Via Alberto Cadlolo 101
Tel.06.35092152
www.romecavalieri.it
Aperto la sera, chiuso domenica e lunedì.
Ferie: tre settimane a gennaio, due in agosto
Come un cattolico deve andare almeno una volta nella vita a San Pietro o un musulmano alla Mecca, ogni italiano dovrebbe venire qui per provare la cucina di Heinz Beck.
Di questi tempi conviene fare i conti: 190 euro per sei portate, 210 per nove. Insomma, con 300 euro si può bere un buon vino e fare una delle massime esperienza gastronomiche mondiali.
Vi assicuro che ne vale assolutamente la pena.
Ma perché è così importante fare questo? Molto semplice: forse non sarà il migliore pranzo della vostra vita, o probabilmente ci sono cuochi che incrociano meglio il vostro gusto. Però qui, starei per dire solo qui, si acquisisce l’idea di cosa debba essere davvero un ristorante per essere definito tale.
In una parola, solo qui c’è la compiutezza borghese della ristorazione pubblica, alla pari di altri posti d’Europa, coniugata ad una cucina di grandissimo valore e a un servizio perfetto ed equilibrato in grado di avere il placet perfino di Fiammetta Fadda:-)
L’esperienza è dunque appagante. Forse chi è abituato ai panorami dolomitici o al Golfo di Napoli non resterà choccato dalla vista di Roma dalla terrazza del nono piano del Cavalieri, ma vi assicuro che è un bel vedere. Soprattutto se state in compagnia della persona più importante della vostra vita. Per sempre o in quel momento poco importa.
L’idea di ristorante è quella di un servizio completo, curato dai bravissimi Marco Reitano al bicchiere, Umberto Giraudo e Simone Pinoli in sala: carta delle acque minerali, dei sali, degli oli. E poi l’hotellerie, la monumentale carta dei vini aggiornata anche al 2.0. Tutto è semplicemente perfetto.
La cucina di Heinz Beck ha stampo neoclassico: la tradizione italiana aggiornata nella presentazione e dallo stile di vita moderno, arricchita però dalla straordinaria conoscenza delle materie prime, delle spezie, delle erbe, dei fiori e da una sorta di sensibilità meridionale al cibo acquisita attraverso i pranzi siciliani preparati dalla suocera.
Ma non è solo questo. Essendo tedesco, e soprattutto un professionista, Heinz intercetta anche il nuovo sentire della cultura mitteleuropea e anglosassone, ossia l’importanza di legare quanto più possibile il buono al sano. Discorsi che a noi italiani, parlo anzitutto per me, sembrano marginali perché ancora bagnati dall’onda lunga secolare della fame scampata solo da un paio di generazioni, ma che sta diventando sempre più decisiva nella scelta di un prodotto e di un ristorante.
La cucina di Heinz ha una tecnica definita da Vizzari “infallibile”. E’ come un tiratore olimpionico che fa cento su cento: non c’è mai una ricetta, per quanto possa incontrare o meno il vostro gusto, che non abbia potuto esprimersi al massimo grazie alla pignoleria della preparazione, all’infinita applicazione del piatto alle diverse fonti di calori e in svariate combinazioni.
Noi pensiamo spesso questa equazione. L’alta ristorazione sta alle trattorie come la formula 1 alle auto in circolazione. Le scoperte e gli studi che solo ad alto livello possono farsi hanno poi necessariamente una ricaduta nella gestione del quotidiano. E’ sempre stato così ed è per questo che ogni contrapposizione è totalmente priva di logica. Il sigaro dei Roca è molto più vicino a una carbonara ben eseguita di quanto si possa immaginare nel senso comune.
Sul piano gustativo, lo stile è molto chiaro: centra un prodotto che resta principe dall’inizio alla fine del boccone e lo combina ad elementi che lo esaltano o che hanno la capacità di svelarne i diversi profili. La temperatura è sempre ottimale, non ci sono barocchismi e solo in qualche caso si cede alla voglia di stupire con la forma. In fondo viene dal Baden-Württemberg intriso di cultura cattolica:-)
Gli antipasti sono la sintesi perfetta di questa impostazione. La frutta esalta il pesce in modo incredibile, gli toglie banalità, gli restituisce vita.
Alla prima interpretazione tendente al dolce fa seguito questa, secondo una scala classica che ci porterà alla carne in una scansione tipica del ristorante tristellato.
L’intermezzo svela la tecnica e l’aggiornamento sul dibattitto degli ultimi dieci anni. La materia qui svanisce, resta l’essenza del profumo e del sapore del mare gestita in maniera spudoratamente intensa.
Molto italiani i primi piatti, due classici ben conosciuti da tutti. L’effetto bon bon del fagottello è straordinario perché la carbonara esplode in bocca creando quello strato in cui uovo e formaggio si fondono in un solo sapore, quasi liquido.
Qui, come nel piatto di carne di agnello accompagnato dalla melanzana, è fortissima l’influenza siciliana.
Le animelle è stato l’unico piatto fuori carta che abbiamo provato. Ne sono goloso, è un omaggio a Roma, ma soprattutto sono perfette grazie all’amplificazione omeopatica del doppio livello dolce, prima le cipolle e poi i fichi.
Questo agnello mi ha ricordato quello provato da Ciccio Sultano come impostazione generale. Ha però la particolare gestione del pomodoro che è presentato senza olio, una sorta di conserva casalinga eseguita all’ultimo minuto cotta al vapore. Si salva così l’acidità del pomodoro che unita alla ruspantezza della carne di agnello crea una combinazione fantastica, con un palato continuamente sollecitato, mai statico e stanco. Non è la ripetizione di qualcosa di buono, ma l’aspettativa di impulsi sempre diversificati sulle papille.
Il dolci planano sul classico, compresa la famosa sfera.
Il vero professionista è colui il quale tratta tutti i clienti allo stesso modo, indipendentemente da chi sono. Purtroppo questo semplice segreto per farsi strada non è ben compreso da tutti i ristoratori in Italia.
Per curiosità vi diciamo anche il nostro bere, nulla di incredibile perché penso che quando si fanno queste esperienze il vino deve davvero accompagnare il cibo rinfrescando e mantenendo tonico il palato
Dunque dopo lo Champagne sui primi due piatti Reitano ci ha consigliato un sorbetto, Riesling Kabinett 2009 di Egon Muller, poi sino alle animelle il Votovska 2009 di Kante ha svolto molto bene il suo lavoro. Il Morei 2010 di Foradori ci ha aiutato sull’agnello mentre sui dolci il Moscato Rosa 2010 di Franz Haas.
Alla fine della serata una bellissima signora ha spento una candelina per il suo compleanno esprimendo un desiderio. Quale? Tornare al più presto qui.
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