Punto Nave a Monteruscello
Aperto la sera, domenica a pranzo. Lunedì chiuso
Via Libero Bovio, 23
Telefono: 081 524 1845
Solo un aggiornamento di questo fantastico posto a Monteruscello con questa riflessione: non è economico, il prezzo oscilla dagli 80 ai 150 euro vini esclusi (però in carta con un ricarico non eccessivo) ma c’è una cosa rassicurante: vale assolutamente i soldi che spendete perchè è raro trovare in Italia una materia prima così fresca e importante. La passione dei due fratelli titolari, Simone e Daniele Testa, si spinge a studiare le ostriche, il caviale, i frutti di mare di alrri paesi e l’esperienza è assolutamente completa. Si aspettano le barche dal pomeriggio e tutto quell che resta la mattina dopo viene portato al mercato.
Nelle tartare e nei crudi il vero sapore del mare. Altro elemento a favore: il mare vale nel suo complesso, non è sfoggio di materia prima costosa: troverete le telline come le ostriche, la sogliola come la triglia, il merluzzo come il dentice. Tutto buonissimo
Quando si tratta di materia prima, meglio fare una uscita in meno ma godersi queste bontà che oggi ancora ci sono e domani chissà.
REPORT DELL’8 febbraio 2021
E niente, riteniamo a questo punto che in Campania questo locale sia insuperabile per chi ama il mare. Ecco il report di un “collaboratore d’eccezione”: Giuseppe Di Martino :-)
Per il resto, vale quello che abbiamo scritto nel precedente report di ormai un anno fa.
Report del 24 gennaio 202o
Dalla povertà del battuto di cozze a tavola al posto dell’olio allo stralusso del caviale bianco da 2700 al vasetto. Dalla Falanghina dei Campi Flegri allo Champagne più costoso. Torniamo dopo un anno a Punto Nave e siamo spiazzati dalla ricchezza della proposta (degustazione di ostriche, piatti di crudo alla francese, di tartare e carpacci). Pescato del giorno stratosferico dal mare di Procida, Ponza, Ischia. Il meglio che arriva ogni sera, e quel che avanza, non più poi dato alle pescherie.
Punto Nave a Monteruscello è la migliore esperienza da ristorante di mare che si può fare in Italia in questo momento. Solo Uliassi può superarlo, ma nella ricerca tecnica del sapore, non certo nella varietà e l’abbondanza della materia prima.
La cucina si sta perfezionando, gioca sulla essenzialità e la semplicità. La sogliola alla mugnaia mi ha riportato indietro a sapori di mezze secolo fa, le trigie alla livornese sembran spuntare da vecchi pranzi di famiglia quando la materia aveva sapore e tutto era buono.
Potete scatenarvi, certo è costo. Ma il famoso rapporto tra qualità e prezzo gioca a suo favore perché non è possibile trovare questa qualità a questi prezzi.
Bravissima la sommelier Francesca Cavallo, innamorata del suo lavoro e del mondo vino come pochi. La giusta rifinitura in un mondo gastronomico perfetto che non deve assolutamente deviare rotta.
—–Report dell’11 gennaio 2019—
La Campania con i sui 487 chilomentri di costa è la quinta regione bagnata dal mare per lunghezza. E anche se nell’immaginario collettivo qui domina una cucina di mare in realtà è più preciso parlare di orto-mare con forte desiderio di carne, ‘a carne fujiuta. Basti pensare che l’isola più grande, Ischia, ha il coniglio come piatto icona tradizionale. La sicurezza dei mari, la pesca intensiva e la catena del freddo hanno favorito la diffusione dei piatti a base di mare a partire dagli anni ’70 sino alla esplosione dei crudi degli ultimi dieci anni. C’è un solo territorio dove la gente ha la testa in acqua e non sulla terra: i Campi Flegrei, miscuglio di vulcani, laghi e mare, un millefoglie di storia legata da sempre al Tirreno, da Pozzuoli maggior porto commerciale dell’antica Roma a Capo Miseno dove stanziava la flotta militare che controllava tutto il Tirreno centro meridionale.
Punto Nave è la sintesi nel piatto di questa incredibile storia millenaria, fatta di pesca e di reperti archelogici, terrore e paura per eruzioni e bradisismi e amore per una natura padrona e accogliente.
La storia di questo posto inizia circa trent’anni fa quando i fratelli Sabatino e Domenico Testa aprono un punto di ristoro in un posto improbabile, proprio di fronte alle palazzine popolari di Monteruscello costruite per fare un alloggio ai rifugiati che lasciavano Puzzuoli per il bradisismo. Costruzioni terribili dal punto di vista estetico, che l’architetto Roberto Pane, uno degli ultimi cultori del bello urbano, definì sprezzantemente Scottopoli con riferimento a un pontente dc dell’epoca, il ministro Vincenzo Scotti.
