di Virginia Di Falco
Quanto sei bella Roma. Che in un posto che non ti aspetti, che non hai mai capito proprio bene bene che cos’è – e che cosa ci fa lì – ci trovi dentro un pezzo di modernariato da sballo, un’accoglienza super professionale e, udite udite, pure uno chef bravo.
Il Fungo. Il serbatoio idrico di cemento costruito all’Eur e completato nel 1960 in occasione delle Olimpiadi. A cinquanta metri di altezza, il ristorante Quattordicesimo piano, con in testa ancora l’acqua che serve tutto il verde del quartiere.
La sala gira tutt’intorno alla testa del fungo, le finestre ti regalano istantanee di Roma quasi felliniane. Dimenticatevi le cartoline finte dell’ultimo film di Woody Allen. L’atmosfera è piuttosto quella delle Notti di Cabiria.
Arredo semplice, elegante, con il classico legno da interni di fine anni Cinquanta. Sobrietà e solidità.
In cucina Stefano Galbiati, classe 1970, esperienze in tutta Italia al fianco di Luigi Bugna, Ettore Alzetta, Elio Sironi, Gianfranco Vissani, e collaborazioni con Enrico Delfingher e Antonello Colonna. A metà degli anni Novanta l’esperienza delle due stelle Michelin al Belle Otero di Francis Chauveau. A Roma ha lavorato al Sans Souci, al ristorante Trattoria e con Massimo Riccioli alla Rosetta — anche questo una stella. Da quattro anni alterna la direzione della cucina del Fungo ad una scuola internazionale di cucina che lo porta spesso in Messico, Giappone e Colombia.
In sala Riccardo e Raffaele Reggiani conducono l’impresa in maniera impeccabile e partecipata, grazie anche ad uno staff giovane e preparato. E con la caparbietà necessaria in un posto non facile.
Il benvenuto offre già da solo diversi spunti curiosi, e traccia la strada alla cena: garbo, scuola e sapori per nulla neutri. I primi piatti, entrambi marinari, fanno leva su una buona tecnica per presentare in equilibrio ingredienti importanti. I tagliolini alle ortiche sono abbinati al battuto di cozze, ai ricci, alle briciole di pane profumato all’aglio dolce.
I ravioli di gamberi, astice e scampi di Anzio sono serviti in una salsa densa di mare, profumata al coriandolo e zenzero, che ricorda quasi il fondo di una bouillabaisse. Piatto corposo, pieno, solo un po’ più sapido di quanto avrei preferito.
Anche il secondo piatto è molto ricco ed elaborato, una salsiccia di rana pescatrice, servita con patate e crema di lenticchie e zucca.
Solo apparentemente semplice la polpetta di baccalà su una crema di ceci al timo, con cipolle rosse confit: in realtà un ripieno dalla mantecatura perfetta con il pesce addomesticato e reso delicato grazie anche ad una panatura asciutta e leggera.
La carta dei vini fotografa abbastanza fedelmente le etichette tra le più conosciute delle regioni italiane e c’è una discreta varietà alla mescita. I piccoli pani, le focacce e i grissini sono fatti in proprio.
Si chiude con la piccola pasticceria e un dessert – la meteorite di cioccolato alle fragole su crema di mango – che piace per l’accenno di sale aromatico nel cacao, e perchè grazie anche ai capperi di Pantelleria, non vuole essere piacioso a tutti costi. Conto sui 55 euro.
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Nota a margine
Tra qualche giorno, a pochi metri dal ristorante, grazie a Slow Food, si inaugurerà un orto didattico. Ce lo racconta Riccardo, che essendo un imprenditore guarda con ottimismo e speranza ad una iniziativa che dovrebbe far guadagnare qualche chilometro quadrato di verde e di ossigeno all’asfalto, al cemento e alle cabirie dell’Eur.
Piazza Pakistan, 1
Tel. 06. 592 1980
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso il sabato a pranzo e la domenica sera
www.ristoranteilfungo.it
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