di Albert Sapere
Le Giare a Montiano di Gianluca Gorini.
In questo momento storico della ristorazione italiana, ci sono delle considerazioni da fare. La prima e che stiamo vivendo di una “provincia” che soffre dal punto di vista economico ma che continua a sfornare giovani talenti che lontani dal “bailamme” delle grandi città, propongono una cucina fatta di tanta tecnica e legata indissolubilmente ai propri territori d’origine.
Nel senso che è difficile trovare cuochi così preparati tecnicamente , a parte qualche eccezione che conferma la regola, nella generazione precedente a quella degli attuali trentenni.
Gianluca Gorini a Le Giare a Montiano è tra i cuochi più talentuosi di questa generazione a mio avviso. Esperienze da Paolo Teverini e poi da Paolo Lopriore, che ne ha segnato lo stile di cucina in maniera decisa.
Una cucina molto personale, legata al territorio in maniera intelligente, senza sbandierarlo, merito doppio dal mio punto di vista. Forse il vero “buco” della “rossa”, da queste parti una stella ci starebbe proprio bene, ampiamente meritata.
Già dal benvenuto, davvero molto divertente, si capisce che le acidità, ed in maniera predominante le note amaricanti saranno il “fil Rouge” della nostra cena.
Passaggio goloso, l’unico della cena, con le lumache di mare su crema di patate cotte sotto la cenere, riccio e finocchietto selvatico, ben eseguito.
Alziamo il tono decisamente con le seppioline, spinaci, senape nera e aceto di lambrusco, acidità spinta fino in fondo, difficile e nei miei gusti.
Il vero passaggio a vuoto della serata sono gli spaghettoni al burro d’acciuga, uva fragola e formaggio di fossa. Abbinamento inusuale però centrato, il problema era la cottura della pasta, veramente oltre.
Dal gusto “terroso” i passatelli affumicati in brodo di funghi e terra di bosco, con l’amaro che nella parte finale del piatto diventa il protagonista assoluto.
Notevoli per fattura le due paste fresche. La pasta è ben tirata, la cottura è “al dente”. Acidità, freschezza, note vegetali e l’immancabile nota amara nei ravioli ripieni di scalogno, cicoria e primo sale di capra.
Esaltanti i cappelletti ripieni di formaggio di fossa, brodo di verza, semi di zucca, soia e limone. Ripieni solo di formaggio come la tradizione cesenate vuole, con un brodo intenso, fatto con prodotti di recupero, con una sensazione di “umami” notevole.
I secondi, tutti interessanti e non banali, dimostrano la cifra e la personalità di Gianluca, dalle animelle al carciofo, con i toni amari che si rincorrono in continuazione senza dare mai sosta al palato.
Il piatto del viaggio e piccolo capolavoro è senza dubbio il piccione, estratto di alloro e cipolla fondente. Il gesto del cuoco, la cottura sulla griglia che lo lascia succoso e “violento” nel gusto con un abbinamento a dir poco sorprendente.
I dolci sono la continuazione del percorso salato, una menzione speciale per “fucsia”, molto buono e destinato a diventare uno dei classici di questo cuoco.
La pera cotogna, thè affumicato, tartufo bianco e foglie appassite e talmente difficile che ricorda molto il Lopriore alla Certosa di Maggiano, molto interessante.
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CONCLUSIONI
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Talento, personalità e tecnica, su basi solide e tanta gavetta di quella vera alle spalle. A mio avviso se imparerà a gestire le note amare, (io le adoro) non sempre necessarie, ha le carte in regola per diventare uno dei futuri Top chef della cucina italiana.
Le Giare
Montenovo di Montiano (Fc)
Via al Castello, 368
Tel. 0547.51430
www.legiare.com
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