di Marco Galetti
Allargo il mio giro vita, e l’orizzonte, sulla cucina stellata dello chef sorrentino, con un’accoppiata vincente (7 e 9 Dicembre) sulla ruota panoramica di San Paolo d’Argon.
Dopo le mie precedenti visite, di facile reperibilità sul sito di LP, torno volentieri, quindi, due volte di fila al Florian Maison, pieno di attenta curiosità con la speranza che il recente riconoscimento ottenuto dalla Rossa, dopo aver certamente regalato gioia e nuova energia ad Umberto De Martino, regali anche a me piaceri al palato e alla vista….si parte.
Considerazioni finali nel corsivo in coda al post.
Florian Maison, esterno notte, da poco, più stellata del solito
Florian Maison, focaccia, pane di diverse tipologie, grissini, tutto fragrante e di livello, cestino prontamente sostituito (e non integrato, bonus) a metà servizio
Florian Maison, lecca lecca di parmigiano, cialde, salatini, sabato anche taralli napoletani
Florian Maison, Umberto De Martino si presenta con: sfera di salmone con cremino dell’Alto Adige e caviale di wasabi, spuma di bufala, alice fritta ripiena di ricotta (questo sabato) mentre giovedì il benvenuto della cucina era composto da una crema di carote e liquirizia, una quiche di scarola e uvetta e un gambero fritto su una falsa maionese con latte di bufala?, non so potrei sbagliarmi…
Florian Maison, krapfen di capasanta ripieno di ricotta di bufala e sfumature di pomodoro (Umberto De Martino, Maggio 2005, piatto creato in occasione della festa a Vico)
Florian Maison, krapfen di capasanta, dettaglio
Florian Maison, gambero Rosso di Sicilia in carrozza pomodorini capperi olive, pane e mozzarella di bufala, gran bella presentazione in chiave fashion
Florian Maison, capesante arrosto, carciofi e topinambur, al centro del bersaglio e del gusto
Florian Maison, risotto alla carbonara tuorlo marinato al pepe ciccioli di guanciale (Umberto De Martino, Novembre 2013)
Florian Maison, risotto alla carbonara, dettaglio, per mio gusto personale l’ho integrato con pepe nero macinato al momento
Florian Maison, ravioli ripieni di burrata, gambero rosso e il suo corallo
Florian Maison, branzino arrostito sulla pelle, radici (pastinaca), radicchio e brodo di speck (Umberto De Martino, Novembre 2016)
Florian Maison, totano m’buttunato, ripieno di scarola e provola affumicata, crema di patate al limone, giovedì
Florian Maison, totano m’buttunato, ripieno di scarola e provola affumicata, crema di patate al limone, sabato, vista da drone, piatto imperdibile, da doppietta, l’ho fatta, in due giorni diversi, l’età avanza e il triplete s’avvicina…
Florian Maison, declinazione di ananas, preceduto da un rinfrescante sorbetto al lampone
Florian Maison, piccola pasticceria
Florian Maison, il bianco campano di giovedì
Florian Maison, le bollicine francesi di sabato
Lo chef mi segnala l’intenzione di migliorare il livello di accoglienza in sala, inevitabilmente con la stella aumenta anche la clientela che diventa più esigente.
La prima impressione di Dicembre è l’estrema gentilezza all’accoglienza dell’ospite, per quel che mi riguarda (ma io ci sono stato a pranzo, ed entrambe le volte non c’era il tutto esaurito in ogni ordine di posto, quello concentrato in due ore che reca affanno in cucina e in sala) sono stato benissimo sia per i tempi di servizio che per le spiegazioni dei piatti, non mi sono venute a mancare, inoltre, sorridenti attenzioni, di me si è occupata Sara, gentile e discreta, più che discreta per quel che riguarda la sua presenza fisica che, ma non è questo il caso, potrebbe far si che il cliente sorvoli su eventuali piccole mancanze, lei è convinta che io a fine pasto prenda un caffè macchiato, la prossima volta cercherò di accontentarla…
Il capitolo prezzi, che per ora, fortunatamente, non ha risentito della sopraggiunta stella, credo sia di facile lettura sul sito e comunque in media con locali dello stesso livello, oltremodo vantaggioso permettersi di pranzare al Florian da martedì a venerdì, dove il rapporto qualità prezzo è a netto vantaggio del cliente che, cosa rara, se non unica, potrà scegliere liberamente due piatti dalla carta ad una cifra davvero inaspettata.
