Metti il fascino immenso di Venezia, il recupero di una rara varietà locale e di una produzione in condizioni estreme, un ristorante integrato nel suo tempo storico e ottieni un’esperienza vera e coinvolgente come non sempre capita.
Venissa (Venissa – Living The Native Venice) non è solo un ristorante di qualità o un resort accogliente ma un’immersione nella Venezia nativa, lontano dai flussi turistici più opprimenti, sull’isola di Mazzorbo con le casette colorate in stile simile alla vicina Burano.
Il Wine Resort con una colazione verace e deliziosa e l’Osteria immersa nel vigneto recuperato di Dorona su cui Gianluca Bisol ha investito per produrre un vino unico nel suo genere, si affiancano ad un ristorante noto anche per l’attenzione alle specie aliene che stanno cambiando la laguna.
Non a caso, gli chef Chiara Pavan e Francesco Brutto offrono una “cucina ambientale” premiata con la stella Verde Michelin visto l’obiettivo di descrivere l’ambiente circostante e fare “una riflessione sull’impronta che lascia sul territorio”.
Quello che mi ha colpito è, infatti, il senso di praticità e la reattività degli chef ai cambiamenti a scapito di sterili polemiche, in un menù che valorizza nuove specie disponibili – a partire dall’aggressivo granchio blu, ormai disponibile in tutta la città e oltre – rendendosi esso stesso megafono di un’emergenza.
Le specie invasive – penso proprio dal delizioso spaghetto freddo, zafferano, aglio e granchio blu – sono esaltate e inserite in un percorso originale in cui l’equilibrio tra leggerezza, vegetale e gusto sono massimizzati. Difficile confondere la firma degli chef con quella di qualcun altro. I piatti trasmettono un messaggio, la propria voce, senza compromessi e al di sopra di ogni sospetto di imitazione.
Belli anche da vedere, come dimostrano le foto, si integrano in un ambiente a tratti “naturale”, accogliente e rilassato a un passo dal canale.
Strepitosi il pancake di bieta con cetriolo, menta e filipendula; come il gyoza di insalata con garum di pesce, uvetta fermentata, erbe alofite. La festa vegetale, sostanzialmente come secondo, è sfiziosa e appagante.
Scheda del 18 novembre 2017
Venissa di Francesco Brutto: ristorante stellato nella laguna di Venezia
Da Cyberflâneur resistente (dice che siam morti, a me, invece, sembra di godere di ottima salute) ho scoperto, casualmente, il sito delle vigne metropolitane della città di Venezia ed approfondendo la tematica mi ha molto incuriosito il progetto Venissa: vino, ospitalità e ristorazione in laguna e precisamente sull’isola di Mazzorbo.
Venissa è (piccola, molto: 0,8 ettari di vigneto!) azienda vinicola e struttura ricettiva: sei suite per chi ha voglia di laguna ma vuol rifuggire la confusione di Venezia, un ristorante formale che si fregia della stella Michelin, un ristorante meno impegnativo, l’Osteria Contemporanea. Nel contesto dei due ettari complessivi della tenuta, in prossimità del vigneto, ci sono gli orti e i frutteti che ogni giorno riforniscono il Ristorante formale con frutta e verdura di stagione, curati da nove pensionati di Burano.
Alla gastronomia mi piace unire l’artistico per cui, avendo da tempo nel mirino la Collezione Peggy Guggenheim, ho approfittato di uno degli ultimi giorni di attività del ristorante formale di Venissa (attualmente è chiuso, riaprirà a fine marzo 2018) e di una splendida giornata di bel tempo autunnale per testare la cucina stellata di Francesco Brutto con un digestivo culturale, ovvero la densa collezione di arte moderna di Palazzo Venier dei Leoni con vista sul Canal Grande: se siete curiosi procuratevi il bel documentario Peggy Guggenheim: Art Addict ma, sopratutto, andate di persona che Venezia merita, sempre e comunque, una visita.
