di Ugo Marchionne
Per emozionare, bisogna emozionarsi. Per conquistare bisogna essere conquistati dalla cucina. Questa è la filosofia che ispira la nuova fase del Roji Japan Fusion Restaurant di Nola. Finalmente il cerchio si è chiuso e l’anima fusion del progetto è venuta a completarsi con il felice innesto in organico dello chef Francesco Franzese, già allievo di Joel Robouchon, che nella città dei gigli ha trovato terreno fertile per una sperimentazione sospesa tra la Campania e il Giappone, passando per mille influenze e sensazioni provenienti da varie culture. Il Roji si è evoluto, il servizio è divenuto ancor più puntuale, la carta dei vini si è ampliata, gli spazi più ampli sono stati riorganizzati e la cucina stessa del Roji beh, è stata ripensata e reinterpretata in una nuova chiave, più equilibrata e giocata sui contrasti. Acidità, Croccantezza, Sapidità Ed Avvolgenza, queste sono le componenti su cui si basano principalmente le nuove proposte in carta.
L’ evoluzione della proposta gastronomica del Roji si fonda sull’intesa fraterna che si è venuta a creare tra lo storico Edomae del ristorante Alex Pochynok e il nuovo Executive Chef Francesco Franzese. Un’intesa fondata sullo scambio reciproco di tecniche e di opinioni su ciò che deve essere la cucina giapponese fusion, quasi come un passaggio in area di rigore da finalizzare. L’affinità c’è e si percepisce chiaramente, in un ambiente che però non ha perso quell’atmosfera accogliente e calda che mi aveva colpito la prima volta. La squadra è solida e ben affiatata e Francesco è riuscito ad imporsi in un controllo qualità vigile e doveroso, attento a ogni particolare. Alex d’altro canto ha mantenuto la sua timida solarità pur essendo cresciuto moltissimo, un esempio su tutti? Il Riso. Ora finalmente ci siamo. La quadra sul Nishiki è stata trovata. Compatto e scioglievole al contempo. Da Nigiri Quintessenziale.
L’impatto in ingresso è sensibilmente differente rispetto al passato. E’ stato introdotto infatti il benvenuto dalla cucina. Di ispirazione francese, questa feature della cucina stellata ci vorrebbe anche nei ristoranti nipponici e finalmente quì c’è ed è lodevole. Il più divertente e riuscito tra i vari proposti è stato un crispy rice cube con alice marinata e zeste di limone. Aperitivo notevole.
D’accompagnamento all’aperitivo un sorprendente Ultra Brut di Laurent Perrier. Ispirato al dosaggio zero dello Champagne, senza zuccheri aggiunti, questa proposta esclusiva dello chef de cave storico Bernard de Nonancourt riesce ad essere un valido compromesso tra mineralità e profondità. Brioso, sapientemente combina semplice sincerità e finezza eccezionale. Ultra Brut è l’unica dicitura protetta da copyright nel mondo dello Champagne ed esso ha trovato il perfetto completamento nel neutralizzare in virtù della sua inaspettata struttura le note saline del pesce e rotonde ove la pietanza veniva a farsi avvolgente. Poliedrico. Sicuramente ottimo in accompagnamento al Sushi.
Si comincia. Capasanta, funghi shiitake, spuma di ricciola e polvere di spezie Tandoori. Cottura esemplare della capasanta. Traslucida all’interno, morbidissima. Delicata ed impalpabile la salsa, bello il contrasto con i sentori di India nelle spezie, peraltro non troppo invadenti. Ingresso sicuramente fusion. Poche componenti, ben eseguite tecnicamente e ben impiattate fanno di questo piatto un ottimo incipit. Si sente l’influsso della cucina francese su Chef Franzese nell’esecuzione della spuma e nella cultura della rotazione degli ingredienti.
Si prosegue con piatto spinto ma riuscito sotto tutti i punti di vista. Anguilla laccata alla salsa Unagi, puntarelle cotte e crude, shiso e gelato di cipolla rossa. Definitiva quì la prova in duo di Chef Pochynok e Chef Franzese. Morbidissimo il filetto d’angulla, cotto a puntino e glassato come si conviene alla moda dell’ Anago di Kyoto o di Osaka. Il gelato di cipolla rossa è fenomenale, ricorda vagamente il retrogusto della cipolla borrettana senza risultar pesante in alcun modo. A buon diritto dovrà diventare la cifra della cultura e della commistione di sapori che Roji vuole proporre. Nipponico ma non troppo. Spinto beyond belief. Dolce, sapido, croccante, l’ingranaggio è ben oliato e da solo questo piatto vale il prezzo del biglietto.
