di Virginia Di Falco
Mi mancavano alcuni piatti. E mi mancava Pipero. Così sono tornata, complici le centinaia di foto che impazzano in rete e gli aforismi piperiani che distribuiscono quotidianamente voglia di vivere sul suo frequentatissimo profilo facebook. Non c’è modo migliore di cominciare la mattina con un sorriso, leggendo al volo le sue battute fulminanti sul cibo, le donne e l’amore. E la tristezza delle diete.
Pochi dubbi sul fatto che sia il ristorante di Roma che non puoi non aver provato, almeno una volta. Un maestro di sala con la M maiuscola, anzi, proprio come Giuseppe Palmieri della Francescana di Modena, un vero e proprio teorico del servizio perfetto, della cucina che funziona solo se c’è una sala che funziona. E con un filo diretto, senza soluzione di continuità, con la cantina. Un vero e proprio manifesto del mestiere dell’accoglienza 2.0.
E infatti tra i pochi tavoli di un ambiente raffinato, una volta seduto, non hai che da aspettare i suoi suggerimenti, la guida perfetta ad un percorso sicuro, con la sensazione, netta (quanto lontana dalla realtà), di aver scelto tu cosa mangiare.
Per cominciare la serata, il bigliettino da visita del maître più gaudente che io conosca. Lardo di patanegra con grissini caldi. Si scioglie in bocca alla velocità della luce. E mentre ti arriva il profumo della focaccia calda al limone appena atterrata al centro del tavolo, capisci che si è pronti per la partenza.
L’amuse bouche è un marshmallow di parmigiano e panna con nocciola e arancia. Serissimo divertissement di Luciano Monosilio, chef giovane, preparato, che quando gli fai i complimenti per una delle sue idee geniali ti guarda come se ti stessi congratulando per il punto di cottura di un uovo sodo.
E a proposito di uovo, elegante e delicatissimo questo del Pipero al Rex, servito affumicato su una crema di patate e profumato con il tè.
A seguire quello che per me è stato il piatto più buono della serata. La lingua con crema di peperoni, un pezzettino di aringa affumicata e zenzero. «Stai attenta – avverte Pipero – se provi insieme lingua e aringa senti il sapore del wurstel». E nemmeno il minuto secondo di pensare un «si, vabbè» che la mia compagna di tavolo esulta: «è vero!!!». Quanto gusto e quanto equilibrio in questo piatto. E penso che a questo mondo ci sono i domatori di elefanti e i domatori di peperoni. Non so come faccia Luciano a rendere leggero e soffice qualcosa che in genere mette in ginocchio qualsiasi ingrediente. Poi ci spiegherà in due parole, con la sua flemma, che li libera da pelle e reticolo bianco. Insomma una vivisezione scientifica, chirurgica, che lui ti descrive come se si trattasse di un banale passaggio in acqua fredda.
Per sgrassare e pulire il palato, ma anche per rallegrare gli occhi, arriva una coloratissima “insalata mista” di foglie e fiori, condita col succo di mela cotogna e resa tanto più croccante da tanti semi e semini.
E poi il primo piatto, non sai se più goloso o raffinato, spaghetto mantecato di mare con doppia sorpresa, tra le uova di pesce e il verde marino della crema nascosta che ti avvolge il palato. Fantastico.
Il secondo piatto è una rana pescatrice, con topinanbur e liquirizia. Ma si sa, è un pesce ribelle, e infatti è quello che meno mi ha convinto. Una carne cocciuta e pervicace che riesce ad averla vinta anche in questo caso, nonostante l’accompagnamento a sapori forti.
Passaggio divertente al dessert, con dei leggerissimi crackers di riso farciti con gianduia e «frizzi pazzi» e la piccola pralineria, semplicemente perfetta.
Abbiamo chiuso con una spugna di mandorle con cioccolato, pistacchi salati, caffè e rhum. Un dolce non dolce. Non ci poteva essere chiusura migliore.
Lo so che siamo ancora a maggio. E che a dicembre scorso lo avevo eletto ristorante dell’anno. Decido tuttavia di rinnovare il mio modesto ma convinto mandato per tutto il 2012. Senza se e senza ma.
Pipero al Rex
Via Torino, 149
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso domenica sera e lunedi
www. alessandropipero.com
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