Approfitto quindi di una meravigliosa giornata di sole autunnale e mi dirigo a Venezia in treno: da Santa Lucia mi regalo una splendida passeggiata per le calli, direzione fondamente nòve per prender il vaporetto (linea 12, per la precisione) per l’isola di Mazzorbo, ove si trova il ristorante Venissa: nell’organizzar il viaggio bisogna tener conto anche dei circa 40 minuti di navigazione (suggerisco di arrivare, all’imbarco, già biglietto-muniti sennò tocca andar a cercare la rivendita: non è distante ma, sagacemente, non è segnalata alla partenza). La caccia alla biglietteria mi fa perder un vaporetto per cui sbarco a Mazzorbo in lieve ritardo sull’orario previsto: il ristorante Venissa è nelle immediate vicinanze ed il personale di sala, giovane e cortese, mi fa accomodare subito al tavolo prenotato.
Studio con calma il menù che prevede libera scelta dalla carta o tre percorsi (5 – 7 – 9 portate) e, incuriosito da un piatto specifico, opto per il 7 portate a cui decido di abbinare vino al bicchiere (il sommelier mi dice che posso sceglier, liberamente, dalla carta: stapperà quel che preferisco).
Lo stile del servizio di sala è amichevole, bistronomico: i giovani cuochi, tra cui la simpatica e gentile Chiara Pavan, escono frequentemente dalla cucina per servire, personalmente, i piatti e raccontarli ai clienti; la sala non è molto ampia ma è piacevolmente luminosa, c’è anche un patio nel quale il ristorante si allarga, in stagione.
Pane e grissini sono fatti in casa (il burro mantecato in accompagnamento è irresistibile!), arriva immediatamente una entrée composita, molto divertente, e poi si succedono, con studiata velocità, ma senza fretta, le pietanze del menù da me scelto, 4 delle quali ho trovato piacevolmente sorprendenti.
L’intuito, che mi ha fatto optare per la serie degustativa da 7, non ha fallato: i tortellini di tamarindo fermentato, doppia panna e angostura sono un vero sballo delle papille, un piatto ricco, intensamente caratterizzato dal tamarindo: una geniale fuga – in avanti – da uno dei classici intramontabili della cucina italiana (il tortellino).
Non meno intriganti i due secondi piatti: la faraona, insalata marinata allo yuzu, olio di artemisia marina ove la carne risultava tenera e saporita al punto giusto ed il contrappunto con la marinatura dell’insalata era perfettamente riuscito e, a seguire ed a chiudere la serie dei salati, il topinambur, pu’er (tè cinese post-fermentato, chiamato anche tè rosso), cavolo nero e noci – un piatto vegetariano – che risultava gustativamente in salita nei confronti della faraona da cui era preceduto, un assemblaggio ardito che ho trovato ben riuscito nelle cotture e nelle consistenze (la croccantezza delle chips di cavolo nero!), gradevole.
Interessante l’abbinamento dei due, gustativamente importanti, secondi piatti con il Venissa 2013: la Dorona di Venissa, dal vitigno autoctono oggetto del progetto di recupero delle vigne dell’isola di Mazzorbo, è un vino bianco che va incontro a macerazione sulle bucce per estrarne aromi e colore e dimostra di regger bene anche con pietanze importanti.
A chiuder la degustazione un ottimo dessert: crostatina al limone, sorbetto di calamansi, sedano, erbe mentolate che presentava spunti di acidità molto spiccata, ottima chiusura che non tradisce una stimolante successione di piatti ben pensati ed ancor meglio realizzati.
Il ristorante Venissa ha una stella Michelin che si fa sentire al momento del conto (il menù 9 portate è prezzato 190 euro – vini esclusi), il mio percorso degustativo da 7 portate era tariffato 150 euro – vini esclusi; un livello di prezzi, mediamente, più da ristorante bi-stellato.
Io, comunque, mi sono divertito e, ri-sottolineando l’impegno economico non da esperienza quotidiana, mi sento di suggerir la gita in vaporetto per godersi un angolo di laguna inusuale e pranzare o cenare a Mazzorbo, al ristorante formale Venissa (quando riaprirà, a fine marzo 2018).
Francesco Brutto non è, comunque, in vacanza: nel periodo di chiusura del ristorante stellato di Venissa è operativo a Undicesimo Vineria, a Treviso; bisognerà pensare ad una gita nella Marca Trevigiana, quanto prima!
Ristorante Venissa
F.ta S. Caterina, 3 – Mazzorbo
30142 Venezia – Italy
tel: +39 041 52 72 281
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