Enoteca la Torre di Villa Letizia a Roma
Lungotevere delle Armi
Tel. 06 4566 8304
Aperto a pranzo e cena
Chiuso lunedì e martedì
Se non qui, dove? Dove la Michelin deciderà di mettere la seconda stella a Roma? A parte questa domanda diciamo subito che il bonus di questo locale è quello di essere aperto a pranzo e a cena candidandosi ad essere dunque un ristorante vero e non solo un luogo dove si “fa una esperienza”.
La parola d’ordine di Domenico Stile, campano di Gragnano, il “califfato” della pasta secca in Italia, è far godere fino in fondo i clienti ricorrendo a tutti i mezzi possibili: qualità dei prodotti, ottima tecnica, riferimenti orientali per spezie e brodi, nessun tabù e nessun divieto, una cucina fieramente onnivora, ossia mediterranea. Da sei anni al timone di questa elegante villetta di Anna Fendi sul Lungotevere delle Armi, Domenico è assolutamente concentrato sul suo lavoro pur seguendo tutti i progetti del gruppo, a breve un importante punto ristoro alla Rinascente.
La Pandemia e le difficoltà del momento spingono alla differenziazione e alla capacità di adeguamento e di elasticità per poter restare in piedi e pronti alla ripartenza.
Troviamo una cucina leggermente più distesa, con buoni tratti di divertimento, severamente ancorata ad alcuni classici di servizio (leggi la quaglia porzionata a tavola) c alla pasta ( ma anche un fantastico risotto), di cui lo chef va particolarmente fiero.
Il pesce viene valorizzato al massimo, la carne esprime tutta la sicurezza tecnica del cuoco e della sua cucina. Attenzione crescente al vegetale, ma non fino al punto di equipararlo alle proteine animali della scala gerarchica. La cucina dunque presenta uno stile che non si preoccupa di inseguire le mode, decisamene de-ideologizzata anche se questi due aggettivi non indicano affatto in questo caso nè l’immobilismo e tanto meno la banalità. E se la tendenza è a togliere, sottrarre, Domenico Stile non ha paura di salse e brodi per legare i diversi elementi del piatto.
Risultato, il boccone è sempre goloso, pieno, rassicurante, rinfrancante, appagante e premiante. Un fuorimoda in quanto classico sempre di moda.
Enoteca La Torre è un luogo dove si sta bene, il servizio è appassionato e ad alto livello, la carta dei vini ampia anche se da approfondire ancora. Una bellissima realtà nel cuore di Roma di cui si sentiva il bisogno. Quanto al resto, aspettate che questi ispettori Michelin inizino. girare un po’ per il Lazio.
Degustazone a 90, 110. 135 euro.
Cosa si mangia all’Enoteca La Torre a Roma, i menu di Domenico Stile
Report del 18 Febbraio 2018
Lungotevere delle Armi, 22/23, 00195 Roma RM
Tel. 06 4566 8304
www.enotecalatorreroma.com
Enoteca La Torre a Villa Laetitia è il ristorante ospitato all’interno della dimora storica di Anna Venturini Fendi sul lungotevere delle Armi dove nei primi anni del Novecento si costruirono diversi villini in stile Liberty, sopravvissuti alla furia edilizia del Dopoguerra.
E, senza ombra di dubbio gli ambienti dati in gestione all’Enoteca La Torre, l’ingresso, così come il bar e la saletta per la prima colazione e il lunch veloce, sono tutti molto suggestivi e riccamente arredati, dai lampadari in stile alle credenze, dalle statue agli specchi.
Ma è soprattutto la sala del ristorante il pezzo forte della villa, con la sua vetrata liberty affacciata sul giardino. Tavoli ben distanziati dalla mise en place classica ed elegante, prevalenza di bianco a partire dal tovagliato, ma anche per le candele e i fiori freschi.
Un servizio coordinato dai maitre e sommelier Luigi Picca e Rudy Travagli, ottimi coordinatori e padroni di casa, dal piglio giovane e garbato, seri ma mai seriosi, entrambi esperti professionisti.
