di Monica Caradonna
Antonio Guida e Seta, il ristorante del Mandarin Oriental, tra Les Grandes tables du monde, l’associazione internazionale che riunisce les plus belles maison, unite nel solco dell’eccellenza dell’alta gastronomia. Cinque continenti, 24 paesi per 170 ristoranti che si fregiano dell’emblema di un’associazione che si preoccupa di difendere il patrimonio culinario in tutta la sua ricchezza. E diciotto sono gli italiani ai quali quest’anno, nell’ambito del congresso nazionale che si è riunito al No-mad hotel di New York, si è aggiunto anche Seta.
Manca poco alla mezzanotte. La brigata sfila per salutare lo chef. Buon viaggio. In bocca al lupo. Sorride Antonio e ringrazia. «Domani parto per New York. Entriamo nella grande famiglia di Les grandes tables du monde, ma non scriverlo ancora».
Il rito del saluto si ripete ogni giorno a prescindere dai riconoscimenti da andare a prendere. «Al mattino siamo io, Federico e Nicola a salutare i ragazzi. La sera sono loro a ricambiare con una stretta di mano. È una tradizione che porto con me dalla Francia». Ed è proprio la Francia, infatti, a marcare i suoi piatti. Lui, saucier di Pierre Gagnaire, oggi non è altro che ciò che ha vissuto e osservato. Un percorso professionale un po’ al contrario, iniziato all’estero prima che in Italia; in Svizzera per passare immediatamente dopo alla dura prova di cucina della Francia dove, grazie a una lettera di presentazione ben scritta, diretta, mirata, è entrato in cucina dalla porta principale, occupandosi direttamente dei secondi.
Dice Antonio Guida del Seta del Mandarin a Milano: «I miei colleghi non si spiegavano come avessi fatto a non passare dal limbo di stuzzichini e antipasti e ricoprire, invece, subito un ruolo di responsabilità ma quando ho capito quel privilegio, la mia prova è stata ancora più dura perché volevo mantenere il ruolo che mi era stato assegnato». Solo dopo Antonio Guida è tornato in Italia. «Non potevo immaginare di fare grande ristorazione in Italia senza aver vissuto l’esperienza dell’alta cucina qui». Ed è così che dopo due anni trascorsi in Francia, è arrivata l’Enoteca Pinchiorri prima e Don Alfonso poi. «La tecnica è quella francese, il rispetto per il territorio è frutto dell’esperienza da Pinchiorri e la ricerca della materia prima deriva dalla permanenza da Don Alfonso che forse è stato tra i primi a fare una ricerca attenta dei prodotti direttamente dalla propria azienda agricola». La spesa lì nella penisola sorrentina arrivava direttamente da Punta Campanella, oggi invece da Seta della cambusa se ne occupa Federico dell’Omarino, al fianco di Antonio Guida da ormai quindici anni.
Ed è con lui che nascono i piatti di Antonio Guida Seta del Mandarin a Milano. «Parto dalla fine e poi pian piano cerco di sistemare gli elementi. Quando nasce il piatto lo trascrivo 3-4 volte per capire dove voglio arrivare, per riuscire sempre più a visualizzarlo. Nella scelta di ingredienti, sapori, colori coinvolgo Federico. So quello che voglio ma devo convincermi e poi devo convincere gli altri».
Elemento che non può mancare nelle scelte di Antonio Guida al Seta del Mandarin a Milano è sicuramente l’acidità, «la cerco spesso» commenta. C’è la Toscana, e c’è sicuramente la Puglia «perché è giusto che sia così» – chiosa lo chef. Ci sono le salse di francofona adozione, da ripensare utilizzando tecniche nuove. «Ho una salsa al miso e rosmarino che adoro e che utilizzo nel pesce, ma che stasera ho messo nel germano e che ho in carta con il rombo e con il caviale, una salsa universale».
Ma c’è anche mamma Michelina, con la sua ritualità a orologeria della lasagna della domenica «prepara la sfoglia alle 7, la cuoce e senza raffreddarla la condisce e la cucina nel forno a legna» e per il resto è un continuo confronto tra lei, che chiede al figlio sempre nuove ricette da provare, e lui che chiede alla madre notizie di vecchie tecniche di cottura.
Da Depressa, a pochi chilometri da Tricase in provincia di Lecce, il viaggio di Antonio è stato lungo. E se lui non ama troppo i cambiamenti, la sua cucina, al contrario, è in continua evoluzione. Al suo fianco c’è Luciana, conosciuta per caso a Jesolo e conquistata, ca va sans dire, cucinando per lei ogni sera per una settimana. «E’ difficile conciliare tutto – racconta Antonio – ma ho la fortuna di avere accanto una donna capace, che capisce e che mi supporta senza farmi pesare quello che faccio». Perché la vita di uno chef, che ha le idee chiare sin da quando era ragazzino e che anziché comprare le figurine dei calciatori investiva i suoi risparmi in riviste di cucina, non è semplice ed è piena di rinunce, ma sempre sull’onda della sfida, dei traguardi da raggiungere, tra ambizioni e sacrifici. «In questo le guide svolgono un ruolo fondamentale. Sono importantissime, sono un riconoscimento al quale ciascuno di noi ambisce e ti obbligano a metterti sempre in discussione per ricercare il meglio. E quando arrivati a Seta con una brigata fortissima, il primo anno, non abbiamo avuto la seconda stella, sono tornato in cucina e i ragazzi piangevano. Da lì siamo ripartiti, da quell’ambizione che ci teneva legati in un progetto di altissima ristorazione e riceverla l’anno successivo è stato ancora più gratificante».
Seta, dunque, non è solo un nome, ma è il marchio identitario della sua cucina, morbida, avvolgente, «setosa appunto», come dice lui sorridendo.
Antonio Guida Seta del Mandarin a Milano
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