di Giustino Catalano
Dalle cime di Monte Sant’Angelo, comune posto a oltre 800 metri d’altezza sulla parte meridionale del Gargano, nelle giornate di sereno è possibile vedere chiaramente la baia di Manfredonia.
Qui dal X secolo d.C. il flusso dei pellegrini si intensificò in maniera esponenziale a causa del passaggio dei numerosi Crociati che, prima di imbarcarsi a Manfredonia e negli altri porti della costa Pugliese, passavano per il Santuario dedicato a San Michele Arcangelo per chiedere la protezione del Santo, per poi farne nuova tappa, di ritorno dalla Terra Santa, per ringraziare della protezione ricevuta.
Testimonianza di questo passaggio dei crociati sono le innumerevoli scritte incise o dipinte, anche in alfabeto Runo, sulla roccia che scende nella grotta del Santuario. Accanto ad esse numerose mani ricalcate con punte, fors’anche di pugnali, con simboli cristiani e date. Impronte di un esercito animato da una profonda fede che qui trovava ulteriore motivazione per le proprie scelte e credo.
Più giù, tra le mille scalinate della cittadina, il medioevale Rione Jummo (dedicato al Dio della guerra Pilumno), sorto per fornire ristoro e ricovero ai numerosi pellegrini, sembra aprirsi e nascere dall’attuale Piazza De Galganis, dove dal 1600 trova sede il Monastero delle Clarisse oggi Biblioteca Comunale.
In questo slargo che appare come un ampio respiro tra i mille vicoli e scalinate, dove chiudendo gli occhi nel silenzio del primo mattino è possibile immaginare il rumore metallico delle pesanti armature ed il passo lento e stanco di cavalli e muli che trovavano momento di pausa all’inerpicarsi, sorge Li Jalantuùmene (alla lettera “I Galantuomini”), locale voluto da Gegè Mangano (all’anagrafe Luigi), assieme alla moglie, nel 1997.
Una piazza serena e silenziosa sulla quale affaccia il Ristorante e il B&B Casa Li Jalantuùmene, anch’esso di proprietà della famiglia Mangano.
Qui Gegè, aiutato in famiglia da Vincenzo Gentile ed in sala dal figlio Girolamo, propone una cucina fortemente radicata sul territorio e i suoi prodotti, sdoganandola dalla sua veste tradizionale in piatti ingentiliti sia nelle forme che nella sostanza, senza per ciò mortificare la materia prima che resta il principale attore di ogni singola proposta.
Un luogo dove il Gargano vince sulla sua vocazione turistica e le aberrazioni che alle volte tale circostanza può portare con sé. Un piede ben saldo nella tradizione che orgogliosamente emerge da ogni singolo piatto e uno sguardo quasi “ecumenico” verso gli accostamenti e le rivisitazioni di piatti che risorgono da quel passato fatto di transumanza, di incontri di genti diverse, di aspra montagna e reti issate a riva, di genti diverse, povere e ricche.
E che la ristorazione qui sia un atto di fede profonda e radicata è dato dal fatto che in inverno l’umidità del vicinissimo mare risale la collina e la montagna, facendo sprofondare l’abitato in fitte, alle volte impenetrabili, nebbie. Si è crociati anche nella ristorazione e lo si è per scelta.
Il ristorante, piccolo ma curato in ogni suo singolo dettaglio è fresco e di un bianco candore che accoglie in maniera avvolgente. Poco più di 30 posti a sedere più un tavolo per un tête-à-tête posto su un balconcino che affaccia sulla piazza, per sedersi al quale servono almeno due mesi di prenotazione anticipata.
Da Li Jalantuùmene si va per visitare la bellissima Monte Sant’Angelo, il suo Santuario che è uno dei cinque simboli della cristianità non voluti dall’uomo ma direttamente da Dio e per viaggiare serenamente nella cucina dell’istrionico Gegè, uomo sospeso tra una travolgente risata e un austero sguardo al passato.
Così eccomi qui, in Piazza Galganis accanto a Gegè che osservo il menu stagionale del suo locale e lui che di rimbotto mi fa “stasera ti faccio divertire”.
Sorrido. So perfettamente cosa vuol dirmi. Non ho aspettative. Solo certezze.
E così è. Di li a poco mi ritrovo seduto al tavolo con Girolamo che mesce del Primitivo Gioia del Colle DOC – Muro Sant’Angelo Contrada Barbatto 2010. Un vino di carattere che racconta tutto il calore della poco distante Murgia e che ben si sposa con l’entré che Gegè ci riserva, Crema di stracciatella con funghi cardoncelli e nocciole tostate avellinesi. Bello il gioco di consistenze tra la stracciatella e i funghi cardoncelli appena scottati rinforzato dal croccante delle avellane (nocciole più vicine a lui) e da un pomodoro semi dry dell’Azienda Agricola Paglione di Lucera (FG) che conferisce quella nota di acidità che potenzia tutti i sapori.
