HOSTARIA ROMANA
Via del Boccaccio (Piazza Berberini)
Tel. 06.474.52.84
Aperto: a pranzo e a cena
Chiuso: domenica
www.hostariaromana.it
di Virginia Di Falco
Una piccola grande macchina da guerra a due passi da piazza Barberini e dalla Roma più turistica.
E di turisti ce ne sono tanti, in verità, all’Hostaria Romana di Barbara Camponeschi e suo marito Ivano, due osti vecchio stampo qui da 25 anni. Sarà il passaparola ormai decennale, le (ottime) recensioni di Trippa o le indicazioni dei portieri d’albergo, fatto sta che le prenotazioni sono distribuite con ordine e disciplina su due turni serali (ma l’Hostaria è aperta anche a pranzo) e questo non impedisce la fila fuori nelle ore di punta. Tuttavia anche molti romani questo indirizzo ce l’hanno nel cuore per la carbonara e i primi piatti della tradizione romanesca serviti in porzioni generose in scodelle di porcellana bianca e completate al tavolo, proprio come tanti anni fa.
L’Hostaria, infatti, sta qui dai primi anni 50, quando a Roma per fare una trattoria felice bastavano quattro tavoli e una carbonara con una piccola mescita di vino. Uscire fuori a cena era un lusso in lenta ricostruzione, insieme ai quartieri bombardati. Giovanna e Mario Camponeschi, genitori dell’attuale proprietaria, la rilevano nel 1979 continuando nell’impostazione originaria di servire piatti della tradizione romanesca rispettandone anche stagionalità e calendario.
Oggi il locale – che mantiene la vecchia struttura – è suddiviso tra una parte verandata e un paio di salette piene di tavoli stretti e ravvicinati con le sedie impagliate e il semplice tovagliato bianco delle trattorie di una volta. Alle pareti migliaia di scritte con firme e pensieri a colori dei tanti stranieri che si sono avvicendati negli anni. Si mangia di fatto gli uni vicini agli altri in una vivace convivialità favorita da un servizio professionale ma molto alla mano, nella quale ogni teoria sui tavoli sociali nei locali alla moda degli ultimi anni si scioglie come neve al sole.
Che dire. Il servizio funziona bene, perfettamente coordinato con il pass della cucina, e nonostante il papillon nero dei camerieri mentre il pane fresco è buonissimo, nonostante i grissini imbustati. L’atmosfera è piuttosto schietta e caciarona, ma acustica e chiacchiere non ne risentono, anzi. Ivano è il classico oste un po’ mattatore, che segue con gli occhi tutti i tavoli e a tutti riesce a portare l’assaggio di qualcosa e a chiedere come sta andando. Insomma, quello che ci si aspetta da un’osteria, dal benvenuto con i classici supplì per finire con un conto che sta sui 40 euro.
Noi a questo giro abbiamo assaggiato una gricia strepitosa, eseguita a regola d’arte, senza indulgere in ‘cremine’, ma con il rigatone ben condito e che sapeva di grasso buono – così come deve essere. Molto buoni anche i bucatini all’amatriciana, con guanciale indovinato per quantità e croccantezza mentre la mitica carbonara, sempre servita nella piccola zuppiera bianca anni Cinquanta e con l’ultima mantecatura chiusa al tavolo, ha deluso un po’ per gli spaghetti leggermente passati di cottura (ma c’è da dire che noi siamo della scuola dandiniana della pasta cotta «al chiodo»). Gustosa e corroborante, infine, la pasta e fagioli, preparata di martedì, seguendo il vecchio calendario casalingo.
Tra i secondi, una porzione generosa di abbacchio con patate al forno tagliate belle grosse e saporite e gli immancabili saltinbocca alla romana, scelti in una carta più da ristorante che da osteria, che va dalla coda alla trippa e dedica ampio spazio anche alle preparazioni più classiche di carne e pesce della cucina italiana.
Si chiude con qualche classico dolce al cucchiaio, oppure con la crostata di ricotta e cioccolato o di marmellata di visciole.
Un indirizzo affidabile, dunque, perché in cucina come in sala c’è mestiere, perché si riesce a tenere insieme la parte un po’ folcloristica per i turisti ma con piatti che parlano schiettamente romano con, infine, un buon rapporto qualità prezzo che a 500 metri da Piazza di Spagna ha il suo valore aggiunto.
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