Via Carducci, 61
Tel. 0584.874030
Sempre aperto, solo la sera d’estate.
Ferie da metà dicembre a fine gennaio
Le Soste
C’è qualcosa che si disperde nel passaggio da una generazione all’altra. Magari se ne acquistano altre, tante altre. Ma alcune si perdono per sempre.
Ad esempio la calligrafia. Tanto era importante nel profitto scolastico saper scrivere chiaro e senza macchiare il foglio usando pennino e calamaio, quanto inutile adesso.
Ad esempio la cultura dell’accoglienza.
Se c’è qualcosa che è cambiato negli ultimi vent’anni nella ristorazione italiana è il ribaltamento totale tra la cucina e la sala. Prima i ragazzi ai fornelli aspiravano il servizio, oggi è esattamente il contrario, sono gli chef i veri protagonisti della gastronomia mediatica.
Sicché avviene un grande miglioramento nella proposta sempre aggiornata, ma anche una progressiva affettazione del servizio, sempre più perfetto e algido, talmente asettico da mettere a disagio chi entra in un ristorante. Ci saranno tante cose nuove, il poggiaborsa per signore, la carta degli oli e delle acque, gli occhiali per chi ha qualche decimo, ma si perde progressivamente la visione umanistica del ristorante, il giusto rapporto tra sala e cucina.
Lorenzo appartiene alla categoria di chi ha fatto della cultura dell’accoglienza uno stile di vita e di lavoro, come ormai pochissimi altri ristoranti italiani. Citazione d’obbligo per la famiglia Santini Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio, ma la similitudine che calza di più è l’Antica Trattoria e il Caruso a Sorrento per le condizioni simili: località di alto turismo, ospiti stranieri, lunga esperienza navigata alle spalle.
Dunque è già dall’ingresso che avverti una squadra collaudata nel tempo, con Lorenzo e il sommelier Libero Musetti a fare da contraltare perfetto. Ed è questo uno dei motivi per cui siamo in uno dei pochissimi ristoranti italiani dove ci puoi venire per una settimana di fila.
Questo piatto è uno dei cavalli di battaglia di Lorenzo. Qui c’è tutto. Anzitutto la conoscenza della materia prima, è noto infatti che il nostro, ogni mattina che il Signore manda sulla Versilia, va a fare personalmente la spesa di pesce, acquisendo in cinquant’anni una esperienza insuperabile sul dettaglio. Non bastasse, è anche appassionato pescatore, conosce dunque il carattere di ciascun pesce, e dunque sa come deve finire nel migliore dei modi nel piatto.
Poi i calamaretti sono l’essenza della filosofia del locale, “stupire con la normalità”, affrontare la semplicità obiettivo finale e al tempo stesso modo di essere.
Identica filosofia nella seconda portata, semplicemente corroborante, un brodo pulito, vegetale e marino, di gran classe, dove si gioca anche con le consistenze in modo semplice e piacevole.
Due piatti che valgono la visita, al netto di altri due calci di rigore:
Qui il gambero rosso gioca alla grande il suo ruolo, il riso è solo il tappeto neutro su ci camminano i sapori del mare ben equilibrati.
Il secondo di questo pranzetto, consumato con fantastici nuovi amici acquisiti in web, unisce tutto il Tirreno, qui si chiama Gallinella, a Napoli Cuoccio. Sia come sia è un pesce da zuppa delizioso dalla carne un po’ difficile qui ravvivata dalle olive e dal pomodoro.
La scansione italiana delle portate è definitavamente persa, ma qui la ritroviamo. Ormai ovunque è batteria di antipasti pre-parati, assaggino ospedaliero di primo, salto del secondo divenuto il convitato di pietra in ogni pranzo, finale dolce in più portate.
Sicché i pranzi diventano sedute di laboratorio, in cui devi provare innumerevoli sperimentazioni di cui ti resta poca memoria nell’hardware se non prendi appunti e fotografi.
La dispersione della naturalità del pranzo è effetto/conseguenza della innaturalità anglosassone del bere.
Ma queste tematiche qui sono estranee, ed è questa la grande forza di questo locale.
Non a caso Lorenzo è stato definito il Clint Eastwood sull’ultima guida dell’Espresso.
Ma l’essere parte di un respiro gastronomico naturale, arricchito da una immensa cultura del vino di cui il nostro non è da meno (riconobbe al volo dopo un decimo di secondo il vino della casa di Jermann fuori commercio dedicato a un albero) segna in maniera indelebile chi viene qui a Forte dei Marmi.
Si dice: non puoi dire di conoscere il mondo se non hai visitato la tomba di Tamerlano a Samarcanda
Non puoi dire di conoscere lo stile italiano se non ti sei mai seduto qua dentro.
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