di Santa Di Salvo
O me o il mare. Per anni è stata la frase ricorrente di Antonio Tramontano, chef giramondo sulle navi da crociera, che ad ogni occasione ricordava l’aut aut familiare e la successiva decisione di fermarsi definitivamente a governare le cucine dell’Accademia Aeronautica di Pozzuoli. O me o il mare, che nome strano per un ristorante. Invece no, racconta la scelta di una vita. Può raccontarne anche un’altra, ha pensato Nicoletta Gargiulo. E proprio lei, sommelier e manager, l’ha proposto al marito Luigi Tramontano, chef stellato figlio di Antonio.
Luigi Tramontano e Nicoletta Gargiulo, una coppia stellata
E così sia. Il progetto ambizioso, nome compreso, è diventato realtà sulla via principale di Gragnano, città della pasta che sta rinascendo a nuova vita, finalmente consapevole del suo storico passato. Dopo tanto peregrinare tra il De Russie, il Quisisana, Don Alfonso, Villa Cimbrone a Ravello, L’Excelsior Vittoria a Sorrento, Le Agavi a Positano, la coppia inossidabile s’è fermata qui. Per Luigi è il sogno nel cassetto diventato realtà, l’accesso a una maturità che punta a esprimere appieno una precisa idea di cucina e di accoglienza. Per Nicoletta è il tempo di far emergere il valore delle radici, e proporre senza lacci la sua passione per i vini della Campania. E già si vede tutto al primo sguardo. Spazi amplissimi in un palazzo del Settecento, tavoli distanziati, appena una trentina di coperti, una ristrutturazione elegante e mai spocchiosa, arredo sobrio e colori pastello, una prossima grande cantina ricavata dall’antico granaio.
La cucina di Luigi Tramontano
Accolti dall’avvolgente lavoro di sala di Nicoletta, grande professionista, già miglior sommelier d’Italia 2007 e presidente dell’Ais Campania per 10 anni, ci si sente come a casa. E la cucina di Luigi è il coronamento di un lungo lavoro di affinamento che punta sempre all’equilibrio del piatto. Il suo Espresso di crostacei servito in tazza è un capolavoro di armonica complessità, in cui solo la mano dello chef riesce a gestire tutti gli elementi in gioco, l’incredibile leggerezza dei suoi croccanti racconta di sperimentazioni felici, la “mischia francesca” in brodo di polpo è diversa da tutte le altre che si gustano in giro per intensità e ricchezza di sapori. Tanto mare ma anche l’espressione felice della terra nel lingotto di stinco di vitello e nella rivisitazione del “puparuolo ‘mbuttonato” bello come un quadro cubista.
Su un menu di carta ecologica fatta con i residui delle bucce d’uve e di agrumi troverete 5/7/9 portate da 105 a 150 euro e, non a caso, l’elogio della mano scritta dallo chef (“La mia cucina è l’espressione dell’anima e le mie mani provano a trasformarla”). Non è una dichiarazione troppo ambiziosa, è esattamente quello che Tramontano riesce a fare: esprimere il suo stile. Sempre pacato e pieno di sfumature.
Il vento che spira in via Roma, lo stesso che in passato serviva all’essiccazione della pasta, ha portato qui tutta la famiglia Tramontano. Sul locale sono impegnati anche i due fratelli di Luigi: Vincenzo, avvocato, e Angelo, bravissimo pasticciere. La relativa distanza dai grandi circuiti turistici, dice Nicoletta, potrebbe essere paradossalmente positiva, per un ristorante che si raggiunge facilmente da Napoli in mezz’ora di strada in un’area molto meno affollata, anche di locali con cucina d’autore.
Un capitolo a parte è la cantina, raggiungibile con una antica scala. Per ora, la carta “in fieri” di Nicoletta è un formidabile omaggio ai vini campani ancora poco conosciuti dalla clientela internazionale, ma anche da quella italiana, se scorrete la carta piena di preziosità e scoperte sorprendenti. I percorsi di abbinamento? Li seguirete senza ribattere, incantati dalla competenza di una delle sommelier più brave d’Italia.
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