Estetica e forma sono le componenti essenziali del Gambero Blu, Tobiko al Wasabi, Caviale e chips di rapa rossa. Bellissimo il piatto rosso su cui è stata servita la portata. Forse un leggero eccesso di salinità penalizza la croccantezza del gambero blu. Un rosso di mazara o un viola di Gallipoli avrebbero retto il confronto. Divertentissima e saputa la chips che potrebbe essere anche servita come amouse-bouche. Il taglio della materia prima è comunque indiscutibile.
Intermezzo sushi. Gunkan su gunkan. Franzese su Pochynok. Innovazione su Tradizione. Parte il nuovo arrivato. Gunkan di Kobe, Friariello alla colatura di alici e salsa di provolone del monaco. Scioglievole è dire poco. Si dissolve a contatto col calore del corpo. Il grasso del Kobe Tajima K-2 è di una burrosità indescrivibile. Le componenti saline della colatura e l’amarotto del friariello napoletano sono ben percepibili e col provolone del monaco, beh si ritorna a casa. Francesco Franzese ha prodotto con poche componenti un nuovo concept di gunkan da provare certamente.
Risponde Alex Pochynok. Ventresca di Tonno Balfegò, Caviale e Foie Gras. Oltre ogni aspettativa. La materia prima è di primissima qualità e come tale non necessita di alcuna sofisticazione. Solo di un grande riso, di un grande taglio e di un grande abbinamento, in questo caso peraltro centratissimo. Non servono descrizioni, la foto parla da sola. Alex uber alles.
Francesco Franzese sui secondi è una macchina da guerra che gira a mille, non perde un colpo nella sperimentazione ed elabora un signature dish dopo l’altro. Ho trovato questo ragazzo carico e preparato al di là di qualsiasi mia più rosea aspettativa ed è stato bellissimo ritrovare la gioia di un ragazzo campano nei dettagli. I condimenti alla monachina, il gelato di pomodoro datterino, la cicoria liquida e la scarola. Non è facile rimanere se stessi in una cucina difficile e variegata come quella giapponese in cui non tutto è sushi, anzi. Nuove idee e spunti continui sono la password per interpretare correttamente la cucina del Roji che però per stessa ammissione della proprietà punta in alto e guarda al cielo, in particolare quello stellato. Perché un sogno più quanto più è difficile da realizzare tanto più sarà emozionante. Come lo è del resto la batteria dei main dishes. Un mondo nuovo.
Vivido il Rombo Pil Pil con Pak Choi o Bok Choi alla Monachina e Alga Wakame Rossa in purezza. Marino. Il condimento limone, sale e pepe è ben percepibile sulla verdura e diverte non poco. Il rombo è cotto divinamente, forse lievemente troppo forte il sapore dell’alga, ricalibrandola come polvere essiccata sarebbe ancor più azzeccata. Ciò nondimeno il piatto è brillante e leggero. Molto femminile.
In accompagnamento a questo piatto una sorpresa nel mondo del vino di campagna di Reims. L’ Angel Champagne NV Brut. Questo è uno di quegli champagne d’immagine, unicamente riservato al mondo dell’apparire piuttosto che dell’essere e invece si è rivelato essere decisamente corposo e burroso. Note di evoluzione di brioche, lievito e crosta di pane ben percepibili. Non una lama questo è certo, però ha saputo neutralizzare con efficacia tutti gli overtones marini del piatto contrastando con la sua bollicina pungente ogni nota sapida prevalente. Una piacevole scoperta di sicuro, forse dal costo po’ troppo proibitivo, però tutto sommato per chi voglia provarlo è sicuramente un rollercoaster di profumi inaspettato.
Sui dolci troneggia la pastiera scomposta. La Pasqua in Campania. Pura e semplice. Senza mezzi termini. Reinterpretata in chiave moderna, destrutturata. Crema da fondo, crumble di frolla, sentore di fior d’arancio, annessi e connessi. Non mi dite che le perle di Yuzu sono modernità fusion perchè non vi credo. Anche se presentata così quando viene a ricomporsi al palato è un’esplosione di infanzia senza inganno. Per un napoletano finire qualsiasi pasto con questi sapori e con questi echi di ricordi lontani è sempre un piacere.
Carta dei vini rinnovata, sala ampliata, servizio di qualità e materia prima impeccabile. Tutto questo e molto altro ancora si è confermato essere il Roji di Nola. Evoluto in virtù della crescita personale e professionale di tutto lo staff, del direttore Giovanni Napolitano, del maitre e della società che ha voglia di investire nella ricerca del dettaglio. L’innesto dello Chef Francesco Franzese ha dato nuova linfa all’intero concept e l’alchimia che si è venuta a creare con l’edomae Alex è uno dei nuovi punti di forza della proposta del Roji. Staremo a vedere cosa riserva il futuro a questo gruppo e a questo progetto meritevole di grande successo e di grande riscontro.
Roji Japan Fusion Restaurant a Nola
S.S. 7 bis 184
tel. 081 512 1761
www.roji.it
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