Lo chef dal 2016 è Domenico Stile, 28 anni, di Castellammare di Stabia, stella Michelin già dal primo anno. Esperienze di grande livello in giro per l’Italia, da Bottura a Cannavacciuolo, da Vissani fino all’esperienza che ha inseguito sin da quando era giovanissimo: lavorare con Nino Di Costanzo al Mosaico di Ischia. «E’ lo chef che in assoluto più mi ha fatto introiettare la dimensione del viaggio» ci racconta, «Un sogno, quello di viaggiare sempre, che però non deve perdere di vista il tema, e dunque i piatti, delle proprie radici. Va bene ovviamente la tecnica, ma la materia deve essere sempre riconoscibile. Lavoriamo per i nostri ospiti, non per noi stessi. Qualche volta noi chef ce lo dimentichiamo: io posso divertirmi a provare un nuovo dessert con la rapa rossa. Ma se poi in una stagione quel dessert mi viene richiesto solo dieci volte allora devo saper tornare a ciò che davvero piace al cliente, non a me».
Oltre alla carta, si può optare per due menu degustazione: l’Escursione a sorpresa, con 5 portate a 95 euro e il “Viaggio a occhi chiusi” di 7 portate a 130 euro. Una carta dei vini ampia e ben organizzata ma che merita ulteriore approfondimento.
Nel nostro percorso degustativo il discorso di Domenico Stile è venuto fuori in tutta la sua coerenza: c’è tanta scuola, tantissima esperienza, ma anche una linea guida molto salda e riconoscibile. A partire dagli sfiziosi appetizer, un concentrato delle golosità italiane, soprattutto di tradizione partenopea, come il peperone imbottito, la mozzarella in carrozza, ma anche la carbonara. Minuscoli e stuzzicanti bocconi dove le continue suggestioni, innanzitutto visive, sono dovute a sapori molto più che riconoscibili.
Fresca e gradevole anche l’insalatina di baccalà proposta come amuse bouche.
Tra gli antipasti, la sapidità dei carnosi gamberi rossi fa una bella gimcana con il cardamomo, le piccolissime crocchette profumate alla menta, la stracciatella con il caviale e gli aromi agrumati. Altrettanto dinamico il merluzzo mediterraneo con zucca alla scapece e radicchio, al quale la salsa di provola affumicata dà una gradevole spinta.
Tra i primi piatti un riuscito spaghetto al ragù di pesci di scoglio, reso confortevole dalla patata, aromatico grazie al bergamotto e con un pizzico di carattere in più per la presenza di nduja. Potendo, non si smetterebbe più di avvolgerne intorno alla forchetta.
Corposo il riso di semola all’amatriciana, con inserti di seppia alla diavola e vivacizzato da un’idea di aceto balsamico.
Intenso e profumato il risotto al limone di Amalfi, tartufi di mare, asparagi e yogurt di bufala. La versatilità dello sfusato amalfitano non finirà mai di sorprendere: in particolare in questo piatto viene utilizzato in tre diverse preparazioni e alla fine a riequilibrare grassezza e morbidezza c’è l’amaro della parte bianca della buccia.
Tra i secondi di pesce, volendo proseguire il nostro percorso di mare, un delicato soaso (rombo liscio) ingagliardito dall’amaro del cavolfiore bruciato, con una salsina di ostriche e champagne.
Sontuoso il piatto con l’astice blu, sedano rapa, nocciole e beurre clanc, accompagnato da un saccottino di polpa di astice.
Si chiude come si conviene, dopo il break del drink rinfreascante di sorbetto di sedano, con una pasticceria studiata, dalla millimetrica, geometrica, precisione che non perde di vista sapori e colori della gioia di un dolce di una volta. Come nel caso della mousse al caffè, con sambuco, tabacco e liquirizia e ancor più con la crostatina scomposta meringata al limone con tamarindo e wasabi, dove gli accesi cromatismi rimandano alle vetrine delle pasticcerie napoletane e siciliane.
Enoteca la Torre a Villa Laetitia
Conclusioni
Una cucina ricca, di tecnica e cuore: di Domenico Stile si leggono in ogni piatto gavetta, studio e trascorsi professionali, ma non manca mai il tratto di estro e, potremmo dire, di sentimento. L’attaccamento alla sua terra lo si segue dall’appetizer ai mini babà della sua piccola pasticceria. Ma – ed è questa la vera nota nota di merito – non diventa mai staticità: alla fine a prevalere è la dimensione del viaggio. E coglierla in una sala che gira molto bene, dall’atmosfera retrò, rende più completa questa esperienza.
Conto sui 150 euro.
Enoteca la Torre a Villa Laetitia
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