di Marco Contursi
Quanta ipocrisia e permalosità nel mondo del food. Questo pensavo l’ultimo dell’anno, constatando che non avevo ricevuto gli abituali auguri da parte di un artigiano del gusto (che neanche ha risposto ai miei), con cui ho sempre avuto buoni rapporti e sempre da me valorizzato, offeso per avergli fatto recentemente fatto notare delle cose, oltretutto preventivamente e più che motivate, in occasione di una manifestazione da lui organizzata. E vedendo che molti che scrivono di food tessono lodi sperticate a destra e manca di ristoratori e company, mi sono ricordato di quello che mi disse uno di questi food writer che va per la maggiore :”Io parlo bene di tutti, perché cuochi, pizzaioli e pasticcieri questo vogliono sentirsi dire”.
E mi è venuto in mente uno chef famoso campano che bannò dal suo locale un blogger per aver criticato alcuni piatti, oltretutto motivandoli, mentre le porte sono sempre aperte per chi fa foto e sotto scrive “eccellente, buonissimo, divino ecc..” anche quando poi a 4 occhi, parlando con amici dice l’opposto.
E i nuovi blogger, quelli nati semmai senza competenze specifiche, lo hanno capito bene. Basta parlare bene di tutto e di tutti, per essere invitati a cene e degustazioni, e magari portarsi pure a casa un panettone o una pizza gratis. Che non guasta mai, vero?
Chi invece fa notare errori, più o meno gravi, con garbo ovviamente e nell’ottica di migliorare qualcosa che già è valido, viene tacciato di essere eccessivamente critico e oggetto di risentimento. Ma il compito di chi scrive di food e ne ha le competenze, dovrebbe essere anche quello di aiutare a far notare errori. Se un critico gastronomico serio, ad un ristoratore che ha sbagliato un piatto, dice invece che è ottimo, solo per compiacerlo, gli rende un buon servizio? Non credo.
Invece, tutti vogliono solo sentire lodi sperticate, senza che abbia importanza la competenza di chi le fa o il fondamento delle stesse.
Parla e scrivi bene, di tutto e tutti, e sarai portato in cielo e invitato ovunque: l’esaltazione del mediocre che passa per la piaggeria.
Io, per credo d’azione, se devo far notare qualcosa, lo faccio solo quando valuto che ne valga la pena, quando mi trovo innanzi a qualcosa di potenzialmente valido ma che non si è espresso al meglio per disattenzione o per un erroneo punto di vista, poiché chi lavora nel food, dovrebbe capire che il punto di vista di chi sta dall’altro lato del bancone, sia esso un “critico” o un cliente, non può essere il suo, e quindi, ascoltando e ponderando alcune osservazioni che gli giungono, può trarne occasioni di migliorare la propria offerta. Ma questo a pochi importa. Come poco importa se la critica sia giusta o meno. E’ critica e quindi va tacciata, senza riflessione, di immotivazione ed eccessiva puntigliosità.
Soprattutto quando si è grandi, ci si crede infallibili e meritevoli solo di osannazione. Guai a dire il contrario.
C’è gente che si è offesa per aver fatto notare che mi era stato portato olio scaduto a tavola (“ma è ancora buono!!”), che le patate del panino era mosce (“esagerato, può capitare”), che un salame era carne fresca (“alle persone così piace”), che un vino sapeva di tappo (“mo tutti intenditori”) e potrei continuare a lungo.
Il mio proposito per questo 2018? Essere ancora più esplicito, quando qualcosa non mi convince ma ritengo valida l’idea e/o meritevole chi la fa. Quando cioè credo valga la pena di parlare e non solo di girare i tacchi e chiudere a 3 mandate quella porta. E se qualcuno si offende, non capendo che la mia critica è prima di tutto una attestazione di stima, perché non spreco fiato e tempo con chi ritengo un caso disperato, pazienza. Il prossimo Natale riceverò meno auguri, ma forse più sentiti. E io sarò in pace con la coscienza per non aver indorato una pillola, che a volte va presa nuda e cruda, per guarire.
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