Ristorante La Marchesella a Giugliano
Via Marchesella 186
Tel 081 894 5219
Aperto a pranzo e cena domenica solo prnzo
Chiuso mercoledì
di Simona Mariarosaria Quirino
“A prima trasuta a Giugliano si fa adda Marchesella” – è il detto degli amici di Gena, la chef esecutive nonché proprietaria insieme al marito di questo ristorante, fiore all’occhiello dell’hinterland a nord di Napoli.
Nella ristorazione dal 1948, la famiglia di Gena Iodice vanta ricette della tradizione ancora presenti nel menù di oggi, soprattutto nei piatti di terra. A cominciare dagli antipasti.
Ne sono un esempio la parmigiana di melanzane, il gateau di patate con provola e friarelli e la pluma di maialino casertano con verza spadellata e purea di castagne. Ancora più legati alla storia di Giugliano e della sua famiglia sono i primi come i mezzanelli lardiati, la genovese e la minestra maritata.
Proprio la minestra è uno dei cavalli di battaglia di Gena. “Rigorosamente preparata solo per il periodo natalizio” dice il figlio Francesco che di professione è medico ma che per passione aiuta i suoi nell’attività di famiglia, insieme al fratello Antonio che è invece impegnato perennemente ai fornelli.
“La minestra ha 8 verdure ma il mio segreto è la torzella, il cavolo greco, estinto e recuperato poco tempo fa, oggi presidio Slow Food” – dice Gena che, oltre questo, di segreti ne ha pochi. È un libro aperto, un fiume in piena, un flusso di parole ed emozioni come quelle che lascia trapelare parlando del papà, tranviere di professione ma innamorato dell’attività della moglie in cucina. Perché le cuoche di famiglia erano tutte donne, dalla nonna a Gena. Ora c’è il figlio e anche il marito Tommaso impegnato nella nuova Tenuta Maglione a Bellona e nella produzione di vini, dove riveste anche i panni di agronomo. Ottimo il Falerno da Primitivo, di struttura ma morbido e perfetto sui piatti della tradizione della Marchesella. Ma la Marchesella non è solo questo.
È anche innovazione nei menù di pesce e nella pizza. Le farine sono ricercate, l’impasto ha un 85% di idratazione e una lievitazione tra le 24 e le 36 ore. Il pizzaiolo è giovanissimo, come i figli di Gena, come lo spirito con cui tutti portano avanti la storia del ristorante. Che è fatta di radici, competenza, ma soprattutto di legami. Con la famiglia, con il cliente, con il passato e con il presente.
Via Marchesella 184 Giugliano – Na
8 aprile 2015
di Gemma Russo
Da un calice con Falanghina spumantizzata Brut di Cantine Astroni, ha inizio la penultima tappa con la Condotta Slow Food Campi Flegrei. Dieci ristoratori in soli cinque mesi, tante schede da rielaborare per continuare il “viaggio”, che sta prendendo forma.
Stavolta, ad interpretare la Terra Madre Flegrea è stata la Marchesella, con la cucina di Gena Iodice.
I “viaggiatori Slow” vengono accolti da una zuppetta con Cicerchia Flegrea, zucca lunga napoletana, cavolo greco, lupini e vongole, sintesi di una Terra, quale Giugliano in Campania, posta tra Campi Flegrei, casertano e napoletano.
L’accigliato cavolo greco, detto “torzella”, descritto da Giordano Bruno ne Il Candelaio, viene fuori dal piatto, netto, inducendo il “viaggiatore Slow” ad assaporare, un’ultima volta, l’introspettivo inverno.
Prendo tra le mani il piatto di flan di carciofi, vestiti con fonduta di mozzarella di bufala campana e gamberetti.
Lo faccio roteare, ammirandone il candore, rotto dai gamberi e dalla crema di zucca. Con la forchetta vado ad infilzarne uno. Lo intingo nella fonduta e ne assaporo l’estrema delicatezza. Divido a metà il flan e ne viene fuori il cuore, verde, caratterizzato dal sapore amaro del carciofo. Piatti nei quali fin da subito si riscontra la mano di una donna, di cui se ne assapora la personalità, decisa. La mano destra solleva il tulipano, nel quale è stata versata una Falanghina 2013 di Cantine Astroni.
Avvicinando il bicchiere alle labbra, a degustarlo è in primis il naso, che ci mette un attimo a riconoscere il profumo di casa. Il trancio di pizza, ripiena con scarola cruda, insaporita con capperi di Pantelleria, olive di Gaeta, provola di bufala, noci di Sorrento, acciughe e olio extravergine d’oliva, conclude gli antipasti. Fresca e croccante è la scarola, racchiusa nella pasta lievitata.
In cucina, s’impiattano le taccozzette con fagioli a formella, cozze, basilico e scaglie fini di Provolone del Monaco.
Strepitoso è il modo in cui quest’ultimo amalgama tutte le componenti. Le verdure ed i legumi, compresa la Cicerchia Flegrea, provengono dalle terre di Pietro Micillo, che, per scelta, continua a coltivare anche prodotti identificativi del territorio. Un Cru di Falanghina 2013 ed un Piedirosso 2013 si susseguono ritmicamente nei bicchieri, versati da Anna Ciotola, referente Ais Napoli per i Campi Flegrei. Parlano di due tra i tanti vulcani flegrei, Astroni e Camaldoli.
Ѐ la Terra a fare la differenza, spiegata da Gerardo Vernazzaro di Cantine Astroni. Un vigneto guarda verso il Vesuvio; dall’altro, invece, si scorgono tutti i Campi Flegrei, oltrepassando con lo sguardo Procida ed arrivando fino ad Ischia. Territori di frontiera all’interno di ciascun bicchiere.
Nel frattempo, sono giunte in tavola le Cozze alla “pupatella”, con seppie, pomodorini e peperoncino piccante, accompagnate da pezzettini di pane fritto. Aspettando il dolce, distribuite le schede di valutazione della serata, Giuliano Ciccarelli, che produce Melannurca, parla del saporito frutto, faticoso da coltivare.
Una delicata mousse di ricotta di bufala, insaporita con pezzettini di Melannurca e gherigli di noci di Sorrento, fa il suo ingresso in tavola.
Il cucchiaino è presto sostituito con la pasta sfoglia, che delicatamente raccoglie e porta alla bocca la mousse. Con la mano sinistra, il “viaggiatore Slow” sorseggia il Piedirosso; con la destra, compone il questionario, destreggiandosi tra territorialità, piatti della tradizione o dell’innovazione, raggiungibilità e riconoscibilità. I risultati? Dopo l’ultima tappa, questo sarà un altro “viaggio”.
Foto di Marina Sgamato
Regia di Costantino Sgamato
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