Avevo provato questo vino nel ristorante Dolia a Gaeta ,dove sono in società Rocco e Benedetto Leone, proprietari dell’azienda Fra I Monti a Terelle in provincia di Frosinone, mi era piaciuto molto per la sua allegra arroganza simile a quella di chi ha vent’anni impegnato a cambiare il mondo. Una conferma del Lazio come regione davvero vivace e creativa con i vini naturali che spesso ritrovavo nella carte alla Septime fuori dall’Italia prima della Pandemia.
Tutto è molto ben studiato per rompere ogni schema possibile, un po’ come succede nel mondo della birra artigianale italiano. Bottiglia chiara, tappo a crudo, senza chiusura. In etichetta Copernico se la ride del sistema solare del Cabernet Sauvignon come lo abbiamo bevuto negli ultimi trent’anni, un po’ Jocker. Una versione unica, vino da tavola, che fa il paio con il Merlot Una al Giorno che ha avuto molto successo portando alla ribalta una azienda che lavora in biologico, puntando su vitigni sconosciuti come il Maturano o il Semillion importato dai francesi ai tempi di Napoleone ad alta quota. Il progetto parte sulla scorta di una lunga esperienza, i fratelli sono proprietari dell’enoteca Il Santo Bevitore a Cassino dove si sono progressivamente orientati verso i vini naturali e hanno deciso di recuperare vecchi vigneti fra i 900 e i mille metri nella valle del Comino, un territorio praticamente incontaminato. Con il Global Warming oggi non è così difficile ottenere perfette maturazioni delle uve a queste quote che regalano vini agili e profumati grazie comunque alle escursioni termiche.
Devo dire che l’età a volte è un vantaggio per la memoria olfattiva dovuta all’esperienza: quando provo il vino la memoria va subito ad un Cabernet Sauvignon che compravo sfuso da un contadino in provincia di Ascoli negli anni ’80. Usciva fresco da vasche d’acciaio, profumato anche se un po’ tannico.
Gli anni ’90 ci hanno abituato ad un Cabernet Sauvignon complesso, importante, sul modello Los Vascos. Io adoro quello di Tasca d’Almerita di cui ho recentemente bevuto un fantastico 1996 alla Taverna del Capitano. A parte quello, in perfetto equilibrio ed elegante, mi sono tenuto sostanzialmente lontano da quelli italiani, in genere sovraestratti e troppo legnosi. Oggi decisamente fuori moda.
Il Rivoluzione Cabernicana, affinato in vetroresina, invece è un vino agile, sottile, allegro, pieno di energia, che esprime uno spudorato frutto (mora e ciliegia) al naso. Al palato i tannini sono egregiamente risolti e la beva è leggera, fresca, dissetante. Per parafrasare una vecchia reclame, il Cabernet di Montagna con il gusto ci guadagna: viene fuori cioè tutto il pregio di questa uva straordinaria senza però la pesantezza e gli orpelli di certe lavorazioni. Per fare un paragone con la gastronomia, questo è un vino che va a sottrazione, non a moltiplicazione.
Così facendo sicuramente la beva è piacevolmente fruttata ma monocorde (però vedremo nel empo, sono un buon conservatore di vini) ma si guadagna in bevibilità e immediatezza, favoriti dalla bottiglia sconsacrata che subito strappa il sorriso. Noi abbiamo innaffiato un coniglio ben vissuto sano e in libertà, allevato alla vecchia maniera senza medicine in modo naturale e ci siamo arrecreati.
Non ce ne sono molte bottiglie in giro, ma vi consiglio, se lo trovate in rete o in qualche carta, di comprarlo e di di berlo avidamente a canna.