Regiacorte
Piazza S. Pietro Caveoso
Telefono: 0835 312914
Ristorante Regiacorte a Matera. Lo trovate incastonato tra i Sassi, con un magnifico e romantico terrazzino affacciato sulla piazza che prende il nome dalla chiesa duecentesca di San Pietro Caveoso.
La proprietà è la stessa che coraggiosamente, venti anni fa, quando ancora Matera non era l’ambita meta turistica di oggi, investì in quello che è stato il primo relais di lusso tra le pietre bianche della città, La Casa di Lucio. Diversi anni dopo, l’apertura di un altro piccolo luxury hotel, il Sant’Angelo, con il ristorante Regiacorte. Anche in questo caso grande attenzione al rispetto dei materiali originali ma anche agli arredi di design.
Aperto all’inizio solo per i clienti dell’albergo, da tre anni i proprietari si sono affidati al giovane chef pugliese Pompeo Lorusso, oggi ventinovenne, per proporre una solida cucina di territorio anche a chi non soggiorna in hotel.
Con un suggestivo spazio esterno, e un’ampia sala in pietra bianca, dagli arredi lineari ed eleganti, Regiacorte propone un menu altrettanto essenziale. Con due percorsi degustazione, uno che guarda alla tradizione lucana, l’altro che dà più spazio alle diverse riletture dello chef, e una scelta alla carta con quattro o cinque piatti per portata, tutti facilmente leggibili ed immediati.
Non insegue infatti inutili virtuosismi, Pompeo Lorusso, tantomeno sorprese nel piatto. Impegnato com’è nella ricerca quasi filologica delle ricette autentiche della Basilicata (ma anche della sua Puglia) e dunque ad attingere alla tecnica quando – e quanto – necessario per alleggerire e migliorare.
Ed ecco allora, per cominciare, un benvenuto quasi contadino, povero e schietto, come le fave fritte, la mini ‘pettola’, tipica sfizioseria pugliese; e un goloso boccone impanato e fritto di formaggio di capra. E, nel piccolo tegamino di coccio, il profumo estivo della «cialledda» materana, insalata di pane duro, pomodori, peperone verde e cipolla fresca.
Tra gli antipasti, un gustoso polpo fritto, addolcito da una spuma di bufala con cotto di carrube e con cipolla rossa, che necessiterebbe però di una piccola spinta acida in più.
Più convincente il giocoso ‘Il manzo e il tonno’, con punta di petto cotta a bassa temperatura e consommè di tonno, riuscito richiamo al vitello tonnato, qui servito con pomodoro candito, pane, cucuncio e un fiore di cappero.
Tra i primi piatti, oltre al ‘calzone’, con pasta tirata a mano e farcita di ricotta, le ‘scorze di mandorla’, una sorta di orecchiette più lunghe di quelle pugliesi, servite con pomodori al forno, pesto di rucola selvatica, salsiccia pezzente e cacioricotta. Notevoli gli spaghetti alla chitarra, con cozze e pecorino, dove il formaggio è perfettamente dosato, a regalare un pizzico di sapidità in più e il mare trionfa grazie al battuto di cozze pelose che a sorpresa troverete sul fondo del piatto.
Tra i secondi piatti, una seppia delicata e gentile, adagiata su una cialledda in crema, con pane di Matera, cipolla rossa e olive. Oppure si può scegliere un piatto vegetariano, approfittando di un’attenzione al vegetale in cucina che lo chef deve alla sua cultura più che alla propensione a seguire le mode. Ecco allora la bietola rossa cotta al carbone, con salsa al cipollotto e ricotta al basilico, sottaceti e porro.
Chiudete con il calzone dolce materano, tipico dolce povero della pasticceria contadina: ai dessert c’è una giovane campana, ma ha imparato a farlo davvero molto bene.
In sala, personale giovane e motivato, che si muove con scioltezza anche tra i numerosi tavoli di stranieri; pane e focacce molto buoni; carta dei vini che guarda al territorio, anche se da rimpolpare, soprattutto con etichette delle vicine Calabria, Campania e Puglia.
Conto sui 60 euro, per un’esperienza culinaria che tiene bene insieme eleganza e solidità.
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