Per qualcuno è il re dell’amatriciana. Per qualche altro il re della coda alla vaccinara. Per molti romani Claudio Gargioli è semplicemente il re. Siamo in uno dei locali di cucina romanesca al top della capitale, Armando al Pantheon, qui da mezzo secolo. Basta dare un’occhiata alle foto appese alle pareti, ai ritratti fatti al papà Armando durante gli anni della Dolce Vita, alle piccole opere d’arte donate alla famiglia, ai premi e riconoscimenti alla cucina e alle persone che ci lavorano (è fresco fresco il riconoscimento della stampa estera nella Guida Gambero Rosso 2012) per farsi un’idea della storia di questo ristorante dal 1961 ad oggi.
Una quarantina di coperti, tutti ben ordinati e ben serviti in una sala accogliente con la cucina posta in alto e, più che a vista … a portata di chiacchiera. Quando si va a pagare ci si ferma con Fabrizio, il fratello che si occupa della sala, e una sbirciatina ai fornelli per uscirsene con il sorriso e una battuta di Claudio.
Un’eredità importante questa del papà Armando, che va al di là delle ricette della tradizione, per abbracciare il rispetto per i valori che una volta si chiamavano famiglia, amicizia vera, amore per la vita. E infatti il lavoro è portato avanti anche dai nipoti, Fabiana in testa. Il risultato è un servizio sempre attento, sveglio e partecipato. Aveva altro per la testa, in realtà, Claudio da giovane. La facoltà di scienze politiche, il teatro, la poesia. Poi però ha fatto un pacco di tutto questo e se lo è portato in cucina, convinto che l’omaccione dallo sguardo un po’ burbero che lo guarda ogni giorno dall’alto del suo ritratto avrebbe voluto così. E avrebbe avuto ragione. Senza se e senza ma è in questo luogo della memoria che dovete entrare per un’amatriciana o una gricia perfette, ma anche per tutte le declinazioni possibili del quinto quarto.
Un menu della tradizione con una trentina di voci; un altro vegetariano, con ulteriori trenta proposte dall’antipasto ai dolci (elaborato e proposto quando non era una moda farlo), e un menu “da tavolo” praticamente sconfinato, completo di zuppe, contorni di verdure “ripassate” e formaggi locali. In più, la voglia di provare sempre nuove cose guardando alla storia antica della cucina romana: sperimentare senza inventarsi nulla. In accompagnamento, una carta dei vini adeguata all’offerta della cucina e rispettosa del territorio regionale, con possibilità di scelta al bicchiere.
E proprio dell’estro e della curiosità di Claudio ho potuto approfittare con un bel pranzo fuori menu. Un riuscito riso venere di mare, agli scampi, ben legato e addomesticato come raramente avviene. Una lasagnetta ispirata a (e da — a sentire Claudio) il poeta Giuseppe Gioacchino Belli: leggera leggerissima pasta sfoglia e un velo di ricotta romana alleggerita anch’essa, con una salsa di pomodoro e un’idea di carne. Stop. A completare il piatto la ciliegina-polpettina tenera e profumata. La percezione dei sapori favorita dalla quasi assenza del sale. A seguire due secondi piatti, uno di pesce e uno di carne. I calamari “attufati” sono cotti insieme alle patate, affogati in un profumato e sapido sughetto di pomodorini laccati al mosto e rosmarino.
Nell’altro piatto una tipica ricetta capitolina “di recupero”: il bollito alla picchiapo’, con la carne lessata e poi ripassata sella salsa di pomodoro con le cipolle. Chiusura dolce con un must della trattoria: la torta ‘antica Roma’ con confettura e ricotta e la speciale crostata di Claudio attesa ogni inizio d’autunno dai suoi fans: l’Ottobrata, tanta frutta caramellata nel mosto su una tenerissima pastafrolla.
Insomma. Tanta soddisfazione, e (sempre fuori menu) tanta simpatia e un sano realismo popolare. Conto sui 45 euro.
Virginia Di Falco
“Armando al Pantheon”
Salita dei Crescenzi, 31
Tel. 06.68803034
Aperto a pranzo e a cena
Sabato sera e domenica chiuso
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