La carta è di quelle che piacciono a me, poche proposte di mare, qualcosa dalla terra, due rispettivi degustazione a tema ed un percorso completo ed impegnativo di sette portate per una visione totale della cucina, traduco a sensazione: propongo pochi piatti e cerco di curarli al massimo, poi, stagionalmente cambio la carta cercando di offrire sempre il meglio per tecnica, qualità della materia prima e dettagli di presentazione ed esecuzione di ogni preparazione.
Ultima ma non ultima, la mia considerazione sulla cucina equilibrata, pulita, essenziale, fatta sicuramente di prove e di ricerca, dello chef sorrentino, tutti i piatti infatti, anche se non sembrano spingere sul pedale del gas né se quello dei contrasti esasperati, sono sicuramente il risultato di prove e riprove per trovare quadrature (solo all’apparenza banali), sono piatti dove potrebbe capitare a molti di cadere presentando qualcosa di incompleto o troppo oltre, penso alle radici in giusta proporzione, al rischio “formaggioso” che ricotta, provola e bufala potrebbero dare e che invece non danno, all’intensità controllata del corallo nei ravioli, penso al totano, al limone che sferza la crema di patate, al brodo di speck che non prevarica il “bianco” predominante essenzialità del branzino, penso al gambero rosso in carrozza che tutti vorrebbero prendere scendendo da macchine potenti per un viaggio culinario a velocità meno esasperate, ad andatura trotto, penso alle capesante arrosto con carciofi e topinambur, piatto senza sbavature se non quelle salivali…
Ma è possibile, non c’è proprio nulla che non sia andato bene… ?
A voler cercare il pelo nel termometro, forse la temperatura delle quiche con scarola e uvetta, del benvenuto di giovedì, era un po’ bassa, ma è nulla di fronte ad un percorso quasi netto, esaltato da un’altra grande preparazione , il risotto alla carbonara, piatto a forte rischio disastro che ho voluto provare e che mi ha confermato le grandi doti dello chef alle prese con la diretta del risotto (che può mettere eventuali lacune in evidenza), doti ai fornelli e nella testa di Umberto De Martino che mi lascia pescare il Jolly da un altro dei piatti del suo percorso storico, che contraddistingue le sue idee di cucina: il signature dish della mia due giorni a San Paolo d’Argon, il krapfen di capasanta ripieno di ricotta di bufala e arricchito ed esaltato da varie sfumature di pomodoro diverse per freschezza, consistenza ed intensità, chapeau bas
Nella foto lo chef Umberto De Martino in versione: sono contento, non lo nascondo, non so che faccia fare e non ci ho ancora capito niente…per quel che mi riguarda una cosa l’ho capita, chissà che non sia riuscito a trasmettere anche a chi legge l’armonia e la finezza di questa cucina, dove persistenti e romanticamente identificative sfumature delle radici campane, coesistono con piatti di grande impatto visivo e dove la centralità del gusto, comunque, non è mai in secondo piano.
Gusto in equilibrio costante tra rimandi e ricordi di sapori ed ingredienti conosciuti che con la tecnica, la costanza, la ricerca e la passione in cucina dello chef si modificano quel poco, ma quel tanto è meglio, per offrirsi in modalità sconosciuta, nuova, ma comprensibile, qualcosa che pensavamo di conoscere ci viene proposto sotto un’altra forma, per cui più che di quadratura del cerchio, si dovrebbe parlare di centratura del piatto da parte di Umberto De Martino lo chef dalle 7 C: cortesia, charme, carattere, calma, cucina, creatività ed un pizzico di sana cazzimma partenopea intesa come atteggiamento grintoso e determinato.
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