Ristorante Il Nastro d’Oro
Via Nastro d’Oro 18 – Marciano di Massalubrense
Tel. 081.8089187
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso lunedi
www.ristorantenastrodoro.it
Nove anni dopo Bonilli approdiamo al Nastro d’Oro , il nome è preso dalla via in cui si trova questa piccionaia affacciata sull’infinito. Ci sediamo al tavolo dove il grande critico scomparso ormai da cinque anni consumò un pranzo semplice, ma assolutamente inconsueto per uno che aveva alle spalle la nuova ristorazione italiana e il ricordo della ristorazione degli anni ’60 a Bologna. La semplicità di una treccia di fior di latte, di un pomodoro di Sorrento, la materia prima del pescato, la pasta, l’abbondanza delle verdure e la capacità di farle diventare più buone di una fetta di carne, insomma l’orto-mare della Penisola Sorrentina lo folgorò. Era una estate difficile per Stefano, appena dopo la rottura con il Gambero, e aveva il bisogno di resettarsi anche psicologicamente, riprendere il gusto di cercare le spigolature, parlare di quello di cui nessuno si era occupato, conoscere cose nuove, pensare a nuovi progetti. E queste terre in compagnia di Maurizio Cortese che aveva appena lasciato Dissapore dove la mitica festa di Melizzano che portò alla ribalta mediatica del 2.0 Pepe e Sorbillo, era la medicina giusta.
La recensione del Nastro d’Oro, un locale che farebbe arricciare il naso a qualsiasi anogastrofighetto, con le sede di plastica Algida all’esterno, i bicchieri anni ’70, il frigorifero brandizzato in sala, fu folgorante quando uscì sul Papero Giallo, il blog di Stefano che dettava i temi. A 60 anni, quando era a capo delle guide più potenti, dopo il Papa a Roma c’erano lui e Andreotti, ebbe la curiosità di gettarsi nella mischia di internet, dove qualsiasi pinco pallo ti viene a fare le pulci, ti da del tu, pensa di essere meglio di te. Una rissa mediatica che, a chi ha conosciuto quelle vere degli anni ’70 quando ci scappava purtroppo anche il morto, non poteva che divertirlo e infatti ci si buttava a capofitto. Perché un vero giornalista, un vero critico non pensa mai “io sono io e tu che hai fatto”, ma ascolta, ascolta, anche chi lo insulta, scava i motivi, legittimi o meno, autentici o nutriti da secondi fini e conflitti di interesse, e accetta il confronto alla pari. Fu proprio seguendo il suo esempio che io stesso piano piano iniziai a modificare il mio atteggiamento di chiusura e a provare il gusto del confronto e della rissa mediatica. Con il vantaggio, rispetto agli anni ’70, di non rischiare la pelle :-)
Perchè il segreto è sempre tenere presente che si tratta di una realtà virtuale che però può interagire con il reale e che per vivere e vincere nel reale non si può non tenerne conto anche se sei il più potente della Terra.
Così ieri sera Stefano era di nuovo a tavola con noi, abbiamo scavato di buona lena nei meandri di Google e io, un po’ per pigrizia, un po’ perché so misurarmi la palla, per raccontarvi questo locale non posso far altro che riproporvi la sua recensione. Posso solo dirvi che nel frattempo, oltre a Stefano, anche il papà di Franco è volato in cielo.
Per il resto, una cena della gioia, di materia buonissima. Al modico prezzo di 45 euro a persone (ache i prezzi sono un po’ cambiati rispetto a nove anni fa). Un posto da non perdere se siete nella Penisola Sorentina, la Terra delle Sirene e dei Diavoli avidamente desiderati da Norman Douglas.
Ristorante Il Nastro d’Oro
LA RECENSIONE DI STEFANO BONILLI DEL 20 AGOSTO 2010
Nastro d’oro, ristorante con vista
Prima passate da Santa Maria Annunaziata, sulla strada che da Sant’Agata sui due Golfi porta a Massa Lubrense, senza fermarvi a mangiare, non ne vale la pena, ma per ammirare un panorama che vi resterà dentro per la bellezza persino inquietante di un mare unico, con l’isola di Capri in primo piano e più lontano quelle di Ischia e Procida.
Poi proseguite verso Massa Lubrense lungo la via Nastro d’oro e fermatevi dopo un chilometro o poco più di fronte a una piccola costruzione affacciata sull’infinito e sul bello.
E’ il ristorante Nastro d’oro, dove lavorano Franco, giovane entusiasta e gentile, che cura la sala, e il padre, vecchio lupo di mare, cuoco sulle navi e a terra, uno di quelli che sono le fondamenta della nostra cucina, che lavorano dieci, dodici ore in cucina, senza gli squilli dei critici o dei blog.
Franco lavorava a Montecarlo e il padre a Ischia e i due si sentivano spesso e facevano progetti.
Nel 2002 l’occasione di lavorare insieme in un proprio locale perché c’era in vendita una piccola trattoria piena di debiti, sulla strada tra Sant’Agata e Massa Lubrense, affacciata sul panorama più bello del mondo.
E quando padre e figlio vengono qui, dimenticano i debiti del locale e sposano quella vista, quel panorama, quel ristorante, loro e solo loro.
Veniteci all’ora di pranzo, verso le 13 o poco più, sarete soli e potrete godere del fresco della piccola sala e della vista, unica e persino commovente, di un panorama che sarà vostro mentre mangiate.
Franco vi porterà le cassette del pesce di giornata, totani, calamari, saraghi, alici e spigole e un polpo.
E così è iniziato il nostro pranzo con un piatto di alici e polipetti veraci fritti, un buon inizio, il piacere dei prodotti freschi, dai sapori netti, che si ricordano.
La fravaglia di “rutunni”, piccoli pesci fritti, segue il primo piatto ed è un gioco piacevole parlare, guardare il panorama e mangiarli con le mani, due o tre alla volta, golosamente.
La treccia coi pomodori forse è troppo, forse ricordiamo un’altra treccia buonissima mangiata sere prima, e così la assaggiamo solamente.
Poi arriva il calamaro crudo con arancia e semi di papavero ed è un’altra iniezione di sapori, freschezza, piacere palatale.
L’impepata di cozze funge come da intervallo classico e anche godibilissimo così come la bruschetta col pomodoro condita dall’olio del Nastro d’oro.
Un piatto di pasta ci vuole e tocca alle mezze maniche coi calamari, forse un po’ troppo cotte, ma son dettagli all’interno del mondo di quelli che la pasta la vogliono troppo cotta o troppo cruda e comunque sono mezze maniche buone.
Il nostro piatto di chiusura è totani e patate fritte.
Forse troppo olio, troppo unte le patate ma comunque qui, in una sala fresca e con una bella aria, con un panorama che ti rapisce a ogni istante lo sguardo, questo è un piatto intellettualmente favoloso perché ancora una volta, parlando tra di noi, ne prendiamo delle piccole porzioni con le mani, quasi fosse il sacchetto di patate fritte, e facendo scorrere il tempo con lentezza, finiamo il piatto e finiamo felici il nostro pranzo.
Ora mi manca un pranzo qui a dicembre, magari col mare inquieto e il cielo temporalesco perché sembra di essere in un paradiso.
Ristorante Il Nastro d’Oro
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