di Ugo Marchionne
Per tanti e tanti anni abbiamo seguito il corso evolutivo del Ristorante Mammà di Capri, sin dalla consulenza di Gennarino Esposito, sin dalla conquista della tanto agognata stella Michelin sotto l’egida di Salvatore La Ragione, sino ad ora sotto la guida della colonna reggente Raffaele Amitrano. Una novità che avevamo annunciato in questo archivio nella nostra descrizione del 2021 del Gruppo Manfredi a Capri con le sue mille novità. Ho avuto la gradita possibilità di intervistare quest’anno lo chef Raffaele Amitrano – un passato da veterano tra le cucine dell’isola – impegnato nel non facile compito di difendere il riconoscimento ottenuto in un ristorante in cui i grandi numeri ed il confronto con il grande pubblico, soprattutto di clienti abituali, è una costante assoluta. Ecco il resoconto del mio percorso.
Prima nota degna di menzione il lavoro di sala. Sotto l’egida di Gennaro Buono si riscontra un’enorme crescita del fattore cantina e dei movimenti di sala, sincronici ed in linea con l’elevato standard di struttura. Fattori entrambi potenziati che hanno assunto centralità soprattutto quando verso il finir del servizio, la musica ed il ritmo anima i commensali del Mammà.
Gradito incpit del percorso, la deliziosa “Pizza con peperoncini verdi. Sottilissima e saporita, servita come benvenuto. Bianca con pochi e semplici ingredienti: mozzarella fresca e peperoncini verdi di fiume e basilico appena colto.
La parmigiana è davvero ben riuscita. La nomenclatura è “Parmigiana di Melanzane Mammà”, come veniva preparata dalla mamma dello chef Raffaele Amitrano e che mi ha ricordato da vicino la parmigiana di mia nonna paterna, Emilia, a voler significare il carattere compiutamente e totalmente tradizionale della preparazione, come Napoli ci insegna. “La qualità e il rispetto delle materie prime sono al centro della mia cucina. Semplicità, ricerca e tradizione riscoprono i sapori di una volta proprio come quelli di Mammà”, così Raffaele Amitrano si descrive e nella presente portata non potremmo esser più d’accordo.
Carpacci e crudi sfiziosi. Di terra e di mare. Trasparenza di pesce bianco, Caprese di Gamberi Rossi, Carpaccio di Fassona con tarufo nero estivo. La scelta di materie prime d’alta qualità, le tecniche di preparazione, i sapori autentici e la cura di ogni dettaglio contraddistinguono la mise en place di questa sequenza a crudo in cui è possibile leggere a chiare lettere precisione di taglio, minimalismo negli abbinamenti e profumi.
Appaganti le tagliatelle di calamaro con sedano, noci e colatura di pomodoro marinato. Piatto totale, a tutto tondo, contrasti di freschezza e croccantezza, corroborati dall’acidità del pomodoro e dal taglio del calamaro. Probabilmente il migliore della sequenza per finezza, studio ed equlibrio.
Pasta e riso di gran forza. Perfetta la prima, perfettibile al centimetro il secondo soprattutto in punto di cottura. Ziti alla Genovese con crudo di tonno al finocchietto fresco, assolutamente goduriosi, trionfo di rotondità. Risotto con astice. Una carta dei primi che Raffaele Amitrano ha votato alla tradizione più totalizzante. Dallo Zito al Ragù Napoletano fino alla Nerano passando per una minestra di pasta con i pesci di scoglio, il valore delle radici campane viene reso protagonista nelle paste, soprattutto secche dello chef in una proposta a la carte diffusa – per ovvie esigenze di pubblico – ma mai didascalica né enciclopedica.
Ben preciso ed equilibrato il Baccalà con peperoni cruschi di Senise e crema di fagioli di Controne.
Conclusioni
Una cucina matura e tradizionale quella dello Chef Raffaele Amitrano, del quale ho potuto grandemente apprezzare il lodevole impiego delle erbe fini fresche – dal finocchietto al rosmarino fresco, al basilico – in ogni sua preparazione e portata. Una cucina che non si pone in controtendenza con la cifra gastronomica del Mammà, ma che cerca di mantenerla costante nel suo presente, riuscendo dove possibile a personalizzarla attraverso l’uso di tecniche identitarie e l’impiego di materia prima locale, come il Mammà richiede. Una cifra gastronomica che tra paste secche, crudi di mare e di terra all’occorrenza ed una parmigiana di melanzane da Oscar mantiene immutata se stessa, votata interamente all’ospitalità di tavola nel senso più ampio del termine. Un servizio guidato da Gennaro Buono, colonna del Gruppo Manfredi che ha dato la sua forte impronta anche al ristorante caprese più pop per così dire del gruppo. Una cucina del sorriso portata avanti da uno chef che con impegno, umiltà e silenzio sta portando avanti il suo lavoro, portandosi fuori dalla sua comfort zone pur non tradendo le aspettative e gli standard di proprietà e clientela. Una delle cucine d’autore più italiane o italianizzanti dell’isola che ha cominciato un nuovo percorso o meglio, che sta proseguendo con rinnovata personalità, identità e carattere nella direttrice tracciata.
Consigliato.
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