Eppure, per quelle incredibili contraddizioni tipiche di Napoli, è qui che troviamo il migliore ristorante di mare della Campania. Sabatino e Domenico erano soprattutto subacquei, impegnati nei lavori con la Soprintendenza e abili pescatori. “Il mare è libertà”, dice ancora oggi Sabatino, fresco sessantenne bruciato dal sole, che conosce ogni paranza tra Bacoli e Ponza. Per anni questo è stato un posto di amici aperto al pubblico, sino a quando si affaccia la giovane generazione che prende il timone, è il caso di dire, dell’impresa: i fratelli Daniele e Simone figli di Domenico, rispettivamente sala e cucina, la moglie di Daniele Serena in sala e Ivan, figlio di Sabatino, in sala e alla cassa. Si riducono delle metà i posti, si punta alla totale freschezza della materia prima, ad una grande carta di vini curata da Francesca Cavallo. La linea della proposta è all’insegna della semplicità assoluta, senza ghirigori.
Si entra è si trova tutto il pesce esposto, il pescato del giorno, che si rinnova anche durante la serata con l’arrivo delle ultime paranze, poi la vasca con astici e aragoste mediterranee e atlantiche, quelle delle ostriche e dei frutti di mare. La sala permette più ambienti di diverse misure e con diversi gradi di discrezionalità, a seconda se si è in coppia, aperta, clandestina, etero, omosex, regolare non importa. Ciascuno troverà la soluzione adatta. Le combriccole di appassionati; di cinesi attaccati alle bottiglie di Tignanello, gourmet. Ormai è un passaparola che attraversa tutta la Campania, a conferma che il successo viene non per merito dei giornaisti e delle guide, ma con la qualità e la serità del lavoro.
A questo punto potete scegliere il da farsi. Quando si tratta di mare, è sempre meglio affidarsi perché la sala e il cuoco sanno cosa è arrivato, di cosa bisogna liberarsi, cosa consigliare al cliente giusto. Una linea di antipasti crudi, una di caldi, quattro o cinque primi (“non è tempo di cozze, niente vermicello”), secondi bene eseguiti. Magnifico il panel di degustazione dei sei tipi di ostriche, come pure quello dei ricci di mare, dei taratufi e delle vongole. “Quando andavo da giovane con due bombole facevo 60 chili di taratufi, oggi non superiamo i 5 chili” dice Sabatino. Chissà se è l’uomo o anche tutto il casino di lava e vapori acquei che stanno cambiando le carte in tavola. Ma i gamberi e gli scampi di Ponza sono magnifici, l’aragosta di Procida, isola di marinai più che di pescatori, magnifica e saporita. Sono sapori forti, qui il mare è sapido, roccioso, ha quasi i toni amari tipici dei suoli vulcanici. Il servizio puntuale e preciso. Ci siamo seduti e alzati a tempo con altri tavoli, un trattamento di qualità per tutti.
Encomio per la carta dei vini, per la professionalità. Prima gli spumanti campani, poi gli italiani, e poi la sterminata carta dei francesi tra cui il mio amato de Venoge. Prima i bianchi campani, quasi tutti, poi quelli italiani e infine i francesi. Da irrobustire la carta dei rossi con tanto tanto tanto piedirosso dei Campi Flegrei e della campania. Come campana deve essere la pasta non perché siamo sovranisti, ma perché è nata qui ed è la migliore del mondo, basta scegliere formato e pastificio a seconda delle vocazioni.
Chiusura con i dolci, buoni e non stucchevoli.
CONCLUSIONI
Una realtà viva e vitalistica. Tanto tanto mare in un locale non ingessato dove sei sicuro di quel che ti mettono nel piatto. Per occasioni speciali, per berti una bottiglia, per stare con la persona che ami. Un locale della gioia che non ha paragoni con altri, pur fortissimi, locali di settore per dimensioni e reperibilità della materia prima se non con ‘A Figlia d”o marinaro a via Foria. Spenderete da 80 a 120 euro a seconda di quello che scegliete, i prezzi sono ben espressi nel menu e i ricarichi dei vini sono professionali perché fanno girare la carta. Un posto dove, potendo, ci si sta una sera sì e l’altra pure e dove soprattutto è impossibile appallarsi con rituali stanchi, liturgici e caricaturali dell’ancient regime gastronomico. E se volete una idea di pepe, ne avete molti da scegliere dalla carta, un po’ come con l’olio. Finale tra distillati e liquori e fuochi d’artificio.
Bravi, bravi bravi. Un solo consiglio-preghiera: non aprite altri locali, restate sede unica.
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