Da un piatto che accosta i sapori del Gargano ad uno che affonda le radici nella memoria più povera delle sue genti. Una risposta ai fast food locale. Dal tradizionale pane vecchio fatto rinvenire, in una sorta di pan perdu dell’alta cucina francese, in uovo sbattuto e fritto accompagnato con le immancabili cicorie dalla mente di Gegè nasce un pan fritto con cicoriella di campo, pomodorini semi dry di Paglione e scaglie di caprino. Il panino del muratore (così peraltro chiamato in menu) che assurge a panino dei luoghi di origine dando un senso e una civiltà al più povero dei cibi locali. Una fuga dall’imbarbarimento del gusto che l’associazione panino cibo veloce sta inevitabilmente creando.
E’ poi la volta di una zuppa. Paneuropea la Vellutata di zucca con crostoni di pane saltati alle acciughe e panna acida. Un gioco indefinibile di contrasti ricercati, voluti e trovati tra dolce, sapido e acido.
Dalla zuppa ai primi. Due primi mediati tra la tradizione più radicale e un ampio sguardo europeista. Spettacolari i Quadrotti di podolico con croccante di pane, bottarga di Muggine di Lesina e polvere di mugnoli dove Gegè non manca di menzionare la Bottarga di manifattura del comune amico Nazario Biscotti (Le antiche sere di Lesina) quale elemento che dà una vera svolta al piatto. Scatta inevitabile una telefonata a Nazario!
Suadenti e delicati come la carezza di una bella donna le Pappardelle con crema di mugnoli e nocciole tostate dell’irpinia. Vi starete chiedendo cosa siano i mugnoli immagino. I mugnoli sono le cime di un rarissimo broccolo in via di estinzione che tra la provincia di Foggia, Lecce e Brindisi trovano ancora oggi una sorta di salvaguardia dettata più da un attaccamento delle genti locali nel coltivarli perché irrinunziabili nella loro dieta. Il sapore somiglia molto a quello del friariello napoletano ma è meno amaro e più gentile nel gusto.
Siamo a circa 900 metri di quota e chiediamo carne! Era prevista anche quella nel “divertimento” promesso! Così è la volta di Sua maestà la braciola (involtino di vitello con ragù 24 ore) dove oltre ad una grande qualità di carne (podolica nella fattispecie) la differenza la fa il pomodoro Prunill dell’Azienda Paglione che nonostante la lunghissima cottura conserva ancora tutto quel suo bilanciato gusto sospeso tra l’acido e il dolce.
Non basta. Il Gargano non è solo la patria delle Podoliche ma anche l’aspro terreno sui cui declivi pascolano da tempo immemore gli agnelli brucando le tenere erbe che crescono tra le rocce rosse e le sterpaglie. Lo Stinco di Agnello al forno con erbette spontanee di campo, pomodori Paglione in una salsa al nero di troia ci inchioda definitivamente alla tradizione. Un piatto dove a far contraltare alle dolci e morbidissime carni dell’agnello c’è l’amaro delle erbe di campo.
Ad accompagnarci con le carni, nel frattempo, è saltata fuori dalla cantina personale di Gegè, un Aglianico Re Manfredi 1999. Commettiamo un semi infanticidio nel berlo. La potenza calda dell’Aglianico, maturo e per nulla stanco, regge bene la consistenza delle carni.
E’ l’ora dei dolci ed i luoghi vincono, sia in chiave innovativa che tradizionale.
La Mousse di ricottina di capra su una crema di cioccolato piccante e pistacchi di Bronte fa da esatto contraltare al più tradizionale dei dolci del luogo l’Ostia Chiena (Piena) nato nel vicinissimo Monastero delle Clarisse 4 secoli orsono. Alla fragilità delle ostie si contrappone la croccantezza delle mandorle tostate e avvolte nel miele con un sentore di cannella che chiude il goloso boccone.
I bagordi sono troppi per andar via e dormo in una delle accoglienti stanze del B&B di Casa Li Jalantuùmene.
Prima di ripartire scenderò per la quarta volta nel Santuario di San Michele Arcangelo. Si dice che vi scende ottiene indulgentia plena ab peccati suis. Non so se basteranno quattro volte ma poco importa, tanto qui ci torno di sicuro molte altre volte. Mi rifarò. E non solo per l’anima. Gegè il crociato mi aspetta.
Li Jalantuùmene
Piazza de Galganis, 9 – 71037 Monte Sant’Angelo (FG)
Tel. 0884.565484
Mobie 348.7976321
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