Ricetta Roccocò, ecco quella di Giuseppe Daddio patron della scuola Dolce&Salato che ci spiega come fare i perfetti rococò.
Parola giocosa, avvolgente, azzeccosa con l’asperità delle c che si illanguidisce stemperandosi nella dolcezza del finale quasi a rimandare alle sue origini che, come per tanti altri esemplari cult della pasticceria campana trova origine negli ombrosi, nobili monasteri efficacemente raccontati da Enrichetta Caracciolo dei principi di Forino, monaca benedettina senza vocazione di San Gregorio Armeno ed autrice del libro autobiografico “Misteri di un chiostro napoletano”.
Luoghi dove le lunghe ore di preghiere in coro soccombevano, soprattutto durante le grandi solennità, alle esigenze dell’apparire, del fare bella figura con confessori e nobili parenti regalando loro sontuose guantiere di dolci adornate da bianchi fogli di carta ritagliata che ricordavano delicati merletti di Bruges. Furono le “Maddalene”, monache dall’abito domenicano ma con cingolo francescano – uno dei tanti esempi della fantasiosa creatività della vita religiosa del Regno delle Due Sicilie – che abitavano il Real Convento della Maddalena, vicino all’omonimo ponte sulla sponda del fiume Sebeto, ad inventarli.
Era il 1320 quando, da esperte pasticcere, sposando abilmente farina; mandorle e zucchero – attenzione! – nella stessa quantità; cedro e scorzetta d’arancia e pisto, un miscuglio di cannella, noce moscata, chiodi di garofano e coriandolo tipico della pasticceria della tradizione natalizia napoletana, a creare queste originali ciambelle che chiamarono roccocò, dal francese “rocaille” ovvero grotta, conchiglia per la loro forma tondeggiante.
Cotte al forno ed, in origine, dall’impasto duro, spaccadenti, d’ammorbidire nel vin santo proprio come i toscani cantuccini anche se l’optimum era dato dall’ambrato, corposo marsala o dai casalinghi vermut per variamente declinarsi con il passar del tempo assumendo consistenze e sapori diversi. Già, perché oggi i roccocò presenti tutto l’anno nelle pasticcerie non soltanto campane si offrono anche in versione morbida, ottenuta facendo cuocere l’impasto per alcuni minuti in meno. Un affronto, una eresia per i puristi che non ammettono varianti e che concordano con gli innovatori soltanto sulla necessità di non farli scurire troppo ma di sfornarli appena dorati; in caso contrario diventeranno durissimi, una pietra come popolarmente di dice quando i denti non riescono, nonostante gli eroici tentativi, a scalfirne la crosta. Così accanto ai tradizionali ecco apparire nelle vetrine delle pasticcerie quelli dall’impasto morbido, friabile, tipo frolla, ad onore del vero ugualmente ottimi, ideali per accompagnare la prima colazione o il tè del pomeriggio.
Imperdibili Roccocò napoletani
Roccoco napoletani
Di Giuseppe Daddio
Ingredienti per 4 persone
- FARINA GR. 1000 “00”
- ZUCCHERO GR. 600
- MIELE GR. 250
- FRUTTA SECCA GR. 800 (nocciola pestata)
- PISTO GR. 20
- AMMONIACA GR. 10
- VANIGLIA Q.B.
- ACQUA GR. 300
- SALE GR. 5
- Arancia grattugiata q.b.
- UOVO FRESCO PER DORATURA
Preparazione
UNIRE IN MACCHINA GLI INGREDIENTI ED IMPASTARE FINO A FORMARE UN IMPASTO COMPATTO.
LASCIAR RIPOSARE, TIRARE I ROCCOCO’ A FORMA DI FILONCINO E POI AVVOLGERLO A CIAMBELLA.
DORARE CON DELL’UOVO SBATTUTO, GUARNIRE CON LE MANDORLE E CUOCERE IN FORNO A 180° C. PER CIRCA 10M.