell’insieme una cucina dall’impostazione genuina, con qualche incertezza che può essere facilmente superata.
Chiusura dolce con i classici tiramisù e torta con ricotta e visciole; e un conto salvadanaio tra i 25 e i 30 euro.
Dar Parucca
Via Macerata, (quartiere Pigneto)
Tel. 324.0868361
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena
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